Acqua, fuoco, parola: i segni della Pentecoste hanno riempito i cuori dei tanti presenti alla veglia di giovedì 25 maggio in preparazione alla Pentecoste, tenutasi nella chiesa parrocchiale di Mole Bisleti e preparata e animata dai Centri vocazioni delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino che, insieme alle pastorali giovanili, continuano ad operare insieme con proficua unità d’intenti. I giovani, arrivati da diverse parrocchie delle due diocesi nonostante il tempo inclemente che comunque ha concesso come d’incanto una tregua proprio poco prima dell’inizio della veglia, hanno risposto numerosi anche a questo appuntamento e a loro in particolare si è rivolto il vescovo Ambrogio Spreafico, facendo subito riferimento alle prime parole della Bibbia:  «Nel caos lo spirito di Dio aleggiava sulle acque e lo Spirito dà vita, rende il caos un’armonia nella diversità. Il nostro mondo è un po’ un caos: la guerra, il Covid, la violenza, l’uccisione di Thomas ad Alatri, la violenza delle parole, sui social, di chi picchia gli altri. E’ un po’ un caos perché tante volte non si diventa creatori di armonia; per questo abbiamo bisogno dello Spirito e siamo qui, perché da soli lo Spirito non ce lo diamo: è un dono, già dal Battesimo e poi con la Cresima».

Proseguendo il suo intervento a braccio, il presule ha poi voluto ricordare – calamitando ancor di più l’attenzione dei presenti – quanto accaduto ad una sua amica che, rivolgendosi alla responsabile di un istituto per anziani un po’ dubbiosa circa la possibilità, e magari anche “l’utilità”, di celebrare lì la Messa, le disse: voi cercate di curare il corpo, ma la Messa cura l’anima . «Noi – ha quindi preso la stura da questo episodio il vescovo – abbiamo bisogno di essere curati dentro», per poi rifarsi ad un passaggio di una delle riflessioni della veglia, davvero molto ben curata in tutti i suoi aspetti: “prendi la tua candela e chiudi gli occhi, pensa a quelle situazioni in cui la tua vita è stata come una candela spenta perché hai vissuto noia, stanchezza, tristezza, paura, vergogna di parlare di Gesù, senso di vuoto, incapacità di amare e di sorridere”… «e si potrebbero aggiungere tante cose – ha ripreso Spreafico – perché oggi siamo tutti “whatsappisti”, ma non si vive “whatsappando”: si vive di Spirito e di Parola, perché i cristiani vogliono essere uomini e donne che ascoltano, che parlano. Perché se uno non ascolta l’altro, come fai a capire chi è, perché ha la faccia scura, perché non viene più a scuola, perché quando ti incontra fa un ghigno oppure scappa invece di salutarti, perché sta sempre a casa e non gli piace più incontrare gli amici. Hai mai ascoltato? Ti sei fermato a parlarci, a capire? Oppure lo hai messo da parte e magari anche bullizzato? Quando hai qualcosa, non tenerla dentro – ha aggiunto il presule rivolgendosi ancora una volta a cuore aperto ai giovani presenti – ma dillo a qualcuno, perché quando ne parli sei già un po’ più libero. E magari l’altro ti ascolta, se non è indifferente o egoista. Tante volte abbiamo bisogno solo che qualcuno finalmente ci ascolti, qualcuno che ha il tempo di fermarsi con te e chiedere perché stai così, cosa hai, dove sei finito».

Una ricetta, quest’ultima, anche per “medicare” i tanti che invece si chiudono in se stessi e che i presenti alla veglia hanno di certo già ricevuto in prescrizione: «Siamo qui – ha infatti aggiunto il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino –  perché abbiamo capito che abbiamo bisogno di ascoltarci, di vederci, di guardarci in faccia; c’è bisogno di qualcuno che cammini con te, ascolti e parli: questa è una delle cose più belle dei cristiani e stasera e in tante altre occasioni vedo che siamo un solo corpo, un solo spirito, una cosa sola in Cristo, in unità, in armonia. Siamo diversi tra noi, ognuno ha qualità, difficoltà e umanità differenti, ma in ognuno c’è l’impronta di Dio. E questo è bello e dobbiamo ricordarcelo sempre. Pensaci quando viene da scoraggiarti, perché questo ti dà forza, coraggio. Impariamo a essere protagonisti del bene, della pace, dell’armonia; ognuno di noi può esserlo, senza dire: ma tocca a quell’altro… No, ognuno può deciderlo di esserlo ma con gli altri, perché da soli non ce la facciamo».

Igor Traboni

Condivisione Social

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *