Presentazione del Signore: l’omelia del vescovo Ambrogio per la Giornata della vita consacrata

Sorelle e fratelli, cari consacrati e consacrate, ci ritroviamo in questa festa accompagnati dalla lucedel Signore, con cui siamo entrati in questa chiesa. Queste luci ci fanno riscoprire la luce delSignore, come disse Simeone accogliendo Gesù: “I mie occhi hanno visto la tua salvezza, preparatada te davanti a tutti i popolo: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Abbiamobisogno di luce. Il mondo ha bisogno di luce. Le guerre, la violenza, l’odio, oscurano la luce, nonfanno vedere che se stessi e nell’oscurità gli altri appaiono spesso come nemici che minacciano latua esistenza, quindi possibilmente da eliminare. Perciò si cresce nella paura dell’incontro,dell’amicizia, di un dialogo pacifico. Si vive nella solitudine, scelta o imposta, come quella di tantianziani soli a casa o in istituto, di adulti che si ritirano in disparte, o anche di quei giovani molto suisocial e troppo poco con gli altri. Il buio crea tristezza, distanza, non fa vedere il bene, non favedere l’altro come parte del tuo vivere.È possibile vivere nella luce? Il Vangelo ci indica una risposta: imparare ad essere donne e uominidell’attesa, perché l’attesa è speranza, fa guardare al futuro, libera dalla prigionia del presente,dell’oggi. Pellegrini di speranza è l’invito del Giubileo. Nei tempi difficili ognuno si deve chiederecosa significa essere donne e uomini di speranza. Noi siamo abitudinari, ripetiamo consuetudini,pratiche religiose, con generosità e sacrifici portiamo avanti opere che caratterizzano il carisma diognuno. Non basta, sorelle e fratelli. La Parola di Dio, che è “lampada per i nostri passi, luce per ilnostro cammino”, e che è divenuta uno di noi in Gesù, ci chiede di cambiare, ci chiede unrinnovamento, un nuovo inizio. Non basta ripetere se stessi, neppure la lunga e bella storia di uncarisma. La Parola di Dio chiede di ripensarci nella storia di questo tempo, nel buio che circonda esoffoca la vita di tanti uomini e donne. Non ci sono risposte prefabbricate, neppure modelli ugualiper tutti. Ma ognuno, ogni comunità, ogni Congregazione, piccola o grande che sia, si deve porrecon umiltà davanti alla luce di Dio in Gesù e chiedersi: ma io, noi, facciamo ancora luce? Siamouna via che avvicina al Signore gli altri? Le nostre opere sono segno di quella presenza luminosa diDio nel buio del mondo?Simeone e Anna non erano speciali. Erano due anziani, seppero sperare e aspettare non in modopassivo, non pensando che toccava agli altri cambiare qualcosa di quel mondo pieno di ingiustizie edi violenza come il nostro. Anzitutto pregavano. La preghiera, il tempo della preghiera è il tempo diDio in noi e nella storia. È la via per vedere, è la luce per capire e vivere. La preghiera tiene vival’attesa, fa vivere la speranza come qualcosa che aiuta a costruire il futuro, a riempirlo dellapresenza di Dio, a scoprine la presenza nelle donne e negli uomini che incontriamo ogni giorno. Manoi pensiamo mai che in ognuno, in ogni uomo e ogni donna, è impressa l’immagine e la somiglianza di Dio? E quindi, quando li incontriamo, siamo chiamati a fare emergere quellapresenza perché solo così ciascuno potrà scoprire il bene in sé e negli altri, e quindi iniziare a fare ilbene. Anna, dice il Vangelo, che, “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio eparlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Quando noi parliamo congli altri, sappiamo far trasparire nelle nostre parole e nei gesti la luce del bambino di Betlemme,l’atteso delle genti? Oppure ripetiamo noi stessi, magari con un fare lamentoso, pieno di giudizi e discarsa speranza? Eppure, nel cuore di tutti c’è sempre l’attesa di una luce, di una buona notizia inuna società che sa solo diffondere cattive notizie, che condivide la violenza come fosse normale?Sorelle e fratelli, il Signore ha bisogno di noi, di voi, di una rinnovata passione per la missioneche vi ha affidato all’inizio della vostra consacrazione e che oggi rinnovate. Accogliamo questoinvito come un nuovo inizio. Non possiamo solo ripetere noi stessi. Il mondo è troppo buio e ilSignore nostra luce si affida a noi perché illuminiamo il cammino degli altri, dai piccoli aglianziani, dai poveri ai ricchi, dai credenti a chi dice di non credere. Nessuno è solo. Siamo pellegrinidi speranza insieme. Il nostro essere pellegrini si fa insieme, insieme alle nostre comunità, ma anchealle donne e agli uomini di questa terra, così piena di bellezze ma anche di tante sofferenze esolitudini, a volte umiliata, inquinata non solo nell’aria e nelle acque, ma nel cuore di chi la abita,rendendo buia la vita di tanti. La paura non si vince con la durezza e l’arroganza. La paura puòliberare energie di bene solo con la pazienza dell’amore, che è incontro, ascolto, amicizia,condivisione. Siate dunque tutti profeti di speranza!