Spreafico alla Santissima: «La Trinità ci fa vivere da amici». L’annuncio: il Santuario sarà chiesa giubilare

Con il pellegrinaggio partito di buon mattino dal paese di Vallepietra e guidato dal vescovo Ambrogio Spreafico, domenica 16 febbraio al santuario della Santissima Trinità è stata celebrata la Festa dell’apparizione, nell’unico giorno di apertura invernale del sacro speco, che infatti ha accolto i tanti fedeli con un suggestivo manto bianco di neve. Monsignor Spreafico ha quindi celebrato Messa nella chiesa al coperto del santuario, salutando subito i presenti «dopo aver camminato verso questo luogo per incontrarci con la Trinità che ci accoglie, siamo tanti da luoghi, parrocchie e diocesi diverse, ma siamo un popolo, perché i cristiani da qualunque luogo provengono, italiani o no di origine, sono un popolo, ed è bello essere popolo in un mondo come il nostro dove questo è diventata una cosa molto difficile». Nel corso dell’omelia, il vescovo ha poi fatto riferimento al Vangelo del giorno, a quel ritrovarsi di Gesù «in mezzo a tanta gente che veniva da tante parti, non tutti credenti ma diversi tra loro, e stavano attorno a Gesù perché aveva parole che aiutavano a vivere, perché il Vangelo è vita e tante volte si vive male proprio perché non ascoltiamo il Vangelo, perché se ascoltassimo la Parola di Dio, questa ti entra nel cuore e ti fa vivere secondo quella bontà che dovrebbe caratterizzare la nostra vita. Immaginiamoci di essere in quel luogo sul lago di Galilea: chi c’era attorno a Gesù? Poveri, gente che aveva fame, che non aveva il necessario, che aveva dei dolori, che piangeva, anche persone odiate dagli altri. E quanto odio c’è oggi nella vita, troppo odio, anche sugli smartphone: aiutate i vostri figli e nipoti – ha detto Spreafico rivolgendosi proprio ai genitori e ai nonni presenti – a non odiare mai nessuno, a non condividere un insulto con gli altri, perché l’insulto è odio e di odio ce ne è già abbastanza nelle guerre, nella sottomissione degli altri… no, non ne abbiamo bisogno». Ma attorno a Gesù, ha aggiunto il vescovo di Anagni-Alatri, c’era anche gente ricca, che stava bene, soddisfatta di se. Ecco, Gesù sa chi siamo noi, sa i nostri dolori, le fatiche della vita, che qualche volta anche noi piangiamo perché abbiamo qualcosa dentro ma non possiamo dirlo a nessuno perché oggi nessuno ascolta, tutti abbiamo fretta; ma se ci ascoltassimo di più riusciremmo ad aiutare un altro, un anziano che non ha nessuno. E Gesù conosce anche i nostri desideri, le attese. Il Giubileo che celebriamo ha come titolo “Essere pellegrini di speranza” e lo abbiamo fatto anche noi salendo fino a qui, perché c’è bisogno di speranza. Gesù dice “beati i poveri perché vostro è il regno dei cieli, beati voi che avete fame, voi che piangete, beati boi quando vi odieranno, vi insulteranno: rallegratevi ed esultate”. Ma ognuno di noi potrebbe dire: come è possibile questo? E’ possibile perché beati sono coloro che si fidano di Dio e quindi hanno non quella felicità che passa in un giorno, ma che anche nel dolore, nella povertà, nella fatica della vita ti fa avere speranza perché sai che Gesù ti rende beato. E poi dice “guai a voi ricchi, che ora siete sazi” ma quel guai non è una maledizione, perché Gesù ci dice; stai attento quando ti accontenti della tua ricchezza, perché la ricchezza non rende felici, stai attento quando prendi in giro gli altri perché quella non è la felicità, quando sei sazio, hai tutto e magari vuoi di più perché quello non ti darà felicità. Gesù non vuole metterci addosso dei pesi ma vuole liberarci dalla tristezza, dalle cose che ci fanno chiudere in noi stessi, dall’insoddisfazione che ci fa sempre lamentare di tutto e degli altri. Vuole dirci: io ti tendo la mano». Spreafico ha poi ricordato che, alla partenza del pellegrinaggio a piedi, è stato recitato il salmo “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? L’aiuto viene dal Signore”, per sottolineare come «salendo verso il santuario abbiamo alzato gli occhi perché volevamo arrivare dove la Trinità ci parla, ci raduna, ci benedice, ci aiuta, ci fa vivere. Noi oggi abbiamo bisogno di vivere il bene e di fare il bene, perché c’è troppo male, guerre, odio, disprezzo degli altri, ma noi cristiani non possiamo accettare di vivere così, dobbiamo resistere al male, ribellarci all’odio. Chi allontana il cuore dal Signore non riesce a fare il bene, no porterà frutti buoni, sarà come albero nel deserto. Gli egoisti non si accorgono che la loro vita non porta frutti, non si accorgono che non solo vivono male gli altri ma anche se stessi. L’uomo e la donna che confidano nel Signore, che fanno il bene ascoltano Gesù e la Trinità: saranno come un albero piantato lungo i corsi d’acqua, che cresce, fa ombra, dà frutti. E questa deve essere la nostra vita: fare il bene, essere benedetti da Dio e poter benedire gli altri. Essere qui ci deve dare speranza per essere gente buona, perché oggi c’è bisogno di persone che guardano agli altri con simpatia, affetto, senza giudicare tutti, perché anche in chi ha fatto il male c’è l’immagine di Dio. La Trinità è questo: amore che si comunica, che rende fratelli e sorelle e amici: il mondo ha bisogno di amicizia». IL SANTUARIO CHIESA GIUBILARE Il vescovo Spreafico, nel ringraziare il rettore monsignor Alberto Ponzi per la cura del santuario, ha quindi annunciato che «questa sarà una delle chiese giubilari della diocesi di Anagni-Alatri e per tutti quelli che verranno dal primo maggio in poi . Qui potrete anche ottenere l’indulgenza plenaria, cioè il perdono: abbiamo tutti bisogno di esser perdonati perché nessuno di noi è giusto. E allora impariamo anche noi a perdonare gli altri perché ci fa bene, e chiediamo a Gesù: tendici la mano e aiutaci a prenderla. Perché se andiamo con Lui andiamo sicuri, faremo il bene e saremo felici». Nel ringraziare il vescovo Spreafico «autentico pellegrino» don Alberto Ponzi ha quindi preso brevemente la parola per ringraziare anche «tutti quelli che si sono
«Una bella stagione di fede» al santuario di Vallepietra: il bilancio dopo la chiusura per la pausa invernale

Con la Messa celebrata nella mattinata del 2 novembre, il santuario della Santissima Trinità di Vallepietra ha chiuso i battenti per la pausa invernale, consueta con l’avvicinarsi dell’inverno e di tante settimane in cui, soprattutto a causa della neve e del ghiaccio, è difficile se non impossibile raggiungere gli oltre mille metri di altezza del sacro speco. Il santuario della Santissima riaprirà come sempre il primo maggio del nuovo anno. Ma intanto è tempo di bilanci per questa ennesima stagione di fede vissuta all’ombra della Santissima Trinità e lo facciamo con monsignor Alberto Ponzi, rettore del santuario, vicario generale della diocesi di Anagni-Alatri e parroco di Vallepietra. «E’ stata una stagione difficile ma comunque bella, importante», esordisce don Ponzi, con un chiaro riferimento all’incidente occorso ad un giovane pellegrino della provincia di Roma, colpito il 25 maggio scorso da un masso staccatosi dalla montagna sovrastante; a seguito di questo incidente, per motivi di sicurezza, tutta l’area del santuario è stata chiusa per circa due mesi «ma poi – riprende il rettore – abbiamo potuto riaprire, grazie soprattutto al Comune di Vallepietra, che ha realizzato a tempo di record un camminamento tale da “ingabbiare” tutto il tratto che porta alla cona dove è conservato l’affresco della Santissima». I pellegrini sono stati quindi invitati a rispettare tutte le regole di sicurezza che sono state ulteriormente predisposte, compreso il divieto di celebrare Messe nella grande chiesa all’aperto. I lavori di messa in sicurezza comunque proseguiranno, grazie anche ad un cospicuo finanziamento concesso dalla Regione Lazio e, tra le varie ipotesi, c’è anche quella di realizzare una copertura proprio per la chiesa all’aperto, estendendola anche alla successiva area dove insistono anche attività commerciali ambulanti. Ma torniamo all’aspetto della fede: «Dopo la riapertura del santuario, c’è stato un afflusso di pellegrini molto intenso soprattutto nei mesi di settembre e ottobre, grazie anche alle belle giornate. La nostra stima è superiore alle 150mila presenze. Anche verso i giorni di chiusura c’è stato un afflusso notevole, come ad esempio nell’ultima domenica di apertura, con i raduni delle “compagnie” e l’arrivo di circa 800 pellegrini, così come per la Messa conclusiva del 2 novembre. La devozione verso la Santissima Trinità – aggiunge don Alberto Ponzi – non conosce ostacoli di sorta ed è sempre molto forte nella nostra gente, così come nei tanti pellegrini che arrivano anche dalle province e dalle regioni limitrofe. E’ un qualcosa di bello che si rinnova anno dopo anno, grazie anche allo straordinario operato delle compagnie». C’è un altro aspetto che il cronista, salito diverse volte al santuario, non ha potuto non cogliere e che lo stesso don Ponzi rimarca e sottolinea: il notevole afflusso di giovani, che magari nelle chiese e nelle parrocchie si vedono sempre di meno, ma che per la Santissima Trinità hanno un’affezione continua: «E’ vero, molti di loro fanno parte delle compagnie e sono tra i primi ad animarle. Tanti poi vengono e mi dicono: non sono potuto venire quando c’era il pellegrinaggio della compagnia o della parrocchia, ma appena ho potuto eccomi qui. Poi ci sono tanti gruppi di ragazzi che vengono anche loro in segno di devozione autentica, e non solo per una scampagnata nei boschi circostanti». Il segno di fede autentica che la Santissima ridesta, come ha avuto modo di sottolineare anche il vescovo Ambrogio Spreafico quando ha celebrato al santuario, lo si riscontra pure nell’accostarsi di continuo al sacramento della Riconciliazione, grazie ai numerosi sacerdoti che ogni giorno, e non solo alla domenica, hanno prestato questo servizio negli appositi spazi al coperto, Insomma, una stagione di fede intensa ed “esaltante”, nella migliore accezione del termine. Ricordiamo infine che è già disponibile il calendario 2025 del santuario, che si può ricevere anche a casa (info sul sito internet e sui social del santuario di Vallepietra).
I giovani pellegrini alla Santissima. Con la gioia di arrivare alla “meta” dell’amicizia con Gesù

Dal paese di Vallepietra, con la partenza fissata di buon mattino, fino al santuario della Santissima Trinità, per un’ascensione che ha unito la gioia dello stare insieme al desiderio di arrivare alla meta, sia pure anche con fatica, perché in alcuni tratti le due ore circa di salita presentano delle asperità. Ma alla fine, come detto, ecco la meta: in questo caso il sacro speco sotto la montagna, ideale rappresentazione dell’arrivare al Signore, senza tante zavorre, perché in montagna – come dovrebbe accadere nella vita – si va solo con l’essenziale. Ecco un po’ il senso ed il significato del pellegrinaggio che venerdì 6 settembre è stato compiuto da un gruppo di giovani e da alcuni adulti e organizzato dalla Pastorale giovanile e da quella vocazionale della diocesi, con i responsabili don Luca Fanfarillo e don Pierluigi Nardi che lo hanno guidato. Provenienti soprattutto dall’unità pastorale delle “parrocchie in comunione con Maria”, da Collelavena e da Tecchiena Castello, una volta giunti al santuario i pellegrini hanno partecipato alla Messa, molti di loro si sono accostati al sacramento della Riconciliazione (i confessori sono sempre a disposizione al santuario) e quindi un pranzo al sacco come ulteriore momento di convivialità e amicizia, prima di ridiscendere a Vallepietra, sempre a piedi e ancora per immergersi nel grande significato spirituale di ogni pellegrinaggio, che non può certo terminare una volta “arrivati”. Concetti bene espressi da don Luca Fanfarillo nel corso dell’omelia: «Il pellegrinaggio rappresenta un po’ la nostra vita. Durante il percorso si incontrano mille difficoltà, si fatica, ma quando si arriva alla meta la gioia è grande, specialmente se Gesù cammina accanto a noi». di Igor Traboni