Riaperto il santuario: «Alla Santissima per portare gioia alle altre persone»
Dopo la pausa dei mesi invernali, il santuario della Santissima Trinità a Vallepietra ha riaperto i battenti mercoledì 1°maggio, con la Messa, nella grande chiesa all’aperto, presieduta dal rettore monsignor Alberto Ponzi davanti a centinaia di fedeli arrivati nonostante il tempo poco clemente, molti dei quali partiti all’alba dal paese di Vallepietra. Una tradizione antica, quest’ultima, che ha però assunto anche un altro particolare significato per la ricorrenza degli 80 anni dello scampato pericolo degli allora abitanti del paese dalla temuta rappresaglia dei tedeschi, alla caccia dei circa 250 partigiani nascosti tra queste montagne. Dopo le minacce ai vallepietrani, il comandante tedesco all’improvviso ricevette un messaggio radio e i soldati andarono via, con gli abitanti del paese che rivolsero subito gli occhi alla montagna e al santuario, per ringraziare la Trinità. E all’inizio della celebrazione un giovane del posto, dopo aver acceso il cero in segno di ringraziamento, ha letto alcune pagine del diario di Raffaele Reali, scritte dal figlio Luigino, che riportano appunto le concitate fasi di quel 1°maggio 1944. Episodio ricordato, sempre ad inizio celebrazione, anche da don Alberto Ponzi, stigmatizzando gli orrori pressoché quotidiani della guerra e invitando tutti ad essere «artigiani di pace, persone di comunione e di fraternità». Il rettore del santuario e parroco di Vallepietra, nel portare i saluti del vescovo Ambrogio Spreafico impegnato nella concomitante giornata di festa di Sant’Ambrogio patrono di Ferentino e della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, così come i saluti del vescovo emerito Lorenzo Loppa, ha poi espresso il ringraziamento «a Dio Trinità per questo primo maggio che ci concede di ritrovarci qui insieme per chiedere sempre tanta luce e forza, per portare la gioia di Cristo risorto alle persone che incontriamo. Preghiamo gli uni per gli altri ma anche per tutti gli altri pellegrini che verranno qui, perché tutti possano fare un’esperienza forte di fede e comunione».Nel corso dell’omelia monsignor Ponzi ha poi rimarcato anche come il primo maggio si festeggi san Giuseppe e inizi il mese mariano: «Sono quindi tanti i motivi che ci spingono a ritrovarci attorno a questo altare, ad iniziare dalla preghiera per chiedere l’intercessione di san Giuseppe per tutti i lavoratori e le loro famiglie e per la sicurezza sui posti di lavoro, perché ognuno abbia a vivere con dignità. C’è poi l’inizio del mese mariano, con Maria che è la creatura tutta bella che ha fatto risplendere in pienezza l’immagine della Trinità, accogliendo il figlio di Dio; ed ecco allora che chiediamo l’intercessione di Maria perché ci aiuti sempre a fare spazio a suo figlio Gesù». Rifacendosi al brano del Vangelo sulla vite e i tralci, don Ponzi ha sottolineato come «tutti noi comprendiamo bene che se il tralcio vuole portare frutto deve restare legato alla vite, e deve anche accogliere le potature per rafforzarsi sempre più e per portare frutti. Il verbo che viene ripetuto più volte in questo brano è “rimanere”. E se noi rimaniamo in Gesù, se gli facciamo spazio, possiamo rendere veramente bella la nostra vita, essere persone buone, giuste, oneste, amabili, perché c’è la forza dello Spirito che il Signore ci dona. Il proposito che noi dobbiamo fare all’inizio di questa nuova stagione del santuario è quello di far risplendere l’immagine della Trinità: dobbiamo rimanere in Cristo, perché è lui che ci manifesta tenerezza, misericordia e l’amore di Dio nei nostri confronti. Le difficoltà le incontriamo tutti, le prove a volte sono croci pesanti, ma stare a contatto con Gesù ci permette di non scoraggiarci mai, di guardare avanti con fiducia. E mentre ringraziamo Dio Trinità, vogliamo chiedere la grazia di rispondere a Lui rimanendo in Cristo e portando gioia alle persone che ci mette accanto. Oggi c’è bisogno di tanta speranza e Cristo è la nostra speranza», si è avviato a concludere don Alberto Ponzi. di Igor Traboni (foto Bruno Calicchia)
Mercoledì 1° maggio riapre il santuario della Santissima Trinità
Il santuario della Santissima Trinità di Vallepietra si prepara a riaprire i battenti, dopo la lunga pausa invernale. Fervono così i preparativi per la giornata del 1° maggio e per la prima, nuova celebrazione religiosa del 2024, alle 10, soprattutto per i pellegrini che quattro ore prima saranno partiti a piedi dal paese di Vallepietra.Quest’anno, infatti, la comunità del piccolo borgo ricorda e celebra anche gli 80 anni dallo scampato pericolo della guerra. E così, dopo la Messa, alle 12.30 i vallepietrani si ritroveranno per un ulteriore momento di incontro e condivisione presso il Sacro Cuore. La cerimonia di riapertura verrà anche trasmessa in diretta sui social del Santuario, a partire dalle 8.30.
Il vescovo pellegrino a piedi alla Santissima: «Camminiamo insieme»
Oltre duemila persone hanno partecipato, nella mattinata di venerdì 16 febbraio, al pellegrinaggio al santuario della Santissima Trinità, in occasione della festa dell’Apparizione, unico giorno in cui il sacro speco, chiuso da inizio novembre e maggio, riapre ai fedeli. In molti sono saliti a piedi da Vallepietra, guidati dal vescovo Ambrogio Spreafico, per un pellegrinaggio che è iniziato per l’appunto nella chiesa del piccolo borgo, dove il vescovo è stato accolto alle 7 del rettore del santuario e parroco di Vallepietra, monsignor Alberto Ponzi, e dal sindaco Flavio De Santis. «Ci tenevo tanto ad essere qui con voi, a farmi pellegrino con voi – ha detto il vescovo in un breve saluto prima della benedizione ai fedeli già radunati in chiesa – ed essere pellegrini vuol dire proprio questo: imparare a camminare con gli altri nella vita; durante un pellegrinaggio ci aiutiamo, ci sosteniamo; certo, ognuno ha il suo passo, ma nel cammino siamo sempre pronti ad aiutare gli altri. E non si va dove ognuno vuole, ma in questo caso insieme verso la Triniità». E così è stato: un fiume di gente ha quindi preso le mosse dalla bella piazzetta del paese, per inoltrarsi nei vicoli del borgo, quindi sfiorare le ultime case del paese, i campi coltivati, qualche cavallo e un asinello, il piccolo cimitero, un antico molino, zigzagando tra il Simbrivio che qui scorre, prima di gettarsi più a valle nell’Aniene. Così camminando, è stato anche recitato il Rosario, prima dell’ascesa vera e propria al santuario, dove alle 10.30 è stata celebrata la Messa, presieduta da Spreafico e con una decina di sacerdoti provenienti anche da diocesi limitrofe e pure dall’Abruzzo, alla testa di altrettante “compagnie” di fedeli. «E’ bello fare il pellegrinaggio in questo luogo dove veramente c’è il Dio unico in tre persone», ha detto all’inizio il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino. Ringraziamo il Signore che ci aiuta a stringerci attorno all’altare, ad essere una comunità di fratelli e sorelle, anche con la grazia di Dio del silenzio, in un mondo dove le chiacchiere si sprecano». Nel corso dell’omelia, e prendendo spunto dalla lettura di Isaia appena declamata, Spreafico ha fatto riferimento al tempo difficile in cui viviamo, dove anche oggi «ci sono pochi ricchi e tanti poveri, in un mondo profondamente ingiusto. Quanta gente porta dei pesi e noi non ce ne accorgiamo? Gli anziani delle Rsa, i malati, quelli che vivono da soli. Ma abbiamo mai bussato alla porta del vicino che non vediamo da giorni, invece di giudicarlo?». Spreafico ha quindi invitato i presenti a vivere la Trinità «in un mondo che dovrebbe essere di fratelli. E allora, ognuno di noi può costruire un mondo migliore, però finiamola di lamentarci, di svegliarci la mattina e ce l’abbiamo sempre con tutti. No, la mattina diciamo una preghiera, fermiamoci almeno un minuto con il Signore e poi quando usciamo facciamo un sorriso al vicino che magari ci sta poco simpatico. Questi si meraviglierà, ma l’avremo “convertito” ad una nuova umanità». Sul senso del pellegrinaggio , il vescovo è tornato quindi ad esaltarne la bellezza «perché i pellegrini si fermano se c’è uno in difficoltà, si salutano, fanno amicizia. E noi nella fatica non dobbiamo mai dimenticare gli altri. Abbiamo bisogno di quella gentilezza che rende la vita più bella. In questo tempo di guerre, di tante violenze, anche nelle nostre città, noi però non dobbiamo cedere alla paura: affidiamoci a Dio, tenendoci per mano, abbracciandoci. Perché l’amore fa vivere, mentre la solitudine abbrevia la vita. Ognuno di noi deve star bene dove sta, deve essere felice dove si trova, perché non è il posto, ma quello che hai dentro che ti cambia la vita». Spreafico si è avviato a concludere l’omelia, volgendo ancora una volta lo sguardo alla montagna che sovrasta il santuario, rivolgendo un augurio ai presenti, ma anche alle comunità di appartenenza e a quanti saliranno da maggio prossimo al santuario: «La Trinità vorrebbe che fossimo felici così: amandoci l’un l’altro. Chiediamo alla Trinità che ci faccia vivere proprio così». di Igor Traboni
Il vescovo Ambrogio guida il pellegrinaggio a piedi alla Santissima
Il 16 febbraio si ricorda l’Apparizione della Santissima Trinità e, come consuetudine, dalla chiesa parrocchiale di Vallepietra, si sale in pellegrinaggio al Santuario. Questo è l’unico momento, nei mesi in cui il Santuario è chiuso (dal 3 novembre al 30 aprile), nel quale si può accedere a questo luogo sacro, santuario diocesano e punto di riferimento di fedeli e pellegrini della nostra diocesi, di tutto il Lazio e delle regioni limitrofe. Come ogni anno le celebrazioni si dividono in due giornate: il giorno dell’apparizione, venerdì 16 febbraio, alle 7 si parte a piedi dalla chiesa parrocchiale di Vallepietra. E quest’anno il pellegrinaggio sarà guidato da Monsignor Ambrogio Spreafico, Vescovo di Anagni-Alatri, che condurrà personalmente il corteo in pellegrinaggio verso il Santuario, dove poi presiederà alla celebrazione eucaristica, insieme a Monsignor Alberto Ponzi, rettore del Santuario. Il giorno successivo, sabato 17, alle 16.30 ci sarà la recita del Rosario, seguito alle 17 dalla celebrazione eucaristica presieduta dal Rettore Mons. Alberto Ponzi; a seguire, la processione del quadro con l’immagine della Trinità per le vie del paese. Negli ultimi anni la festa dell’apparizione sta diventando sempre più importante e molto partecipata, conducendo a Vallepietra centinaia di pellegrini che visitano e rendono grazie alla Trinità nell’unico giorno di riapertura della pausa invernale.
«Trinità guida d’amore»: il vescovo alle Compagnie della Santissima
Come da tradizione, i responsabili delle Compagnie che ogni anno organizzano i pellegrinaggi al santuario diocesano della Santissima Trinità di Vallepietra hanno incontrato il rettore don Alberto Ponzi, per fare il bilancio soprattutto spirituale ma anche organizzativo, dopo la chiusura invernale del 2 novembre scorso. E quest’anno alla riunione, tenutasi domenica 19 novembre nella chiesa di San Biagio a Fiuggi, ha partecipato anche il vescovo Ambrogio Spreafico che ha tenuto subito a ringraziare i presenti e lo stesso don Ponzi, rivolgendo poi alcuni pensieri, ad iniziare dall’importanza della presenza della Trinità in questo mondo così pervaso dall’egoismo e dall’odio «ma così non funziona la vita, non solo in quei Paesi dove ci sono le guerre ma purtroppo anche nel quotidiano: tante volte bisogna dire che la prepotenza dà frutti cattivi e amari perché divide, fa nascere rancore, odio, tristezza, inimicizia. Sarà per quello che ha lasciato la pandemia o perché la vita è difficile per tanti, ma oggi vedo tanta arroganza e disinteresse per gli altri. Però la Santissima ci dice che noi abbiamo bisogno degli altri e che se non viviamo con gli altri e per gli altri ne va di mezzo la nostra umanità». Spreafico ha poi ricordato le sue presenze di quest’anno al santuario e al vicino paese di Vallepietra, sottolineando come in tutte le varie occasioni «sono rimasto colpito quando ho visto le Compagnie e ho capito la forza che hanno il santuario e la Santissima. Ognuno pregava la Trinità a modo suo, con la fisarmonica, la chitarra o anche solo con la voce, ma non c’era confusione, perché nessuno ha “strimpellato” imponendo sugli altri come si fa di solito, quando chi urla di più sembra abbia più ragione. Ognuno pregava, anche in maniera diversa come è normale che sia, ma creando armonia, perché usava le parole della Chiesa, di Gesù, del Vangelo. Vi voglio davvero ringraziare ed elogiare – ha aggiunto il vescovo rivolgendosi alle compagnie attraverso i loro responsabili – per la vostra devozione e invitarvi a non perderla ma ad alimentarla ancora, aiutando gli altri, e soprattutto i giovani, a capire che se viviamo in armonia allora la vita diventa più bella e uno scopre anche la felicità e la gioia di vivere con gli altri. Certo, non dobbiamo essere d’accordo su tutto perché ognuno ha il suo pensiero, ma – ha rimarcato Spreafico rifacendosi al Vangelo del giorno – il Signore conosce le nostre capacità, i nostri talenti diversi da quelli degli altri e a tutti Dio dona qualcosa di importante e di prezioso, basti pensare che un talento di quella parabola corrispondeva a ben 18 anni di lavoro. E allora mai sotterrare i talenti, anche quel singolo talento che il Signore ci dà perché ci vuole bene. Siamo chiamati a metterli a frutto con semplicità, amore e simpatia; come uomini e donne che sanno vivere con gli altri. Oggi c’è bisogno di ascolto e ascoltandoci impariamo a costruire insieme un mondo fraterno. Voi delle compagnie rappresentate un pezzo della nostra vita cristiana per aiutarci a rendere il mondo più umano, più bello, meno diviso. Chiediamo di essere un po’ come la Trinità, cioè una comunione di amore», si è avviato a concludere il suo intervento monsignor Spreafico. Dal canto suo, don Alberto Ponzi ha rimarcato la grande ripresa dei pellegrinaggi dopo il tempo della pandemia, anche nei numeri, che parlano di circa 63mila comunioni distribuite nelle Messe al santuario e quindi di almeno il doppio dei fedeli che sono saliti al sacro speco. Confortante anche il numero delle confessioni, pure questo in notevole aumento. Il rettore ha quindi elogiato le circa 340 compagnie, presenti sia nel Frusinate che nelle province e regioni limitrofe, per il loro comportamento sempre più consono alla spiritualità del luogo: «Continuiamo così anche per essere di esempio per ragazzi e giovani che salgono al santuario, sempre più numerosi e motivo di speranza. Ricordando anche che il sacrificio è parte essenziale del pellegrinaggio: lo zaino in collo permette di capire cosa significa la fatica e guardare alla meta da raggiungere, ovvero il santuario, ma anche alla meta della nostra vita che è l’eternità». di Igor Traboni