«La famiglia luogo di relazione e generazione»: il vescovo Ambrogio alla Giornata della Cultura Ebraica

La «piccola anima ebraica» – come l’ha definita l’organizzatore Pino Pelloni – dell’allora Anticoli di Campagna, oggi Fiuggi, poi venuta alla luce grazie soprattutto alla copiosa documentazione raccolta in tre scatoloni dal compianto don Celestino Ludovici, ha fatto da sfondo alla XXV Giornata Europea della Cultura Ebraica che la città termale, nella “sala bomboniera” del suo teatro comunale, ha accolto domenica 15 settembre, con il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, ospite della tavola rotonda, su invito della Fondazione Giuseppe Levi Pelloni. Sul tema “La famiglia” si sono succeduti gli interventi di Felice Vinci, che ha parlato su “La famiglia nel mondo classico e nel mito”, della storica dell’arte Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana, che ha inviato un contributo corredato da varie immagini su “ La famiglia nell’iconografia ebraico-cristiana”, e dello stesso Pino Pelloni su “La famiglia ebraica tra storia e tradizione”. Come premessa al suo intervento, il vescovo Spreafico ha ricordato l’antica e consolidata amicizia con tanti Rabbini, oltremodo cementata dalle iniziative della Comunità di Sant’Egidio e dalla partecipazione al ciclo degli “Incontri Ebraico-Cristiani” di cui ora si sta varando la terza edizione. «Anche questa mia storia personale di amicizie, al di là delle differenze – ha quindi argomentato Spreafico – sta a dimostrare che in questo mondo o costruiamo delle relazioni oppure non andiamo da nessuna parte». Sullo specifico del tema della famiglia, il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino ha ricordato come «Dio creò il maschio e la femmina e solo l’uomo e la donna sono a immagine di Dio, sullo stesso livello, senza sottomissioni di alcun genere, anche se pure noi cristiani talvolta ce ne dimentichiamo». Spreafico ha quindi fatto riferimento alla Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco che tratta per l’appunto dell’amore nella famiglia, un testo fondamentale per riproporre l’istituto familiare all’attenzione della stessa Chiesa cattolica, insieme all’apertura del “Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II” presso la Lateranense, «per offrire una riflessione più articolata sul tema della famiglia, che tenga conto anche della modernità. Il dettato di papa Francesco è molto chiaro: ripensare la famiglia come luogo di relazione e generazione, in continuità con la storia. Ma nel mondo di oggi, siamo capaci di questa relazione? Siamo capaci di spegnere il cellulare a tavola per ascoltare l’altro membro della famiglia? E’ necessario ritrovare una paternità e una maternità che portino poi a far sì che ci sia anche un processo educativo. Oggi dobbiamo di nuovo provare a capire cosa vuol dire che la famiglia è il luogo dell’amore che nasce da una relazione, mentre ci siamo abituati ad accettare che non sia così. Occorre un ripensamento dell’istituto della famiglia, che sia da esempio in questa società “spappolata”, in cui ci sono poche relazioni e dove andiamo sempre di fretta e non ci fermiamo mai ad ascoltare l’altro. Ma come si fa a vivere in un mondo così? In un mondo dove ognuno tira l’acqua dalla sua parte?». Spreafico ha quindi invitato a «riscoprire il senso dell’essere famiglia, che costruisce relazioni e permette la convivenza tra diversi. Continuiamo invece a costruire identità contro gli altri, senza capire che l’altro ci è necessario. Se l’istituto della famiglia viene meno, è davvero un grande problema, e spesso lo noto in alcuni giovani che sembrano un po’ “imbambolati” e questo perché probabilmente manca qualcosa nelle relazioni di famiglia. Ecco perché papa Francesco ci ricorda che la forza della famiglia è anche un modello per l’umanità. Questa è una riflessione che va fatta per aiutare la famiglia a rendersi consapevole del valore di cui è portatrice nel mondo e a vivere nella storia. Perché se non vivi nella storia, poi sarà la storia che ti cambia», si è avviato a chiudere il suo intervento monsignor Spreafico. di Igor Traboni (nella foto, monsignor Spreafico tra i relatori e gli organizzatori della tavola rotonda, con il dono ricevuto da questi ultimi)

“Questa è casa tua”: famiglie in festa con l’Azione Cattolica

Nel mese di giugno di ogni anno l’Azione Cattolica diocesana si incontra unitariamente per fare festa e quello che conta non è tanto il luogo, il programma della giornata, ma l’incontro, ritrovarsi tutti insieme, adulti/issimi, giovani/issimi, ragazzi e famiglie, parte di una realtà che esiste proprio grazie all’esistenza di ognuno. Sabato 8 giugno ci siamo ritrovati presso il bellissimo Parco naturale dei Monti Lepini, sito nel Comune di Sgurgola, un oasi di verde e di pace, gestito e curato eccezionalmente dal dottor Francesco Antonelli e dalla sua famiglia. Una vera scoperta per tanti di noi che non avevamo idea di quanta bellezza racchiudesse quel luogo che si intonava a meraviglia con il tema guida della giornata: “Questa è casa tua”. Ci siamo ritrovati in tanti, provenienti da diverse realtà parrocchiali della nostra diocesi. Non mancava il nostro assistente unitario don Rosario Vitagliano insieme a don Agostino Santucci e Padre Albert Leal Celis della parrocchia di Sgurgola. La giornata è iniziata con una colazione di benvenuto, proseguita con bans, canti e giochi preparati dai giovani. Dopo il saluto della presidente diocesana Concetta Coppotrelli i gruppi sono stati guidati nella visita del parco dal dott. Antonelli che ci ha illustrato tutta la flora che incontravamo lungo il percorso riscuotendo interesse ed entusiasmo di tutti i partecipanti. Terminata la visita, divisi per settori, gli adulti e i giovani, si sono confrontati su alcune tematiche riprese dal documento preparatorio alla Settimana Sociale dei Cattolici in Italia che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio, dando luogo a dei “Laboratori di partecipazione” come piccole piazze della democrazia. I giovani, con l’aiuto dell’avvocato Daniele Bruno, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù e di sua moglie Valentina, una coppia di sposi impegnati e di don Rosario, si sono confrontati sul tema: “La comunità come luogo della libertà e della legalità” dove è emersa la consapevolezza che ognuno di noi può contribuire nel suo piccolo ad un cambiamento e la necessità sì di ascoltare l’altro, ma anche l’esigenza di essere ascoltati. “Comunità come il luogo della libertà, in cui tutti sono rispettati, tutti sono custoditi, tutti sono protagonisti, tutti sono impegnati in favore degli altri” e la “giustizia come una virtù che agisce tanto nel grande, quanto nel piccolo e che: non riguarda solo le aule dei tribunali, ma anche l’etica che contraddistingue la nostra vita quotidiana.” Gli Adulti, suddivisi in tre gruppi, insieme ai coordinatori Luca Ciocci, Antonio Salvi e Massimo Cerasaro, si sono confrontati sui seguenti temi:  L’ACR, insieme agli educatori ha predisposto un laboratorio pratico relativo ad un corretto uso delle risorse della terra e su come non sprecarle inutilmente. Terminati i momenti di confronto, i relatori di ogni settore hanno restituito a tutti i presenti le condivisioni emerse, per brevità ne riportiamo alcuni spunti salienti. Il primo tema sul desiderio di una ripartenza ha preso spunto dalle parole di Papa Francesco: “Non possiamo risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le nostre relazioni umane” (Laudato Si 119). Se non ci si prende cura dell’uomo è impossibile curare l’ambiente. Occorre dunque porre attenzione alla cura soprattutto degli anziani spesso soli o parcheggiati nelle Rsa che vivono gli ultimi anni della loro vita in una condizione di solitudine, senza nulla togliere al lavoro che tanti operatori sanitari fanno con amore in queste strutture. ll secondo tema, che in questi giorni ha avuto una triste conferma, ovvero il tema della cittadinanza attiva: poco meno di un italiano su due non ha esercitato il proprio diritto di voto, si rileva un cittadino con diritti e doveri quasi teorici sempre più rintanato nel proprio individualismo perché non viene ascoltato, oggi più di ieri si avverte la mancanza di partecipazione alla vita sociale, pubblica e comunitaria che ci fa tutti più poveri. Qualcuno ha ricordato che Paolo VI ebbe a dire che la politica è una delle più alte forme di carità. Il terzo punto Educazione, cultura e formazione ha messo a fuoco la centralità della famiglia nel ruolo educativo dei più piccoli e del benessere della società: “Nella famiglia vengono inculcati fin dai primi anni di vita i valori morali, si trasmette il patrimonio spirituale della comunità religiosa e quello culturale della Nazione. In essa si fa l’apprendistato delle responsabilità sociali e della solidarietà.” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 213). Il mondo oggi non ha bisogno di maestri ma di testimoni, e i maestri sono riconosciuti come tali solo in quanto testimoni credibili. Lo svuotamento della cultura contemporanea dei valori cristiani ci chiede di tornare all’essenzialità del Vangelo. Un modello educativo diventa cultura quando è condiviso ed appartiene a tutta una comunità di persone. A seguire, la celebrazione della Messa (nella foto) immersi nella natura del bosco, officiata dall’assistente unitario don Rosario che ci ha fatto riflettere sul cambiamento del cuore, docile allo Spirito. Durante la celebrazione, è stato condiviso anche “un minuto per la pace” promosso dal FORUM INTERNAZIONALE AZIONE CATTOLICA (FIAC) dal 2014. Il pranzo è stato momento di ulteriori relazioni e di confronto ma soprattutto di festa e di gioia. Abbiamo concluso la giornata divertendoci con attività e giochi che hanno coinvolto tutti i presenti e, per finire, abbiamo donato e piantato insieme ai proprietari del parco un albero di ulivo, messo in dimora con la collaborazione dei giovanissimi e donato ai partecipanti un vasetto con semi di girasole. Al termine, saluti e abbracci per tutti in attesa delle prossime attività estive. «Insieme è la parola chiave per costruire il futuro: è il noi che supera l’io per comprenderlo senza abbatterlo, è il patto tra le generazioni che viene ricostruito, è il bene comune che torna a essere realtà e non proclama, azione e non solo pensiero» (Instrumentum Laboris, n. 29). Il bene comune diventa bene comune globale perché abbraccia anche la cura della casa comune. Occorre un discernimento attento per cercare assieme come realizzarlo, in uno stile sinodale che valorizzi a un tempo competenza e partecipazione, che sappia essere attento alle nuove generazioni.