Sorelle e fratelli, ci uniamo stasera in questo luogo dedicato al papa San Sisto I durante i giorni
della sua festa per pregare per papa Francesco. Negli Atti degli Apostoli, dopo la liberazione di
Pietro e Giovanni, la comunità di Gerusalemme rivolse al Signore la sua preghiera perché le fosse
concesso di “proclamare con tutta franchezza la sua parola, stendendo la sua mano affinché si
compissero guarigioni, segni e prodigi nel nome del suo santo servo Gesù”. Erano tempi di
incertezza, di paura, di minacce a quei discepoli. Così è stato anche il tempo del pontificato di
Francesco, un tempo segnato da tanta violenza e morte, anche contro i cristiani. Eppure, proprio
nelle paure, nelle incertezze, nella fragilità della vita, il Signore si presenta a noi come ai suoi
discepoli con un saluto che sempre sorprende, visto il loro tradimento e abbandono nel momento del
dolore: “Pace a voi”. Lo dice per ben tre volte.
Sì, pace. È stata una delle parole che ha accompagnato il pontificato di Francesco. Non ha mai
smesso di invocare la pace, di aiutare l’umanità, là dove fosse possibile, a ritrovare la via della pace.
I suoi numerosi incontri, con i grandi della terra, ma anche con i leader delle grandi religioni
mondiali, i suoi viaggi, hanno sempre voluto comunicare il desiderio della ricerca di pace e
fraternità. Infatti, la pace non è solo la fine della guerra, ma è la possibilità di vivere insieme in
pienezza, in un’armonia che non esclude le differenze, frutto di un processo di dialogo e reciproca
fiducia. Lo ha espresso in maniera profonda nell’enciclica Fratelli tutti, che insieme alla Laudato si’
hanno collocato tutti noi e la Terra in un creato dove essere insieme come suoi abitatori, con tutte le
creature che lo popolano. “Nessuno si salva da solo”, aveva detto durante il Covid in una piazza san
Pietro vuota, proprio per aiutarci a capire che, anche nella solitudine, siamo chiamati a essere parte
di una vocazione alla fraternità universale. Papa Francesco era davvero un vescovo con il suo
popolo e nel mondo, perché la Chiesa non è del mondo, ma vive nel mondo. Lo ha mostrato fino
alla fine, quando nel giorno di Pasqua ha voluto dare la benedizione Urbi et orbi, alla città e al
mondo, scendendo poi per passare a salutare la gente. È stato il suo pontificato: un pastore con il
popolo, in mezzo al popolo.
Sorelle fratelli, ci ha parlato tante volte di “Chiesa in uscita” e ci ha donato l’Evangeli gaudium, il
programma del suo pontificato, che aveva affidato alla Chiesa in Italia all’Assemblea ecclesiale di
Firenze, perché fosse oggetto di riflessione e di una “pastorale missionaria”, tesa a comunicare a
tutti la gioia del Vangelo. Lo dobbiamo ringraziare, perché il suo invito e il suo spirito ci hanno
aiutato come diocesi in questi anni, soprattutto da Firenze in poi, a incontraci, ascoltarci, riflettere, a
partire dalle sue parole e dalle Sacre Scritture, che hanno aiutato la Chiesa a comunicare la gioia del
Vangelo a tutti e non solo a una minoranza chiusa ed elitaria. Non è questa la Chiesa di Francesco, né quella di Cristo Signore, che è venuto perché il Vangelo fosse per tutti, non solo per chi ci
frequenta abitualmente. “Io sono missione”, ci ha detto, affidando queste parole a ognuno di noi.
Alcuni non si sono molto coinvolti in questo spirito, preferendo tracciare confini, percorrere
itinerari personali solo per alcuni, come se il Vangelo che ci è stato affidato di nuovo dal Risorto
non fosse per tutti. Ringrazio tutti coloro che con impegno generoso, passione evangelica, hanno
vissuto questo percorso sinodale Anche i recenti ministeri istituiti o sono parte di una Chiesa
missionaria, non elitaria, di puri e giusti, oppure non daranno frutto.
La Chiesa “in uscita” mette al centro le periferie, i poveri. Così l’amore per i poveri diventa parte
essenziale della vita cristiana, che attinge allo sguardo misericordioso di Gesù su di loro. In un
mondo in cui si respira la “globalizzazione dell’indifferenza” davanti al dolore degli altri, come
disse nella sua visita a Lesbo, ha istituito la “Giornata mondiale dei poveri”, la domenica prima
della Festa di Cristo Re, per ricordarci ogni anno che nel Regno essi avranno il primo posto, come
lo devono avere nelle nostre comunità. Dovreste ricordarlo ogni anno! E poi la “Domenica della
Parola”, l’altro primato, la roccia su cui fondare la nostra vita. Tutto si celebra la Domenica, il cuore
eucaristico della nostra vita, segnato dall’amore del Signore fatto dono di vita per noi. Sì, avere qui
il cuore, avere un cuore, come ci ha indicato nella sua ultima enciclica Dilexit nos, Sull’amore
umano e divino del Cuore di Gesù. Sorelle e fratelli, Nel cuore di ogni donna e ogni uomo esiste la
domanda di conoscere Gesù, di incontrare il suo amore, come fu per Nicodemo, che lo cercò di
notte. C’è tanta notte nel mondo. Non è solo la notte delle guerre e della violenza, che ben
conosciamo anche in questa terra, ma è la notte della solitudine, della sofferenza, dello
smarrimento. È la notte dei tanti egoismi, dei tanti “io” pieni di arroganza e prepotenza, che
ripetono “prima io”, dimentichi che siamo chiamati ad essere un “noi”, perché solo così si vive
felici e si rende vivibile il mondo. Ricordiamocelo anche per le nostre comunità e per il nostro
essere servi, e non padroni sicuri di se stessi, che vivono secondo schemi e abitudini immutabili.
Nicodemo capì che doveva cambiare se stesso, nascere di nuovo, e che ciò sarebbe stato possibile
ascoltando lo Spirito di Dio.
Sorelle e fratelli, mentre affidiamo papa Francesco alla gioia della Liturgia del cielo, chiediamo a
lui di pregare per noi, lui che ci ha donato il Giubileo della speranza, perché in un mondo segnato
dalla violenza, sappiamo guardare le ferite del corpo di Gesù nelle tante ferite dei poveri, degli
scartati, degli ultimi, per dare speranza con il servizio amorevole, la solidarietà, l’amicizia.
Guardando e toccando le ferite di Gesù, come fu chiesto all’apostolo Tommaso, nelle ferite dei
sofferenti della terra, saremo il popolo di Gesù, annunciando a tutti la vita del risorto e vivendo con
amore reciproco la gioia del Vangelo.
(Alatri, Concattedrale San Paolo, lunedì 28 aprile 2025)