Suor Vittoria, la monaca-scrittrice del monastero di Anagni

Altro che vita “da recluse” dietro le grate o, peggio ancora, in una accezione dura a morire, una vita “inutile” per la Chiesa e il mondo: le monache di clausura portano avanti, insieme alla fondamentale preghiera, tante attività che le immergono e le proiettano totalmente nel mondo “esterno”. Prendiamo suor Maria Chiara Vittoria Giannicchi: originaria di Ceprano, una giovinezza per sua stessa ammissione un po’ “movimentata”, lontana dalla Chiesa e spesso anche in antitesi con la fede, dopo aver maturato la vocazione, entra nelle Clarisse, prima nel monastero di Ferentino e poi, dopo la chiusura di questo, nel convento di Santa Chiara, ad Anagni. E qui, dietro quelle grate nel cuore della città dei papi, in una comunità ricca di vocazioni soprattutto dall’America centrale, suor Vittoria si dedica con particolare efficacia alla scrittura di libri. L’ultimo è appena uscito, è disponibile sulle piattaforme digitali di vendita e si intitola “Esercizi spirituali: i vizi”, con prefazione di don Francesco Paglia, del clero di Frosinone- Veroli-Ferentino, parroco a Vallecorsa e responsabile diocesano della pastorale vocazionale. In queste pagine, suor Vittoria accompagna e aiuta il lettore ad immergersi negli scritti di san Francesco d’Assisi, alla luce della Sacra Scrittura e del catechismo della Chiesa cattolica. E lo fa scandagliando lo spirito e l’animo umano dagli abissi più profondi dell’io, dove l’orgoglio, definito come “il mostro che gorgoglia”, è il precursore di tutti i vizi. La bussola spirituale di questo libro della collana “Il Tau” è proprio la ricerca di Dio negli aspetti più reconditi del proprio agire, rispetto alla vita e soprattutto alle relazioni con gli altri. Partendo dalla conversione di san Francesco d’Assisi, si passa all’esame accurato dei vizi e delle relative virtù. Ogni vizio è inoltre collegato con una trasgressione di quei dieci comandamenti che forse abbiamo rimosso troppo in fretta, conferendo alla scala dei vizi un andamento vertiginoso verso il degrado morale. La lotta al vizio conduce invece, argomenta l’autrice, alla conquista della virtù. E gli esercizi spirituali risultano una saggia proposta di scelta di testi sacri, accompagnati dai commenti di suor Maria Chiara Vittoria, per un esame di coscienza autentico per quella chiamata alla vita santa che il Signore stesso ci chiede. Ma non è finita qui, perché con un altro libro già uscito, suor Vittoria ci fa entrare già nello spirito del Natale attraverso una delle porte privilegiate: il presepe. E proprio “Pregare con lo Spirito Santo difronte al presepe” è il titolo di un altro libro, pensato da questa monaca clarissa nel cammino dei figli spirituali della famiglia francescana dopo due anni di condivisione nella “Scuola di Preghiera” dove è nato il gruppo di preghiera “Pace e bene”. Un aiuto comunque indicato per tutti coloro che vogliono immergersi nella bellezza dell’ambiente con i personaggi di Betlemme. Un libro di meditazione e di adorazione, in un’evoluzione ricca di spunti e materiali di preghiera. Ci sono molti riferimenti biblici, al catechismo della Chiesa cattolica e alla nascita del presepe a Greccio, fin dai tempi di san Francesco d’Assisi come celebrazione eucaristica. Per ulteriori informazioni e per ordinare i libri si può andare su: clarisseanagni. blogspot.com. di Igor Traboni

Pontificio Collegio Leoniano: inaugurazione dell’anno accademico 2024-2025, l’omelia del Vescovo Ambrogio

Segue il testo dell’omelia del Vescovo Mons. Ambrogio Spreafico nella celebrazione per l’inaugurazione dell’anno accademico 2024/25del Pontificio Collegio Leoniano – Anagni 23 ottobre 2024Clicca qui per scaricare il pdf Fratelli e sorelle,    iniziamo questo nuovo anno davanti al Signore, per nutrirci cella sua Parola, pane di vita eterna. Abbiamo bisogno di ritrovarci insieme davanti a lui, per ricentrare la nostra vita, per riscoprire la gioia e la bellezza di essere cristiani, di vivere il senso di essere popolo, comunità, non tanti io che camminano da soli pur essendo con gli altri. L’apostolo Paolo ci trasmette sempre il grande dono di essere comunità, di vivere la gioia dell’unità e della fraternità, quel mistero di cui anche le genti sono diventate partecipi, condividendo la “stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Egli si sente partecipe di questa grazia, che è annunciare “alle genti le impermeabili ricchezze di Cristo”.  Se c’è una resistenza nel tempo in cui siamo riguarda proprio la condivisione della gioia di essere comunità, popolo riunito dalla Spirito Santo come segno dell’unità di tutto il genere umano”, come dice il Concilio. Il mondo ci abitua all’io, ad essere concentrati su di sé, i propri bisogni, le proprie esigenze, emozioni, paure, e via di seguito. Siamo in un mondo in cui gustare la forza di essere “corpo di Cristo”, uniti dal suo amore per noi, è diventato quasi una richiesta troppo difficile.    Nella parabola che abbiamo ascoltato Gesù parla di un padrone, che ha bisogno di amministratori che si facciano custodi della sua casa. Noi tutti, in modi diversi, siamo chiamati a custodire la casa di Dio, le nostre comunità, anche questo luogo dove molti di voi vivono. Essere amministratori non vuol dire essere padroni. Poco prima il Signore aveva parlato dell’inganno della ricchezza e del possesso, perché “la vita non dipende dal possesso”. Il mondo abitua al possesso. La violenza e le guerre sono spesso frutto della smania di possesso di beni, terre, ricchezze altrui. Ma anche la vita quotidiana è costellata di un modo di vivere in cui possedere beni, esibirli, usarli mettendoli in mostra (pensate a chi sfreccia per le strade con macchine enormi per esibirsi o ci semplicemente vuole qualcosa perché è di moda! Si comincia già da piccoli a pretendere per esibirsi e non essere da meno degli altri). Non è spontaneo essere amministratori, o, come aveva detto proco prima Gesù, servi. Molti vogliono essere solo padroni! Questa è una grande tentazioni anche degli uomini e delle donne di chiesa e riguarda anche le nostre comunità. Possedere, sentirsi padroni, magari solo di una chiave o di un incarico, invece di essere al servizio.  Da qui nascono giudizi, gelosie, irritazioni, persino rivalità.    Così a volte si perde il senso di essere al servizio di una casa dove l’unico signore a maestro è il Signore. Quindi si perde anche il senso dell’attesa, della vigilanza. Ma si deve vigilare, perché la casa che noi abitiamo come cristiani è per tutti, è per una famiglia che deve sentirsi accolta, amata, rispettata nelle sue diversità. Sorelle e fratelli, “a chiunque fu dato molto, molto più sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”. Molto ci è stato dato a cominciare dalla vita e da quanto ciascuno di noi ha ricevuto negli anni della sua crescita, ma anche molto ci è stato “affidato”. L’evangelista si riferisce qui a quanto il Signore ci ha affidato come discepoli del Signore dal battesimo in poi nella vita della Chiesa. Bisogna avere sempre la consapevolezza di quanto abbiamo ricevuto e di quanto ci è stato affidato. Solo questa consapevolezza ci aiuterà ad essere non padroni, ma servi, pronti a restituire quanto abbiamo ricevuto. Vivere la vita come restituzione di qualcosa che abbiamo ricevuto libera il cuore e la mente dall’ossessione del possesso, dei beni, dell’esibizione. Rende umili e quindi sempre vigilanti, perché bisognosi di accogliere il Signore nella nostra vita e di condividere con gli altri quanto abbiamo ricevuto.    Con questa consapevolezza sapremo costruire un mondo fraterno, comunità accoglienti, non chiuse nei propri riti e nelle proprie conventicole di uguali, che finiscono per escludere, per giudicare e disprezzare gli altri. Quante esclusioni umiliano la grazia di un Vangelo che, come dice Paolo, è grazia per tutti. Cari amici, condividiamo la grazia e la gioia di un Vangelo che ci è stato affidato e che può avvicinare tutti a un modo di vivere fraterno e amico in un mondo che esclude e discrimina, in cui i poveri sono spesso dimenticati, gli stranieri esclusi e respinti, i giovani non ascoltati, gli anziani lasciati soli e ghettizzati. Quanta miseria ci tocca vedere! Quanta ingiustizia! Non assecondiamo mai questa mentalità che sta rendendo l’umanità più povera e violenta. Siamo portatori qui e nei luoghi che ci vedono vivere e operare della grazia e del dono che abbiamo ricevuto e che ci è stato affidato, perché sia comunicato con gioia e passione. La cultura che qui viene comunicata sia la via per allargare la vostra mente e il vostro cuore al mondo in cui siamo, perché la cultura deve sempre parlare al tempo in cui viene comunicata, come la fede deve diventare ogni volta cultura del vivere, altrimenti sarà sterile ripetizione. Il Signore ci aiuti, la Vergine Santa e i patroni delle nostre comunità, che affidiamo al Signore, ci proteggano e ci portiano sempre verso il Signore e intercedano perché il mondo ritrovi la via della pace e della fraternità. + Ambrogio Spreafico

Giubileo: il 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma

Si svolgerà sabato 15 marzo 2025 il pellegrinaggio interdiocesano a Roma per il Giubileo, con i fedeli delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino guidati dal vescovo Ambrogio Spreafico. Il programma prevede l’appuntamento in piazza San Pietro, l’udienza giubilare con papa Francesco, la celebrazione eucaristica e il passaggio della Porta santa. Il dettaglio degli orari verrà comunicato in un secondo momento attraverso i media e i social diocesani. Le adesioni si raccolgono nelle parrocchie di appartenenza e andranno comunicate entro il 15 dicembre prossimo, per consentire la migliore organizzazione logistica.

Assemblea Ecclesiale 2024, la relazione di don Pasquale Bua: La Chiesa in un mondo che brucia

Segue il testo completo del prof. Pasquale Bua dal titolo “La Chiesa in un mondo che brucia – Segni dei tempi e rinnovamento pastorale“Clicca qui per scaricare il pdf 1. Il mondo “cristiano” sta finendo? Il titolo – volutamente provocatorio – di questo intervento riprende liberamente quello di una pubblicazione abbastanza recente di Andrea Riccardi, che ha fatto molto discutere negli ambienti ecclesiali e non solo, soprattutto nella stagione faticosa del Covid-19: La Chiesa brucia. L’immagine da cui il titolo trae ispirazione è quella del terribile rogo della cattedrale di Notre-Dame, al quale il mondo ha assistito attonito nell’aprile 2019. Per Riccardi, navigato storico del cristianesimo contemporaneo e soprattutto acuto interprete del nostro tempo, quel rogo assumerebbe un valore per così dire simbolico. A bruciare, oltre che un edificio altamente rappresentativo dell’architettura religiosa europea, sarebbe oggi la “Chiesa” con la “c” maiuscola: la Chiesa come comunità e istituzione, la Chiesacome mentalità e cultura, la Chiesa come eredità e tradizione. La Chiesa, cioè, nella quale siamo nati e cresciuti, che per l’autore andrebbe lentamente sbriciolandosi davanti ai nostri occhi.Gli studiosi, del resto, hanno lanciato da decenni il grido d’allarme, parlando di tramonto della cristianità o di fine dell’epoca costantiniana, ovvero di quella lunga stagione (iniziata addirittura nel IV secolo), in cui la Chiesa ha goduto in Occidente di riconoscimento civile e privilegi economici, diventando un fenomeno di massa. Invertendo i termini della celebre espressione di Tertulliano, per il quale «cristiani non si nasce, ma si diventa» (al termine di un cammino personale di conversione), qui da noi è stato vero fino a oggi il contrario, ovvero che cristiani non si diventa, si nasce. Nessuno di noi è “diventato” cristiano, ma tuttisiamo “nati” cristiani. I rudimenti della fede li abbiamo bevuti con il latte materno, cosicché essi hanno plasmato – non senza deformazioni e strumentalizzazioni anche gravi – il tessuto sociale del mondo occidentale, il mondo cosiddetto “cristiano”.Da un bel po’ questo non è più vero. È sotto gli occhi di tutti che la cristianità è stata aggredita da una tendenza opposta, che va sotto il nome di secolarizzazione oppure, con un termine più crudo, di scristianizzazione. Se questo fenomeno è iniziato da tempo, almeno dal XIX secolo – anche se i suoi presupposti remoti rimontano all’avvento dell’epoca moderna nel XVI secolo o forse anche più indietro –, è solo nell’ultimo secolo che, qui da noi, esso ha cominciato a dispiegare tutte le sue conseguenze. Solo adesso, quindi, stiamo cominciando ad aprire gli occhi sulla sua reale portata.Quello di Riccardi è un libro pieno di domande: domande dirette, difficili, per certi aspetti drammatiche. Da quella che si trova nelle primissime pagine e che dà il là all’intera riflessione: «Che cosa sarà il mondo senza la Chiesa?», a quella cruciale che funge da titolo all’ultimo capitolo: «C’è futuro [per il cristianesimo]»? Ognuno è interpellato da simili interrogativi, si professi o meno cristiano, perché la crisi del cristianesimo è la crisi di una storia da cui tutti proveniamo, di un mondo in cui tutti viviamo, di una cultura in cui tutti siamo stati educati, e come tale chiama in causa anche coloro che non si dichiaranocredenti, come lasciava intendere già il famoso articolo di Benedetto Croce pubblicato nel 1942: «Perché non possiamo non dirci cristiani». 2. Crescita o declino della Chiesa? Restando idealmente a Parigi, potremmo riformulare la domanda posta da Riccardi facendoci aiutare da un personaggio celebre proprio per la sua capacità di leggere attentamente il presente e di prevedere lucidamente il futuro: il card. Emmanuel Suhard, arcivescovo della capitale francese negli anni Quaranta del secolo scorso, noto tra le altre cose per aver dato avvio all’esperienza dei preti-operai nel tentativo di recuperare alla Chiesa le masse proletarie. Mi riferisco alla domanda che dà il titolo alla sua letterapastorale del 1947: Essor ou déclin de l’Eglise? Crescita o declino della Chiesa? Se a quel tempo qualcuno si sarebbe ancora arrischiato a scegliere la prima opzione, almeno in Italia, dove il tessuto cristiano della società sembrava rimanere solido, oggi le statistiche –anche quelle che i parroci fanno “artigianalmente” nelle loro parrocchie – ci inducono a gridare “declino”. Ogni anno perdiamo “pezzi”, in termini di frequenza domenicale, richiesta dei sacramenti, adesione alle iniziative pastorali, e certo l’inverno demografico – pure innegabile – non basta a spiegare tutto. Anche la crescente penuria di vocazioni alministero ordinato e alla vita consacrata, che sta costringendo tutte le nostre diocesi a rivedere gli assetti pastorali tradizionali, facendo ad esempio saltare lo schema collaudato “un parroco per parrocchia”, è la spia del cambiamento in atto.Da noi, nell’Italia centro-meridionale, protetta dallo “zoccolo duro” di antiche e robuste tradizioni religiose, certi fenomeni prima impensabili sono arrivati in ritardo rispetto all’Europa centrale e alla stessa Italia settentrionale. Ma, volgendo lo sguardo verso Nord, non ci è difficile prevedere il nostro futuro con una certa approssimazione. Se abbiamo visto scendere vertiginosamente, negli ultimi decenni, il numero dei matrimoni religiosi, a vantaggio di quelli civili e soprattutto delle semplici convivenze, se abbiamo visto diminuire il numero delle cresime e in misura minore quello delle prime comunioni, qui da noitengono ancora – ad esempio – i battesimi dei bambini e i funerali religiosi. Prepariamoci, però: il “vento del Nord” non porta buone notizie neppure su questi due fronti, cosicché è prevedibile che scemerà gradualmente nei prossimi anni pure il numero dei pedobattesimi, mentre finirà per imporsi anche nei nostri territori una realtà ancora pressoché sconosciuta, quella delle cosiddette esequie “laiche”. 3. Non declino, ma crisiDeclino, dunque? In realtà, come spesso accade, tra le due alternative esiste una terza via, che di nuovo Riccardi propone nelle pagine conclusive del suo saggio: crisi. La crisi – scrive l’autore riecheggiando la lezione biblica – non è il declino, ma l’ora del giudizio. Se guardiamo alla storia della Chiesa, la crisi è una condizione normale del cristianesimo, non c’è stata epoca in cui il cristianesimo non sia stato in crisi, compresa la presunta “epoca d’oro” dei primi secoli. Se talvolta, un po’ ingenuamente, tendiamo a idealizzare il cristianesimo primitivo, è perché

L’Azione Cattolica “prende il largo”: la cronaca dell’assemblea diocesana

Nei due pomeriggi di sabato 28 e domenica 29 settembre, presso il Centro pastorale di Fiuggi, si è svolta l’annuale assemblea dei soci ( che come sempre è aperta alla partecipazione di tutti) dell’Azione Cattolica dal titolo “Date voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Il consueto appuntamento dà inizio all’impegno dell’anno associativo in concomitanza anche con l’inizio dell’anno pastorale. Le associazioni della diocesi, insieme alla Presidenza, presieduta da Concetta Coppotelli e a i membri del Consiglio si sono ritrovati per due giorni di formazione e programmazione sulle tematiche proposte  dagli orientamenti nazionali per il nuovo triennio 2024-2027. Ad avviare la due giorni dopo i saluti di apertura della presidente, abbiamo avuto il piacere di ascoltare la Lectio divina del vescovo Ambrogio Spreafico sull’invito evangelico di Gesù “Prendi il largo” (Lc 5, 1-11), icona biblica che l’Associazione pone a riferimento per il primo anno del suo cammino. Il Vescovo ha invitato i presenti ad attualizzare la Parola di Dio perché essa parla al nostro tempo, un tempo di grandi cambiamenti. La meditazione della Parola di Dio deve portare a rivelazioni importanti su come vivere oggi la nostra fede e come essere testimoni con chi incontriamo. L’invito a “prendere il largo” di Gesù, ha proseguito mons. Spreafico, significa portarsi al di fuori del territorio che conosciamo fidandoci di Lui e ha ricordato all’Azione Cattolica il proprio Dna , ovvero, quello di andare oltre le proprie mura perché ogni realtà associativa della chiesa è fatta per il mondo e non per se stessa. Gesù sale con noi sulla barca, ma ci sono anche altre barche intorno che non sono concorrenti, ma collaboratrici e senza le quali non si riuscirebbe a sollevare la rete ricolma di pesci che sono immagine di tutti i popoli del mondo. Per arrivare a tutti bisogna allora cercare non solo di diffondere il proprio spirito, ma anche essere capaci di vivere la propria missione con lo spirito degli altri, di fondere i diversi carismi per rispondere alle molteplici domande del mondo: attirare a Dio gli uomini e le donne che incontriamo rendendo le loro vite più umane. Occorre provarci e fidarsi come fa Pietro “…sulla tua parola getterò le reti” e ancora di più sull’esempio di Maria “…avvenga per me secondo la tua parola”, allora ciascuno di noi potrà sperimentare il compimento di un miracolo facendo divenire generativa la propria vita personale e associativa spesso in modo impensabile e inatteso (ndr). L’Assemblea ha poi ospitato un momento di formazione e sensibilizzazioni sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, con l’intervento della dott.ssa Anna Rita Pica, psicologa presso il consultorio familiare di Ferentino e referente per la diocesi di Anagni-Alatri del Servizio interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili avviato all’indomani della divulgazione della Lettera Apostolica “VOS ESTIS LUX MUNDI” di Papa Francesco del 2019 e delle Linee Guida CEI. E’ stato presentato il lavoro di formazione e ascolto svolto dal Servizio interdiocesano unitamente alle Linee guida pubblicate nel gennaio 2023 disponibili on line sul sito del Servizio interdiocesano Tutela Minori della Diocesi del Lazio Sud. La dott.ssa Pica ha spiegato il significato del crimine dell’abuso, le sue caratteristiche, le connotazioni dell’abusato e dell’abusante e come sullo sfondo ci sia come costante un uso manipolatorio della relazione educativa asimmetrica tra “grandi” e “piccoli”. E’ emerso in conclusione anche un identikit dell’educatore che dovrebbe essere una persona sicuramente maggiorenne, capace di esercitare una responsabilità in senso stretto, un testimone nei suoi atteggiamenti, in grado di rispettare i confini del suo ruolo e capace di confronto. E’ stato messo in luce il ruolo fondamentale della famiglia come luogo privilegiato dove si vive l’accettazione incondizionata e completa dell’altro, capace di generare fiducia in se stessi e dare capacità di buttarsi nella vita e nel mondo ai più piccoli. Il pomeriggio di domenica ha visto la presentazione degli Orientamenti per il triennio 2024-2027 a cura della Dott.ssa Claudia D’Antoni, ex consigliera nazionale per l’Azione Cattolica dei Ragazzi. Il discorso è partito dalla XVIII Assemblea Nazionale culminato con l’incontro  “A braccia aperte” con Papa Francesco ed ha toccato i temi dello stile che deve contraddistinguere l’Associazione e i suoi associati a tutti i diversi livelli di responsabilità e appartenenza. Nella sua relazione non è mancato il riferimento alla necessità di rinnovare giorno dopo giorno la nostra risposta generosa alla chiamata universale alla santità e a meditare l’attualità della figura del Beato Pier Giorgio Frassati che presto diventerà Santo e che in questo triennio verrà ricordato in maniera particolare come esempio del “guardare in alto e guadare verso l’altro” (P.G. Frassati), di “cristiano che crede, opera come crede, parla come sente, fa come parla” (F. Turati) come laico nella chiesa e nel mondo. All’intervento della D’Antoni, sono seguiti i gruppi di lavoro per la programmazione dei diversi settori. Nel calendario annuale, oltre alle collaborazioni con gli uffici di pastorale diocesana , sono state definite le iniziative ricorrenti (Veglia dell’Adesione, Marcia della Pace, Esercizi Spirituali, Festa dell’incontro AC e Campi estivi) e sono stati introdotti appuntamenti legati al Giubileo con particolare attenzione ai Giovani e alle Famiglie ed anche  quelle con la Pastorale Giovanile diocesana e le Suore del Preziosissimo Sangue. Entrambe le giornate di lavoro si sono concluse con la celebrazione dei Vespri solenni accompagnati dal canto e condotti dall’assistente diocesano don Rosario Vitagliano. Alla sera del sabato la grande famiglia dell’AC si è ritrovata a condividere un momento di amicizia e convivialità. La Presidenza Diocesana

A Sant’Emidio il “Gruppo di preghiera Regina della pace”

Seguendo la spiritualità di Medjugorje, e dunque pienamente rispondente a quelle che sono le ultime e recenti decisioni e disposizioni della Chiesa, ogni martedì si riunisce il “Gruppo di preghiera Regina della pace”, presso la chiesa di Sant’Emidio, dalle 18 alle 19.Nella locandina che il parroco don Luca Fanfarillo ha diffuso per rendere noti gli incontri, si riprende, infatti, proprio la nota del dicastero per la dottrina della fede, che recita tra l’altro: “I fedeli non sono obbligati a credervi, il nihil obstat indica che questi ultimi possono ricevere uno stimolo positivo per la loro vita cristiana attraverso questa proposta spirituale e autorizza il culto pubblico. Tale determinazione è possibile in quanto si è potuto registrare che in mezzo ad un’esperienza spirituale si sono verificati molti frutti positivi e non si sono diffusi nel Popolo di Dio effetti negativi o rischiosi”.

I giovani di Azione Cattolica “presi per mano”: il racconto del Campo diocesano

Durante l’ultima settimana di agosto, si è svolto il campo diocesano giovani di Azione Cattolica a Canneto presso la casa salesiana “Don Enrico Vitti”. I ragazzi, della diocesi Anagni-Alatri si sono ritrovati insieme sul tema “Presi per mano”, dopo aver concluso il percorso annuale nelle parrocchie confrontandosi tra di loro attraverso le varie attività svolte. I ragazzi sono stati divisi in quattro gruppi in modo casuale, ognuno con due educatori. Schema delle giornate: • Preghiera del mattino: per iniziare la giornata e introdurre il tema. • Titolo della giornata • Versetto icona biblica: Il brano di questo anno associativo (Mc 5, 21-43) è stato suddiviso in piccoli estratti su cui sono state costruite le giornate. • Obiettivo del giorno: per focalizzare con chiarezza su cosa si concentrava la giornata. • Testimone: per rafforzare il tema e dare più spunti. • Proposta di attività • Preghiera della sera: per concludere la giornata e raccogliere quanto essa ci ha donato • Deserto • Adorazione. Attraverso questo percorso i ragazzi si sono confrontati con il loro “io” nelle diverse situazioni quotidiane alla luce del Vangelo aiutati da don Bruno Durante. Per tutti è stata una scoperta del tutto nuova, posti prima singolarmente di fronte a delle scelte da fare pensando solo a se stessi e poi confrontandosi insieme in gruppo, dove a volte la scelta fatta singolarmente nella condivisione poteva anche essere rivista o modificata. Ovviamente la settimana non è stata solo questo, ci sono stati momenti di svago e di divertimento, bellissimi momenti di animazione che a turno i gruppi preparavano ad ogni serata, una celebrazione della riconciliazione tenuta presso il Santuario della Madonna di Canneto con la presenza di diversi sacerdoti. Inoltre abbiamo fatto due bellissime escursioni e condiviso le mansioni della casa, dalla cucina ai servizi che a parer nostro hanno aiutato ancora di più a conoscersi e a fare squadra, rafforzando rapporti già in essere e di crearne di nuovi. Con questo campo abbiamo dato il via al “Torneo Azione Cattolica Diocesano” con tanto di coppa e foto allegata della squadra vincitrice. Non un torneo fine a se stesso, difatti la coppa della squadra vincente girerà in tutte le parrocchie dei partecipanti al gruppo e il prossimo anno verrà rimessa in gioco al campo giovani 2025. Alla fine del campo, ogni giovanissimo ha preso una scatola (che simboleggia il mattone) e ha inserito all’interno dei messaggi di augurio al suo angelo custode, assegnatoglielo durante la giornata del “deserto”. Dopo aver condiviso le scatole con i propri angeli custodi, i mattoni sono stati posizionati uno sopra l’altro per ricreare un muro. Dopo le conclusioni, ogni giovanissimo ha preso un mattone portandolo con sé a casa, con l’impegno di riempire la facciata vuota con l’esperienza della sua vita. Affinché il campo non sia un’esperienza fine a sé stessa ma aperta al futuro e al prosieguo delle nostre vite. Ogni emozione, ogni esperienza è un mattoncino che costruisce la nostra strada. Le esperienze belle, forti e con ampio respiro ci permettono di guardare con fiducia al futuro. Possiamo dire che questa, come negli anni precedenti, è stata un’esperienza unica che continuerà, a ripetersi nel futuro. Il campo AC è sempre un tempo prezioso che regala emozioni uniche e indimenticabili. A cura del settore Giovani di AC Diocesano

I Giovanissimi di Azione Cattolica “in scena!”

Venerdì 13 settembre presso la chiesa parrocchiale di Cristo Re a Porciano si è svolto il consueto appuntamento che chiude il tempo di “Estate eccezionale” dell’Azione Cattolica. Un’occasione per ritrovarsi dopo i Grest e i Campi scuola estivi, prima della ripresa delle attività scolastiche e del cammino associativo del nuovo anno. Arrivati numerosissimi da tutta la diocesi, ragazzi e accompagnatori sono stati accolti sul sagrato dagli animatori, sulle note della musica e con l’immancabile pallone nel vicino campo da calcetto. L’evento è entrato nel vivo con il momento di preghiera all’interno della chiesa, una Lectio divina animata dal canto e guidata dall’assistente diocesano don Rosario Vitagliano. Il brano scelto dal Vangelo di Luca (Lc 5, 1-11) – la “pesca miracolosa” – rappresenta l’icona biblica annuale ed è stato messo in scena con l’interpretazione originale e coinvolgente dell’Equipe dei Giovani di AC che ha curato anche la scenografia della rappresentazione insieme alla responsabile dell’ACR diocesana.  Don Rosario ha sottolineato ai giovani presenti i tratti salienti del racconto evangelico, l’invito a prendere il largo e a gettare le reti con fiducia piena nella Parola di Gesù: «…nel brano del Vangelo il Signore incontra Pietro, Giacomo e Giovanni mentre stanno sistemando le reti. Il Signore ci viene incontro nella vita ordinaria di ogni giorno, in quello che facciamo, con le gioie, le fatiche e le speranze che ciascuno di noi porta con sé. Pietro stava vivendo un momento difficile, tutta la notte aveva pescato ma non aveva preso nulla. Quante volte accade anche a noi, ai ragazzi, di vivere momenti in cui siamo delusi, scoraggiati, non vogliamo più fare nulla. Ma il Signore in quel momento viene a dirci una Parola, la nostra Parola, per riprendere il largo nella vita. A noi scegliere di fidarci o no di quella Parola, ma se ci fidiamo di Gesù e della sua Parola, la vita riprende e accadono miracoli come è stato per Pietro». Dopo aver realizzato la propria barchetta di carta con il motto “Prendi il largo!”, i ragazzi dai 12 ai 14 anni sono “andati in scena” varcando il sipario per il loro debutto nel mondo dei giovanissimi (15-18 anni) e presentandosi hanno indicato quale fosse il talento che avrebbero messo a disposizione del loro nuovo gruppo. Pieno di emozioni è stato anche il finale di serata: il momento del “passaggio” che si è concretizzato praticamente all’uscita dalla chiesa, passando sotto la grande rete da pesca agitata in aria; la proiezione del video con i più bei momenti vissuti al campo scuola giovanissimi dell’ultima settimana di agosto a Canneto; la grande cena in festa tutti insieme sotto le stelle. Ai ragazzi sono arrivati i saluti del vescovo Ambrogio Spreafico e della presidente Concetta Coppotelli. Erano presenti tra gli altri anche i membri del Consiglio diocesano di AC e diversi sacerdoti assistenti delle associazioni parrocchiali. Un ringraziamento particolare va alla comunità di Porciano, al parroco don Roberto Martufi e al diacono don Vincenzo Pesoli per l’accoglienza che hanno offerto, ai ragazzi, agli educatori e alle famiglie che hanno risposto con tanto entusiasmo. Buon cammino associativo, SI VA IN SCENA! di Luca Ciocci

I Campi scuola Acr, raccontati… dal profeta Geremia

“Non siamo fatti per sognare le vacanze o il fine settimana, ma per realizzare i sogni di Dio in questo mondo.   Egli ci ha reso capaci di sognare per abbracciare la bellezza della vita” (Papa Francesco) “Il tempo estate eccezionale” targato AC, come ogni anno, offre momenti di pausa e di riposo  che possono essere accolti come opportunità di crescita per il cammino di fede, personale e associativo, buttandosi nelle splendide esperienze dei campi-scuola.  “Hai la mia parola! Geremia, profeta di speranza”, questo è stato il tema dei Campi Scuola ACR di quest’anno. I ragazzi si sono ritrovati a Trevi nel Lazio per vivere un week-end ed una settimana di amicizia, divertimento e preghiera sui passi del profeta Geremia, aiutati dall’assistente, dai sacerdoti che man mano si sono succeduti e dagli educatori che li hanno accompagnati con disponibilità, cura e senza far mancare loro un sorriso. Tra incontri, canti, bans, confronti e passeggiate in montagna i ragazzi hanno avuto la possibilità di riscoprire la bellezza dello stare insieme, della condivisione e del riscoprire il rapporto con Gesù troppo spesso offuscato dal “rumore” della quotidianità; in particolare hanno potuto vivere momenti di preghiera sotto le stelle conclusi sempre con il tradizionale canto “Al cader della giornata”. E allora, proviamo a farlo raccontare dal profeta Geremia: “Ciao a tutti, io sono il profeta Geremia e sono qui per raccontarvi l’ultima mia impresa, non la più difficile, ma senz’altro la più complicata: portare la parola di DIO ai ragazzi dell’ACR diocesana di Anagni-Alatri che si è radunata dai diversi paesi, Anagni, Alatri, Fiuggi, Fumone, Piglio e Acuto dal 5 al 7 luglio per la fascia 9-11 anni e dal 7 al 13 luglio per i 12-14. Quando il Signore mi ha chiamato, io non volevo andare, non sapevo cosa dire a questi ragazzi così concentrati sui loro smartphone e poco propensi ad ascoltare! Il Signore allora, mi ha ricordato che è Lui a parlare, io dovevo solo dare la mia voce e così ancora una volta mi sono affidato a Lui, sono partito e ho incontrato i ragazzi all’inizio un po’ spaesati. Devo dirvi che, grazie alle mie parole, a quelle dell’assistente don Rosario Vitagliano nel primo gruppo, don Raffaele Tarice nel secondo, a tutti gli educatori che con tanto entusiasmo hanno coinvolto i ragazzi in giochi e attività varie, tutti sono usciti dal loro torpore e hanno iniziato a parlare tra di loro, a fare nuove amicizie, a sorridere …ad essere felici. Penso di averli sollecitati troppo perché continuavano anche di notte a parlare, ridere, scherzare…dovrò rivedere qualcosa! Il posto che ci ha ospitato, fresco ed ombreggiante è a Trevi nel Lazio, vicino ad una sorgente chiamata Suria dove don Pierluigi Nardi, con una semplice e significativa celebrazione, ha fatto rivivere ai ragazzi il loro Battesimo riscoprendo i simboli di questo Sacramento. E poi ancora giochi sulla fiducia nell’altro che hanno aiutato i ragazzi a capire che solo affidandosi a DIO possono portare nel mondo frutti di pace e bontà. Con mio grande dispiacere è giunto il termine dei due campi. Il parroco di Trevi nel Lazio, Don Pierluigi Nardi, ha colto l’occasione del campo scuola per farci visita e per incontrare i ragazzi e condividere con loro il percorso che stavano facendo. Dopo la messa conclusiva, celebrata da don Rosario e don Raffaele, ciascun ragazzo ha ricevuto il mandato di portare nel loro “piccolo” ciò che hanno vissuto e ascoltato nei giorni vissuti a Trevi, i ragazzi si sono salutati con la promessa di incontrarsi nuovamente il più presto possibile e dandosi appuntamento a Vallepietra dove alcuni di loro concluderanno il cammino tra i 12-14 per cominciare il loro percorso tra i Giovanissimi.  Dopo la Messa, con gli abbracci e i saluti, non sono mancati pianti dispiaciuti. Prima di congedarmi da tutti, li ho rassicurati su una cosa: il Signore rinnova sempre l’alleanza con il suo popolo come testimonianza del suo amore. Ecco allora l’ultimo segno al quale tutti sono chiamati: attaccare un cuore con il proprio nome su un filo rosso legato alla Bibbia, quel cuore che il primo giorno avevano trovato nel libro Sacro e dove avevano scritto le aspettative del campo. Buon ritorno a casa ragazzi e portate con voi questa buona notizia: il Signore vi chiama per nome per essere portatori di speranza nel mondo, voi dovete solo dire di SI!”  E dopo il racconto di Geremia, non possiamo non ringraziare la parrocchia di Morolo che ci ha consentito l’uso delle loro tende (dono di don Giuseppe Santucci) dato che i posti della casa non erano sufficienti al numero delle richieste, un grazie a Renato e Rossella, cari amici neocatecumenali che ci hanno supportato in questo. Al gruppo di adulti che hanno montato e smontato il campo, a chi si è occupato dei rifornimenti, alle cuoche che si sono alternate in cucina e a tutti gli adulti che, affiancati dai giovani, hanno permesso la realizzazione dei due campi sostenendo i gruppi ACR. Infine, un grazie speciale ad Eleonora Frattali, responsabile ACR Diocesana che si è spesa senza riserve, all’assistente unitario don Rosario Vitagliano e con piacere alla disponibilità di don Raffaele Tarice, parroco di Piglio e don Pierluigi Nardi parroco di Trevi nel Lazio.     La Presidenza Diocesana AC di Anagni-Alatri

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