Pellegrinaggio giubilare interdiocesano: l’omelia del vescovo Ambrogio

24 Maggio 2025

Pellegrinaggio giubilare interdiocesano: l’omelia del vescovo Ambrogio

Sorelle e fratelli, ringrazio tutti voi per essere qui insieme come pellegrini, che hanno desiderato condividere questo momento così bello: passare la Porta santa di questa Basilica proprio in questo tempo, che ha visto accorrere tanta gente attorno al Successore di Pietro: prima per la morte di papa Francesco e poi per l’attesa e l’elezione del suo successore: Leone XIV. Questa attesa, questa convocazione così numerosa, ci mostra le tante attese del mondo: attese di parole di pace, di speranza, amore. Ero qui anche domenica mattina, quando papa Leone ha dato inizio al suo pontificato. Le sue parole ci richiamano all’essenziale della vita di ogni discepolo di Gesù: un amore che raggiunge tutti. Ha detto: “Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”. Cari fratelli e sorelle, siamo qui per questo: perché si realizzi sempre di più ciò che papa Francesco ci ha chiamato a vivere e che abbiamo cercato di fare nostro nello spirito del Concilio e della Evangelii gaudium: essere una Chiesa in uscita che ascolta tutti e parla a tutti, non delle chiesuole che si accontentano delle loro pur belle tradizioni, senza passione e senza amore.

   Abbiamo ascoltato nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli la passione di Paolo perché il Vangelo di Gesù morto e risorto potesse raggiungere tutti, al di là di confini religiosi, etnici e geografici.  Timoteo, un grande collaboratore dell’Apostolo, era figlio di una giudea credente e di un padre greco, che certo non credeva nel Dio di Gesù Cristo. Eppure Timoteo aveva ascoltato il Vangelo, che lo aveva cambiato e fatto diventare a sua volta missionario, perché il Vangelo cambia la vita e la storia. Sorelle e fratelli: abbiamo anche ascoltato che Paolo ebbe una visione mentre era in Asia Minore: “Era un Macedone che lo supplicava: Vieni in Macedonia e aiutaci!” Era la chiamata a passare un confine, ad andare verso un altro mondo, quello che aprì le porte del Vangelo all’Europa. Andare oltre, superare i confini e i pregiudizi che dividono dagli altri. Quanti mondi non consociamo e non frequentiamo. In questi anni, soprattutto durante il cammino sinodale, abbiamo cercato di incontrare alcuni di questi mondi fuori dalle nostre abituali riunioni e celebrazioni. Ma rimangono altri mondi che non consociamo, che non abbiamo mai avvicinato per pigrizia, abitudine, paura, forse anche per un giudizio negativo. Penso ad esempio ai giovani o agli immigrati della nostra Chiesa, che si vedono così poco nelle nostre comunità.  Penso a chi dice di non credere o si è allontanato dalla Chiesa, ma desidera fare del bene e non trova nessuno che gli indichi una strada. Loro ci aspettano, ci chiamano, hanno bisogno di noi, di quel Vangelo che porta luce, pace, amore.  Noi lo abbiamo ricevuto. Lo custodiamo e lo celebriamo nelle nostre comunità. La sua parola ci dona felicità, ci da speranza, indica una via di umanità da percorrere ogni giorno. Su questa via incontriamo tanti.

   Come quel funzionario della regina di Etiopia, di cui ci hanno parlato gli Atti degli Apostoli in questo tempo, che incontrò il diacono Filippo, che si fermò, salì sul suo carro, camminò con lui e lo aiutò a capire ciò che leggeva. Tanti hanno bisogno che qualcuno si accosti loro, salga sul loro carro, cioè si avvicini alla loro vita, per dare risposte alle tante domande, ai dubbi, alle incertezze, al dolore, al pessimismo che segnano spesso la vita.  Non dire: non sono preparato, non tocca a me, non ho tempo, non so cosa fare. Sei qui con questo popolo: il Signore ti parla, non tirarti indietro. Gesù ha fiducia in te. Sogna con lui un mondo più umano, pacifico, fraterno! Lo Spirito di Dio ti guiderà e ti insegnerà le parole da dire e i gesti da compiere. E da questo luogo, segno di unità e di comunione attorno alla Cattedra di Pietro, saremo guidati da papa Leone a vivere sempre e ovunque come sorelle e fratelli, insieme, abbracciati dal grande amore di Dio, che non finirà mai. Affidiamoci al Signore, affidiamogli le nostre diocesi e la terra da cui veniamo, il mondo intero, perché il Vangelo della pace vinca l’odio e la violenza, e si torni a vivere in armonia. Ce lo ha ripetuto papa Leone in questi giorni e noi proprio qui ci impegniamo solennemente a viverlo e a condividerlo con tutte le nostre comunità e con il popolo che abita la nostra terra e le nostre diocesi. Lo chiediamo insieme al Signore con la gioia di essere stati raggiunti dalla sua misericordia passando la Porta santa e di avere gustato la bellezza di essere suo popolo, la comunità riunita nel suo nome dallo Spirito Santo in questo pellegrinaggio giubilare. Viviamo allora tutti come pellegrini e missionari di speranza! Amen!

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