Pellegrinaggio giubilare interdiocesano: l’omelia del vescovo Ambrogio

Sorelle e fratelli, ringrazio tutti voi per essere qui insieme come pellegrini, che hanno desiderato condividere questo momento così bello: passare la Porta santa di questa Basilica proprio in questo tempo, che ha visto accorrere tanta gente attorno al Successore di Pietro: prima per la morte di papa Francesco e poi per l’attesa e l’elezione del suo successore: Leone XIV. Questa attesa, questa convocazione così numerosa, ci mostra le tante attese del mondo: attese di parole di pace, di speranza, amore. Ero qui anche domenica mattina, quando papa Leone ha dato inizio al suo pontificato. Le sue parole ci richiamano all’essenziale della vita di ogni discepolo di Gesù: un amore che raggiunge tutti. Ha detto: “Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”. Cari fratelli e sorelle, siamo qui per questo: perché si realizzi sempre di più ciò che papa Francesco ci ha chiamato a vivere e che abbiamo cercato di fare nostro nello spirito del Concilio e della Evangelii gaudium: essere una Chiesa in uscita che ascolta tutti e parla a tutti, non delle chiesuole che si accontentano delle loro pur belle tradizioni, senza passione e senza amore. Abbiamo ascoltato nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli la passione di Paolo perché il Vangelo di Gesù morto e risorto potesse raggiungere tutti, al di là di confini religiosi, etnici e geografici. Timoteo, un grande collaboratore dell’Apostolo, era figlio di una giudea credente e di un padre greco, che certo non credeva nel Dio di Gesù Cristo. Eppure Timoteo aveva ascoltato il Vangelo, che lo aveva cambiato e fatto diventare a sua volta missionario, perché il Vangelo cambia la vita e la storia. Sorelle e fratelli: abbiamo anche ascoltato che Paolo ebbe una visione mentre era in Asia Minore: “Era un Macedone che lo supplicava: Vieni in Macedonia e aiutaci!” Era la chiamata a passare un confine, ad andare verso un altro mondo, quello che aprì le porte del Vangelo all’Europa. Andare oltre, superare i confini e i pregiudizi che dividono dagli altri. Quanti mondi non consociamo e non frequentiamo. In questi anni, soprattutto durante il cammino sinodale, abbiamo cercato di incontrare alcuni di questi mondi fuori dalle nostre abituali riunioni e celebrazioni. Ma rimangono altri mondi che non consociamo, che non abbiamo mai avvicinato per pigrizia, abitudine, paura, forse anche per un giudizio negativo. Penso ad esempio ai giovani o agli immigrati della nostra Chiesa, che si vedono così poco nelle nostre comunità. Penso a chi dice di non credere o si è allontanato dalla Chiesa, ma desidera fare del bene e non trova nessuno che gli indichi una strada. Loro ci aspettano, ci chiamano, hanno bisogno di noi, di quel Vangelo che porta luce, pace, amore. Noi lo abbiamo ricevuto. Lo custodiamo e lo celebriamo nelle nostre comunità. La sua parola ci dona felicità, ci da speranza, indica una via di umanità da percorrere ogni giorno. Su questa via incontriamo tanti. Come quel funzionario della regina di Etiopia, di cui ci hanno parlato gli Atti degli Apostoli in questo tempo, che incontrò il diacono Filippo, che si fermò, salì sul suo carro, camminò con lui e lo aiutò a capire ciò che leggeva. Tanti hanno bisogno che qualcuno si accosti loro, salga sul loro carro, cioè si avvicini alla loro vita, per dare risposte alle tante domande, ai dubbi, alle incertezze, al dolore, al pessimismo che segnano spesso la vita. Non dire: non sono preparato, non tocca a me, non ho tempo, non so cosa fare. Sei qui con questo popolo: il Signore ti parla, non tirarti indietro. Gesù ha fiducia in te. Sogna con lui un mondo più umano, pacifico, fraterno! Lo Spirito di Dio ti guiderà e ti insegnerà le parole da dire e i gesti da compiere. E da questo luogo, segno di unità e di comunione attorno alla Cattedra di Pietro, saremo guidati da papa Leone a vivere sempre e ovunque come sorelle e fratelli, insieme, abbracciati dal grande amore di Dio, che non finirà mai. Affidiamoci al Signore, affidiamogli le nostre diocesi e la terra da cui veniamo, il mondo intero, perché il Vangelo della pace vinca l’odio e la violenza, e si torni a vivere in armonia. Ce lo ha ripetuto papa Leone in questi giorni e noi proprio qui ci impegniamo solennemente a viverlo e a condividerlo con tutte le nostre comunità e con il popolo che abita la nostra terra e le nostre diocesi. Lo chiediamo insieme al Signore con la gioia di essere stati raggiunti dalla sua misericordia passando la Porta santa e di avere gustato la bellezza di essere suo popolo, la comunità riunita nel suo nome dallo Spirito Santo in questo pellegrinaggio giubilare. Viviamo allora tutti come pellegrini e missionari di speranza! Amen!
Il vescovo a Tv2000: Le nostre comunità pietre vive di speranza. Leggi l’articolo e rivedi la puntata

Il vescovo Ambrogio Spreafico è stato ospite, mercoledì 21 maggio, della trasmissione “In cammino” su Tv2000, per una puntata sul senso delle comunità, da quelle che festeggiano un certo tratto di vita a quelle nuove. E così si è partiti proprio dalle celebrazioni per i 30 anni di consacrazione della chiesa di Tecchiena Castello, in diocesi di Anagni-Alatri, mentre in collegamento da Torino ha partecipato il vescovo ausiliario Alessandro Giraudo, per dar conto della gioia di una nuova chiesa costruita in località La Loggia. Partendo quindi proprio dalla chiesa di Tecchiena Castello, e in risposta alle domande del conduttore Enrico Selleri, il vescovo Spreafico ha ribadito l’importanza di continuare a custodire le chiese «perché è il luogo dove vive la comunità e la Chiesa tutta vive perché c’è un popolo, qualcuno che la guida e insieme agli altri costituisce un segno molto eloquente, in questo tempo difficile. Nessuno di noi è primo ma siamo fratelli e sorelle davanti al Signore che ci rende una comunione». Il conduttore ha quindi ricordato un passaggio dell’omelia di Spreafico a Tecchiena Castello (“essere comunità oggi è scelta coraggiosa e controcorrente”) e il vescovo ha ribadito il concetto: «Controcorrente perché siamo in un mondo frammentato, dove prima viene “io”, e invece davanti al Signore riscopriamo la bellezza di essere un “noi”, insieme, amici, fratelli e sorelle che condividono un percorso comune, pur nella loro diversità. Questo è un grande segno per il mondo di oggi, un dono che ci viene fatto e che dobbiamo imparare a vivere; ce lo ha detto anche papa Leone nella liturgia di inizio pontificato e poi nel suo stemma: essere in Lui, uniti. E’ una grande cosa, il grande sogno di Dio che noi ci impegniamo a realizzare nelle nostre comunità. La Chiesa oggi è rimasta tra le poche realtà che mostra ancora come è bello essere insieme, essere segno in un contesto, in una storia; non viviamo solo per noi, non dobbiamo fare le “chiesuole”: la chiesa è un luogo che comunica un sentire, una speranza, deve parlare al mondo. E oggi c’è bisogno di un amore che diventa unità, comunione, e che incontra i tanti bisogni di chi fa parte delle nostre comunità, di chi viene bussare alle nostre porte e le nostre chiese devono avere porte aperte alla carità, alla solidarietà. E devo dire che questo c’è in molte nostre comunità». Ma la chiesa di mattoni ha senso se ci sono pietre vive: «Se uno ascolta il Signore che parla, la Parola di Dio rende viva la pietra, ti rende umano il cuore, di fa rispondere agli altri con gentilezza, ascoltare, dialogare, quindi diventi vivo, comunichi il senso della vita. Noi siamo chiamati a comunicare la speranza, è un grande dono che ci viene fatto ogni giorno e che siamo chiamati a comunicare nella vita quotidiana, laddove siamo, a partire dalle nostre comunità». Ma è anche importante che le nostre chiese siano belle, curate, accoglienti, perché, ha rimarcato il vescovo, «un luogo bello richiama la bellezza di Dio che dovrebbe inondare la nostra umanità, renderci capaci di cogliere in ognuno la bellezza, perché in ognuno è immagine e somiglianza di Dio. Pensate: se noi vivendo avessimo un’idea di questa bellezza che vive nell’umanità, nel luogo dove noi siamo, nelle persone che incontriamo, magari nascosta dal male, da sofferenza e fatica. Ma noi siamo chiamata a far emergere la luce di Dio in ognuno. E i poveri sono dei maestri in questo». Riandando alla celebrazione per i 30 anni di Maria Santissima Regina a Tecchiena Castello, il conduttore ha infine chiesto a Spreafico se questi momenti di festa non costituiscono anche un rinnovare l’attaccamento alla propria terra, alla propria chiesa e al proprio Pastore: «Sì, anche perché il Pastore è segno di unità, di comunione e condivisione; siamo pastori perché c’è un popolo, per servire. La Lumen gentium inizia parlando proprio di popolo, poi viene la gerarchia; la rivoluzione conciliare è anche questa. Oggi qualche volta ci fossilizziamo solo su chi viene, ma ci sono tanti che vengono raramente ma sono parte di questo popolo. Come parlare anche a loro, come raggiungerli, come non considerare nessuno estraneo? Ci vuole la pazienza dell’ascolto, di momenti che mettono insieme, che fanno vivere la comunità, che la rendono un popolo di gente che cammina insieme, che si vuole bene, che si dà una mano. Che è il sogno di Dio per l’umanità». di Igor Traboni A questo link potete rivedere la puntata: https://www.play2000.it/detail/18?episode_id=18045&season_id=728
Patrimonio culturale e ruolo delle comunità locali: convegno della Rete Trisulti Bene Comune

Anche il vescovo di Anagni-Alatri, monsignor Ambrogio Spreafico, interverrà martedì 3 giugno (Accademia Belle Arti, Palazzo Tiravanti, Frosinone, ore 18.30) al convegno dal titolo “Il ruolo delle comunità locali nel governo del patrimonio culturale. Dalla Costituzione alla Convenzione di Faro”, organizzato dalla Rete Trisulti Bene Comune. E anche di Trisulti, ma non solo, si parlerà in questo appuntamento che avrà come ospite d’onore il prof. Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena e, in collegamento online, Mario Schwetz, direttore della sede italiana del Consiglio d’Europa. Oltre a Spreafico, interverranno Maria Elena Catelli, presidente della Rete Trisulti Bene Comune; Loredana Finicelli, docente di Storia dell’Arte; Loredana Rea, docente di Storia dell’Arte; mentre Stefania Di Marco, direttore dell’Accademia di Belle Arti, porterà i saluti della prestigiosa istituzione culturale frusinate. Modera i lavori la giornalista Paola Rolletta. Ma è interessante vedere come, attraverso i social, la Rete Trisulti Bene Comune presenta le finalità e gli obiettivi di questo incontro: “Il patrimonio culturale è vivo solo se condiviso. La partecipazione delle comunità nella gestione del patrimonio culturale non è un’opzione, ma una necessità. Coinvolgere le persone rafforza il senso di appartenenza, alimenta il rispetto per la storia comune e ne favorisce la trasmissione alle future generazioni. Quando si parla di beni artistici, è fondamentale attivare le comunità locali: solo così si può garantire una cura e una valorizzazione più consapevole e autentica. Spesso, infatti, una gestione centralizzata rischia di essere distante, incapace di cogliere appieno il significato di questi beni, o intrappolata in logiche burocratiche poco funzionali”.
Il vescovo Spreafico e Tecchiena Castello su Tv2000

Mercoledì 21 maggio il vescovo di Anagni-Alatri, monsignor Ambrogio Spreafico, sarà ospite della trasmissione di Tv2000 “In cammino”, in onda alle 19.30 circa, subito dopo la conclusione della Messa. La trasmissione intende seguire il cammino della Chiesa italiana, offrendo spazi di racconto, confronto e dialogo, per condividere le esperienze diocesane più interessanti e approfondire i processi innovativi delle Chiese locali. E proprio su queste direttrici interverrà Spreafico, ovvero sul valore e il significato delle comunità, anche delle più piccole, muovendo dalla celebrazione per i 30 anni della chiesa di Tecchiena Castello, presenziata proprio dal vescovo di Anagni-Alatri il 4 maggio scorso; in trasmissione si parlerà anche dell’apertura di una nuova chiesa a La Loggia (Torino): entrambe le esperienze, in un tempo segnato da sfide pastorali complesse, si presentano come “segno di speranza” per una comunità, perché una Chiesa non è solo un luogo di culto, ma un simbolo vivo di corresponsabilità e partecipazione. Il programma verrà trasmesso anche dalle radio del circuito “In Blu” e si potrà rivedere scaricando l’app Play TV2000. Insieme al vescovo Ambrogio interverrà anche monsignor Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Torino. di Igor Traboni
Mille persone a Fiuggi per il convegno della Comunità di Sant’Egidio

Nello scorso fine settimana (sabato 10 e domenica 11 maggio) si è tenuto a Fiuggi un convegno della Comunità di Sant’Egidio, a cui hanno partecipato circa 1000 persone e che si è concluso con la Messa (nella foto) celebrata da monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino. Si è trattato dell’appuntamento annuale che vede ritrovarsi persone provenienti da Roma e da altre città dell’Italia centro-meridionale che vivono lo spirito e gli ideali della Comunità di Sant’Egidio in diversi luoghi, da quello fondativo di Santa Maria in Trastevere a Roma alle periferie di altre grandi città, come Napoli, o di realtà più piccole. E così a Fiuggi in questa due giorni si sono ritrovate tante famiglie, molti studenti – soprattutto universitari – e i cosiddetti “nuovi europei”, tra cui numerosi rifugiati arrivati con i corridoi umanitari organizzati a più riprese dalla Comunità di Sant’Egidio e ora integrati nel nostro Paese, così come migranti che sono già alla seconda generazione: una volta accolte in Italia, queste persone sono rimaste colpite dal valore dell’amicizia e dal percorso spirituale della Comunità. Anche a Fiuggi, tra le presenze più numerose si è segnalata quella siriana, donne, uomini e bambini in fuga dalla guerra che fanno parte di quelle 8000 persone che dal 2016 ad oggi sono arrivate in Italia grazie ai corridoi umanitari, ovvero al progetto che la Comunità di Sant’Egidio ha messo in piedi con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Cei-Caritas-Obiettivo e che ha diversi obiettivi: evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; così come di impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre e quindi concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo. Oltre che dalla Siria, in tanti sono arrivati così anche dal Corno d’Africa, dalla Grecia, da Cipro, da Gaza e dall’Afghanistan. Ma torniamo all’incontro di Fiuggi: sono due giorni intensi scanditi da momenti di ascolto, confronto, preghiera. Un’occasione dunque per approfondire il messaggio della Pasqua e rinnovare l’impegno di ciascuno per la pace, anche attraverso la costruzione di reti di protezione per i poveri e i fragili. Il filo rosso che ha legato soprattutto i momenti di preghiera e di riflessione è stato quello dell’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus. Sono stati anche proiettati dei video sulla morte e sul pontificato di papa Francesco e sull’elezione di papa Leone XIV. E qui va aperta un’altra parentesi, perché a Fiuggi era presente anche una folta rappresentanza di peruviani che da anni vivono a Roma e che già conoscevano e apprezzavano papa Leone come vescovo di una diocesi di quel Paese latino-americano. Così come l’allora cardinale Prevost ha avuto modo di conoscere ancora più da vicino la Comunità di Sant’Egidio, partecipando, in qualità di Prefetto del Dicastero per i vescovi, alla preghiera per i poveri a Santa Maria in Trastevere il 30 maggio 2023, circa un mese dopo aver lasciato il Perù perché chiamato da papa Francesco al nuovo servizio per la Chiesa universale, recando con sé proprio quell’esperienza missionaria di 20 anni «e una grande conoscenza delle periferie», come sottolineato nel messaggio della Comunità di Sant’Egidio subito dopo l’elezione al soglio di Pietro. Tanti dunque gli elementi scaturiti dal convegno di Fiuggi, così come preziose le parole di monsignor Spreafico nell’omelia della Messa conclusiva, a sottolineare la bellezza del ritrovarsi insieme in un mondo che ci vede ancora troppo divisi, dove il “noi” non riesce ancora a prevalere su tanti “io” impregnati di egoismo. Eccellente anche la “macchina organizzativa” della Comunità di Roma, con il supporto logistico di quella di Frosinone, curata da don Paolo Cristiano e da vari laici collaboratori, e di Fiuggi. di Igor Traboni (foto tratte dal sito internet della Comunità di Sant’Egidio)
La “Madonna di Vico” è tornata a casa dopo il restauro

La “Madonna di Vico”, così come viene comunemente chiamata la statua appartenente al gruppo di quelle lignee medievali realizzate nelle botteghe di area laziale tra il XII secolo e i primi decenni di quello successivo, è tornata a Vico nel Lazio, di nuovo incastonata nella chiesa di San Martino, uno dei gioielli di questo paese che a sua volta è scrigno di arte, storia e fede e non a caso conosciuto come “la Carcassone del Lazio”. Nel pomeriggio di giovedì 8 maggio è stato infatti presentato il restauro della statua, reso possibile dai fondi dell’8xmille alla Chiesa Cattolica, in una breve ma suggestiva cerimonia a cura dell’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici e l’Edilizia di culto della diocesi di Anagni-Alatri e della Confraternita Orazione e Morte della parrocchia di San Michele. E’ intervenuto il vescovo Ambrogio Spreafico (che ha poi celebrato la Messa, peraltro in un clima di profonda commozione perché c’era appena stata la fumata bianca per l’elezione del nuovo pontefice) esprimendo tutto il suo vivo compiacimento per il restauro, così come per l’azione dei carabinieri del Nucleo artistico che per ben due volte hanno ritrovato la statua, dopo altrettanti furti. «Maria ci indica la strada – ha detto poi Spreafico cogliendo a pieno alcune delle evocazioni suggerite dalla statua – perché oggi invece ci si perde facilmente. Maria ci invita ad andare da Gesù, attraverso di Lei». Dal vescovo anche un plauso alla comunità di Vico, a cui ha anche assegnato un compito: «Coinvolgete di più i giovani, con il vostro esempio di solidarietà e generosità». Un breve saluto è stato poi portato da Federica Romiti, responsabile dell’Ufficio diocesano Beni culturali ed Edilizia di culto, che ha comunicato come il restauro della “Madonna di Vico” è stato poi inserito nel programma della giornata di sabato 10 maggio di un seminario tenutosi a Modena e dedicato alla presentazione delle iniziative speciali promosse per il Giubileo 2025. Un saluto ad ospiti e presenti anche da parte del parroco don Giggino Battisti, visibilmente – e per sua stessa ammissione – molto emozionato per l’evento. Sono quindi seguiti alcuni interventi “tecnici”, tanto brevi quanto incisivi e con il merito di non scadere nei soliti saluti stereotipati. Così Alessandro Betori, Soprintendente per i beni archeologici delle province di Frosinone e Latina, a sottolineare come l’arte si coniuga con quelle forme di pietà e devozione «molto vive in paesi come Vico nel Lazio, dove prima non ero mai stato e che ho trovato molto bello». Bellezza che rifulge anche in questa «opera eccelsa, anche nel gesto del Bambino che acclama verso la Vergine e quella umanità che Egli ha voluto incarnare». Betori non ha ppoi potuto fare a meno, così come gli altri ospiti, di sottolineare il fatto che per ora la statua è giocoforza ingabbiata dietro alcune griglie in ferro «simbolo della barbarie del nostro tempo», per quanto ingentilite dall’apposizione del simbolo mariano della rosa, per via dei furti di cui si è detto. Non solo un mero lavoro di restauro, ma «anche partecipazione e trasporto» verso questa opera, per molti versi simile alla Madonna di Costantinopoli conservata in Santa Maria Maggiore, ad Alatri, ha rimarcato Lorenzo Riccardi, funzionario storico dell’arte della Soprintendenza. Con fare affabulatorio, Riccardi ha ricordato che la statua venne restaurata già nel 1941 e che a pagarne le spese di trasporto verso Alatri e poi per Roma fu proprio la Confraternita. E ancora: mentre la statua di Vico andava verso Roma, il percorso inverso lo fece il camioncino di Nicola Cece, fratello del parroco di allora, che andava a riprendere la statua della Madonna di Costantinopoli anch’essa restaurata nella Città Eterna. Dal canto suo, la restauratrice Arianna Ercolani, facente parte di un gruppo di lavoro «con un insieme di responsabilità e competenze perché le opere continuino ad esserci nel tempo», ringraziando altresì la comunità di Vico per il calore dell’ospitalità (che peraltro abbiamo avuto modo di saggiare di persona con un piacevole banchetto allestito al termine della cerimonia) e raccontando di come un signore del posto, mentre portavano via la statua per il restauro, le si era raccomandato così: “Non la trattate solo come un pezzo di legno”; la Ercolani ha poi chiosato con l’ulteriore bellezza dello svelamento della statua di Maria proprio nel giorno della festa della mamma
Anagni festeggia la Madonna del Buon Consiglio e il Giubileo dei Caracciolini

Fine settimana di eventi per la parrocchia di San Giovanni de Duce di Anagni che, come da tradizione, festeggia la sua patrona: la Madonna del Buon Consiglio. Quest’anno i festeggiamenti assumono una connotazione particolare: sono inseriti nel Giubileo dei Caracciolini, ovvero 300 anni di presenza dei sacerdoti caracciolini presenti stabilmente nella parrocchia di San Giovanni ad Anagni. L’inizio dei festeggiamenti è fissato per giovedì 8 maggio alle 17, con il triduo in onore della Madonna del Buon Consiglio in chiesa, a cura di padre Raffaele Mandolesi, crm, triduo che durerà fino a sabato sempre allo stesso orario. Sempre l’8 maggio, alle 19, si svolgerà in chiesa l’oratorio dei bambini del catechismo, con una rappresentazione teatrale. Inoltre, tutti i giorni ci sarà la celebrazione eucaristica alle ore 18.00. Sabato 10 maggio dopo la celebrazione delle 18, si terrà la tradizionale processione per le vie della città, accompagnata dalla banda musicale dell’Associazione Musicale Anagnina diretta dal Maestro Roberto Mattioli. Domenica 11 maggio, la celebrazione si svolgerà in chiesa alle ore 10.30, e successivamente all’aperto, in piazza Dante, alle ore 18.30 , presieduta dal vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino monsignor Ambrogio Spreafico. Di pari passo il programma civile: venerdì 9 maggio spettacolo teatrale comico del TRIO SPA alle ore 21.00 in piazza Dante, sabato 10 maggio alla stessa ora serata danzante a cura della scuola “Arte del Movimento” di Eleonora Pirelli in collaborazione con Alain Sosa, ballerino di salsa proveniente da Cuba. Domenica 11 maggio alle ore 21.00, sempre in piazza Dante, spettacolo teatrale della compagnia “Acta est fabula”. Da giovedì sarà disponibile anche la pesca di beneficenza, con premi ed estrazioni anche per i più piccoli. Nelle serate degli spettacoli sarà, invece, disponibile uno stand gastronomico con primi, panini e bibite a cura della parrocchia. Anche quest’anno la parrocchia di San Giovanni si mostra attiva nella sua missione pastorale, grazie al supporto del parroco padre Florent Kasai, crm.
Il vescovo Ambrogio per i 30 anni della chiesa di Tecchiena Castello: «Gratitudine per la vostra storia»

Ai prossimi 30, e poi ancora 50 e 100, ma sempre con lo stesso spirito di comunità, di fraternità e di Fede vissuta nel concreto: è questo l’augurio più bello che si possa fare alla parrocchia (in tutte le sue componenti) di Tecchiena Castello, che nel pomeriggio di domenica 4 maggio 2025 ha celebrato e festeggiato i 30 anni di consacrazione della chiesa dedicata a Maria Santissima Regina. Una celebrazione presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico, che non ha voluto far mancare la sua presenza in questo momento di gioia per una comunità piccola ma particolarmente attiva, e che ha concelebrato la Messa assieme al vicario generale della diocesi, monsignor Alberto Ponzi, e ad alcuni dei sacerdoti che in questi 30 anni si sono succeduti alla guida pastorale della comunità, dall’attuale parroco don Giorgio Tagliaferri, al primo e storico, don Marino Pietrogiacomi, e quindi don Fabio Massimo Tagliaferri, don Edoardo Pomponi, don Luca Fanfarillo. «Ci tenevo particolarmente a venire – ha esordito il vescovo, davanti ai fedeli che riempivano la chiesa – per ringraziare tutti voi che fate parte di questa bella comunità e chi è stato ed è qui, ad iniziare da don Marino e fino all’attuale parroco don Giorgio. La vostra storia ci aiuta a capire che tutti noi siamo dentro una Storia. E questo dobbiamo ricordarcelo bene, soprattutto oggi, in questo mondo in cui c’è troppo individualismo, in cui si diventa tutti più egoisti davanti alle difficoltà della vita, in cui si dice sempre “prima io”, anche se veramente chi viene prima è Gesù. Nessuno è primo davanti a Gesù, noi cerchiamo di seguirlo come possiamo». Il vescovo ha poi richiamato e sottolineato il sostantivo “gratitudine” nei confronti di chi «ha mantenuto vivo questo luogo, una grande cosa, perché essere comunità nel mondo oggi non è normale: tutti hanno sempre tanto da fare, nessuno trova il tempo per fermarsi, per parlare con l’altro. C’è sempre la tentazione di vivere ognuno per sé, di dire “faccio quello che posso, non chiedermi di più”, ma non è così che funziona la vita dei cristiani». Rifacendosi poi al Vangelo del giorno, annunziato poco prima dal diacono Giovanni Straccamore, monsignor Spreafico ha rimarcato l’importanza di riconoscere Gesù nella vita di ogni giorno, anche nelle piccole cose: «Chiediamoci: ma non è che Gesù ci parla e io invece faccio orecchie da mercante? Perché Gesù non ci abbandona mai, vive con noi nella quotidianità, proprio come fece con i pescatori del brano del Vangelo: Gesù sa che sono delusi, perché hanno pescato tutta la notte e non hanno preso niente. Un po’ come tanti di noi: ci affrettiamo, lavoriamo, ma alla fine della giornata spesso diciamo: che ho fatto? E siamo insoddisfatti, tristi. Allora Gesù si avvicina e ci dice: senti un po’, perché non getti la rete dall’altra parte? Ci chiede insomma di cambiare il nostro modo di pensare, di ragionare, il nostro modo di essere, di cambiare la nostra umanità! Gesù osa dirci di fare cose che prima non abbiamo fatto, perché ci vuole bene. Gesù ci dice come vivere, ci indica la via del dialogo, nel mondo, nelle comunità, proprio come ha fatto Papa Francesco. Gesù vuole essere nostro amico, camminare con noi, ci incontra nella vita. E allora, nei momenti difficili fermiamoci un po’, facciamo una preghiera, leggiamo una pagina del Vangelo. E tutti insieme prendiamoci cura degli altri, aiutiamoci, diamoci una mano, siamo attenti a chi ha bisogno, agli anziani, ai malati. Vogliamo essere donne e uomini che costruiscono un mondo fraterno. Siate sempre una comunità solidale, generosa», ha concluso il vescovo, tracciando questo augurio per la realtà di Tecchiena Castello, nel solco di quello che sta per l’appunto vivendo da trent’anni. Una cerimonia molto sentita, curata nei particolari (dai canti al servizio all’altare delle chierichette e alle intenzioni della preghiera dei fedeli) e al termine della quale – dopo un breve saluto di ringraziamento anche da parte di don Giorgio – il vescovo, i sacerdoti presenti e i fedeli si sono portati fuori, nel giardino antistante la chiesa, per lo scoprimento e la benedizione di una bellissima croce in legno, eretta a ricordo di questo 30°. La serata si è conclusa in maniera fraterna e conviviale con una gustosa pasta e fagioli offerta ai presenti. La parrocchia ha inoltre voluto donare una targa commemorativa del trentennale al vescovo e ai sacerdoti presenti, al sindaco dell’epoca Patrizio Cittadini, che intervenne alla cerimonia di consacrazione; al progettista Giuseppe Morini, al titolare dell’impresa esecutrice, Roberto Maddaleni. Nella giornata di sabato altre targhe erano state invece consegnate al sindaco Maurizio Cianfrocca e al Coro Monti Ernici del Maestro Antonio D’Antò, dopo l’apprezzato concerto. Nei prossimi giorni altre targhe verranno consegnate a quanti non sono potuti intervenire per altri impegni pastorali: a don Antonio Castagnacci, a don Antonello Pacella, a don Domenico Pompili (ora vescovo di Verona, concelebrante in quel maggio del 1995 e che ha indirizzato una bella lettera alla comunità), al vescovo emerito Lorenzo Loppa, a padre Andrea dei Frati minori, alle suore del Preziosissimo Sangue, alla famiglia dello scomparso don Renzo. Nei locali sottostanti la chiesa è stata anche allestita una mostra con foto d’epoca, che si potrà visitare fino a domenica 11 maggio. di Igor Traboni
Riapre il santuario della Santissima Trinità, anche come chiesa giubilare

Giovedì 1° maggio riapre ai fedeli il santuario diocesano della Santissima Trinità di Vallepietra, dopo la lunga pausa invernale iniziata il 2 novembre 2024, necessaria -come ogni anno – perché accedere al sacro speco nei mesi più freddi è difficile e pericoloso a causa della strada spesso innevata e di frequente ghiacciata. Questa stagione di fede al santuario di Vallepietra, uno dei pochi in Italia e in tutta Europa dedicato alla Santissima Trinità, si caratterizza per un’importante novità: sarà infatti chiesa giubilare, nell’ambito del Giubileo 2025, così come fortemente voluto e reso noto nei mesi scorsi dal vescovo Ambrogio Spreafico. Lo stesso vescovo Spreafico, impossibilitato a partecipare alla celebrazione per la riapertura per altri impegni pastorali, ha comunque assicurato la sua presenza alla festa della Santissima Trinità, nel mese di giugno. Per quanto riguarda in particolare la giornata del primo maggio, il programma prevede la cerimonia di apertura del Giubileo al santuario alle 9.30, presieduta da monsignor Lorenzo Loppa, vescovo emerito di Anagni-Alatri: a seguire, alle 10.30, la solenne celebrazione eucaristica, concelebrata dal vescovo Loppa con il vicario diocesano generale, monsignor Alberto Ponzi, e da alcuni dei sacerdoti e religiosi che si alterneranno al santuario per tutti i mesi estivi per accogliere i pellegrini, celebrare le Messe e il sacramento della Riconciliazione. Alle 11.45 verrà poi celebrata un’altra Messa. Per tutto il mese di maggio sono poi previste Messe festive alle 9-10.30 e 12, con possibilità di confessarsi nelle stesse mattinate. Il santuario resterà aperto dalle 8 alle 16. A giugno, invece, il santuario resterà aperto ogni giorno fino alle 17 e verrà celebrata anche una Messa feriale, alle 10.30, mentre le Messe festive sono previste ogni ora, dalle 8 alle 12 e al pomeriggio alle 15.30. I confessori saranno a disposizione dei fedeli sia nei giorni feriali che alla domenica. Si raccomanda ai fedeli di seguire sempre le indicazioni per la sicurezza, con i percorsi ben tracciati e con l’area di sicurezza estesa anche alla zona delle attività commerciali oltre la grande chiesa all’aperto. Il rettore mons. Alberto Ponzi, durante la riunione con i capi Compagnie tenutasi il il 27 aprile scorso a Fiuggi, ha dato una serie di comunicazioni, dando dapprima la parola al vicepresidente dell’associazione di Ara Antica che ha presentato il progetto “Restare per Raccontare” condiviso con l’associazione don Salvatore Mercuri e l’Oasi Felice di Vallepietra: il progetto ha lo scopo di far riscoprire i segni del pellegrinaggio a piedi al Santuario. Quest’anno per motivi di sicurezza non sarà possibile dormire al Santuario né nei giorni normali e soprattutto nei giorni della festa della Santissima Trinità e di Sant’Anna. Dal 1° maggio sarà disponibile la navetta per i disabili e le persone in difficoltà e quest’anno il servizio verrà gestito dalla cooperativa del Comune di Vallepietra; si raccomanda di avere pazienza soprattutto nei giorni festivi, il sabato e la domenica in quanto ci può essere maggior afflusso di pellegrini su al santuario. Sono state comunicate le date dei raduni delle Compagnie del 2025: 11 maggio Forcella di Pescosolido; 6 luglio Vallecorsa; 24 agosto Trasacco; 6 settembre Paliano; 13 settembre Rocca Sinibalda.
Messa in suffragio di Papa Francesco: l’omelia del vescovo Ambrogio

Sorelle e fratelli, ci uniamo stasera in questo luogo dedicato al papa San Sisto I durante i giornidella sua festa per pregare per papa Francesco. Negli Atti degli Apostoli, dopo la liberazione diPietro e Giovanni, la comunità di Gerusalemme rivolse al Signore la sua preghiera perché le fosseconcesso di “proclamare con tutta franchezza la sua parola, stendendo la sua mano affinché sicompissero guarigioni, segni e prodigi nel nome del suo santo servo Gesù”. Erano tempi diincertezza, di paura, di minacce a quei discepoli. Così è stato anche il tempo del pontificato diFrancesco, un tempo segnato da tanta violenza e morte, anche contro i cristiani. Eppure, proprionelle paure, nelle incertezze, nella fragilità della vita, il Signore si presenta a noi come ai suoidiscepoli con un saluto che sempre sorprende, visto il loro tradimento e abbandono nel momento deldolore: “Pace a voi”. Lo dice per ben tre volte.Sì, pace. È stata una delle parole che ha accompagnato il pontificato di Francesco. Non ha maismesso di invocare la pace, di aiutare l’umanità, là dove fosse possibile, a ritrovare la via della pace.I suoi numerosi incontri, con i grandi della terra, ma anche con i leader delle grandi religionimondiali, i suoi viaggi, hanno sempre voluto comunicare il desiderio della ricerca di pace efraternità. Infatti, la pace non è solo la fine della guerra, ma è la possibilità di vivere insieme inpienezza, in un’armonia che non esclude le differenze, frutto di un processo di dialogo e reciprocafiducia. Lo ha espresso in maniera profonda nell’enciclica Fratelli tutti, che insieme alla Laudato si’hanno collocato tutti noi e la Terra in un creato dove essere insieme come suoi abitatori, con tutte lecreature che lo popolano. “Nessuno si salva da solo”, aveva detto durante il Covid in una piazza sanPietro vuota, proprio per aiutarci a capire che, anche nella solitudine, siamo chiamati a essere partedi una vocazione alla fraternità universale. Papa Francesco era davvero un vescovo con il suopopolo e nel mondo, perché la Chiesa non è del mondo, ma vive nel mondo. Lo ha mostrato finoalla fine, quando nel giorno di Pasqua ha voluto dare la benedizione Urbi et orbi, alla città e almondo, scendendo poi per passare a salutare la gente. È stato il suo pontificato: un pastore con ilpopolo, in mezzo al popolo.Sorelle fratelli, ci ha parlato tante volte di “Chiesa in uscita” e ci ha donato l’Evangeli gaudium, ilprogramma del suo pontificato, che aveva affidato alla Chiesa in Italia all’Assemblea ecclesiale diFirenze, perché fosse oggetto di riflessione e di una “pastorale missionaria”, tesa a comunicare atutti la gioia del Vangelo. Lo dobbiamo ringraziare, perché il suo invito e il suo spirito ci hannoaiutato come diocesi in questi anni, soprattutto da Firenze in poi, a incontraci, ascoltarci, riflettere, apartire dalle sue parole e dalle Sacre Scritture, che hanno aiutato la Chiesa a comunicare la gioia delVangelo a tutti e non solo a una minoranza chiusa ed elitaria. Non è questa la Chiesa di Francesco, né quella di Cristo Signore, che è venuto perché il Vangelo fosse per tutti, non solo per chi cifrequenta abitualmente. “Io sono missione”, ci ha detto, affidando queste parole a ognuno di noi.Alcuni non si sono molto coinvolti in questo spirito, preferendo tracciare confini, percorrereitinerari personali solo per alcuni, come se il Vangelo che ci è stato affidato di nuovo dal Risortonon fosse per tutti. Ringrazio tutti coloro che con impegno generoso, passione evangelica, hannovissuto questo percorso sinodale Anche i recenti ministeri istituiti o sono parte di una Chiesamissionaria, non elitaria, di puri e giusti, oppure non daranno frutto.La Chiesa “in uscita” mette al centro le periferie, i poveri. Così l’amore per i poveri diventa parteessenziale della vita cristiana, che attinge allo sguardo misericordioso di Gesù su di loro. In unmondo in cui si respira la “globalizzazione dell’indifferenza” davanti al dolore degli altri, comedisse nella sua visita a Lesbo, ha istituito la “Giornata mondiale dei poveri”, la domenica primadella Festa di Cristo Re, per ricordarci ogni anno che nel Regno essi avranno il primo posto, comelo devono avere nelle nostre comunità. Dovreste ricordarlo ogni anno! E poi la “Domenica dellaParola”, l’altro primato, la roccia su cui fondare la nostra vita. Tutto si celebra la Domenica, il cuoreeucaristico della nostra vita, segnato dall’amore del Signore fatto dono di vita per noi. Sì, avere quiil cuore, avere un cuore, come ci ha indicato nella sua ultima enciclica Dilexit nos, Sull’amoreumano e divino del Cuore di Gesù. Sorelle e fratelli, Nel cuore di ogni donna e ogni uomo esiste ladomanda di conoscere Gesù, di incontrare il suo amore, come fu per Nicodemo, che lo cercò dinotte. C’è tanta notte nel mondo. Non è solo la notte delle guerre e della violenza, che benconosciamo anche in questa terra, ma è la notte della solitudine, della sofferenza, dellosmarrimento. È la notte dei tanti egoismi, dei tanti “io” pieni di arroganza e prepotenza, cheripetono “prima io”, dimentichi che siamo chiamati ad essere un “noi”, perché solo così si vivefelici e si rende vivibile il mondo. Ricordiamocelo anche per le nostre comunità e per il nostroessere servi, e non padroni sicuri di se stessi, che vivono secondo schemi e abitudini immutabili.Nicodemo capì che doveva cambiare se stesso, nascere di nuovo, e che ciò sarebbe stato possibileascoltando lo Spirito di Dio.Sorelle e fratelli, mentre affidiamo papa Francesco alla gioia della Liturgia del cielo, chiediamo alui di pregare per noi, lui che ci ha donato il Giubileo della speranza, perché in un mondo segnatodalla violenza, sappiamo guardare le ferite del corpo di Gesù nelle tante ferite dei poveri, degliscartati, degli ultimi, per dare speranza con il servizio amorevole, la solidarietà, l’amicizia.Guardando e toccando le ferite di Gesù, come fu chiesto all’apostolo Tommaso, nelle ferite deisofferenti della terra, saremo il popolo di Gesù, annunciando a tutti la vita del risorto e vivendo conamore reciproco la gioia del Vangelo. (Alatri, Concattedrale San Paolo, lunedì 28 aprile 2025)