«La famiglia luogo di relazione e generazione»: il vescovo Ambrogio alla Giornata della Cultura Ebraica

La «piccola anima ebraica» – come l’ha definita l’organizzatore Pino Pelloni – dell’allora Anticoli di Campagna, oggi Fiuggi, poi venuta alla luce grazie soprattutto alla copiosa documentazione raccolta in tre scatoloni dal compianto don Celestino Ludovici, ha fatto da sfondo alla XXV Giornata Europea della Cultura Ebraica che la città termale, nella “sala bomboniera” del suo teatro comunale, ha accolto domenica 15 settembre, con il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, ospite della tavola rotonda, su invito della Fondazione Giuseppe Levi Pelloni. Sul tema “La famiglia” si sono succeduti gli interventi di Felice Vinci, che ha parlato su “La famiglia nel mondo classico e nel mito”, della storica dell’arte Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana, che ha inviato un contributo corredato da varie immagini su “ La famiglia nell’iconografia ebraico-cristiana”, e dello stesso Pino Pelloni su “La famiglia ebraica tra storia e tradizione”. Come premessa al suo intervento, il vescovo Spreafico ha ricordato l’antica e consolidata amicizia con tanti Rabbini, oltremodo cementata dalle iniziative della Comunità di Sant’Egidio e dalla partecipazione al ciclo degli “Incontri Ebraico-Cristiani” di cui ora si sta varando la terza edizione. «Anche questa mia storia personale di amicizie, al di là delle differenze – ha quindi argomentato Spreafico – sta a dimostrare che in questo mondo o costruiamo delle relazioni oppure non andiamo da nessuna parte». Sullo specifico del tema della famiglia, il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino ha ricordato come «Dio creò il maschio e la femmina e solo l’uomo e la donna sono a immagine di Dio, sullo stesso livello, senza sottomissioni di alcun genere, anche se pure noi cristiani talvolta ce ne dimentichiamo». Spreafico ha quindi fatto riferimento alla Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco che tratta per l’appunto dell’amore nella famiglia, un testo fondamentale per riproporre l’istituto familiare all’attenzione della stessa Chiesa cattolica, insieme all’apertura del “Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II” presso la Lateranense, «per offrire una riflessione più articolata sul tema della famiglia, che tenga conto anche della modernità. Il dettato di papa Francesco è molto chiaro: ripensare la famiglia come luogo di relazione e generazione, in continuità con la storia. Ma nel mondo di oggi, siamo capaci di questa relazione? Siamo capaci di spegnere il cellulare a tavola per ascoltare l’altro membro della famiglia? E’ necessario ritrovare una paternità e una maternità che portino poi a far sì che ci sia anche un processo educativo. Oggi dobbiamo di nuovo provare a capire cosa vuol dire che la famiglia è il luogo dell’amore che nasce da una relazione, mentre ci siamo abituati ad accettare che non sia così. Occorre un ripensamento dell’istituto della famiglia, che sia da esempio in questa società “spappolata”, in cui ci sono poche relazioni e dove andiamo sempre di fretta e non ci fermiamo mai ad ascoltare l’altro. Ma come si fa a vivere in un mondo così? In un mondo dove ognuno tira l’acqua dalla sua parte?». Spreafico ha quindi invitato a «riscoprire il senso dell’essere famiglia, che costruisce relazioni e permette la convivenza tra diversi. Continuiamo invece a costruire identità contro gli altri, senza capire che l’altro ci è necessario. Se l’istituto della famiglia viene meno, è davvero un grande problema, e spesso lo noto in alcuni giovani che sembrano un po’ “imbambolati” e questo perché probabilmente manca qualcosa nelle relazioni di famiglia. Ecco perché papa Francesco ci ricorda che la forza della famiglia è anche un modello per l’umanità. Questa è una riflessione che va fatta per aiutare la famiglia a rendersi consapevole del valore di cui è portatrice nel mondo e a vivere nella storia. Perché se non vivi nella storia, poi sarà la storia che ti cambia», si è avviato a chiudere il suo intervento monsignor Spreafico. di Igor Traboni (nella foto, monsignor Spreafico tra i relatori e gli organizzatori della tavola rotonda, con il dono ricevuto da questi ultimi)

Anagni: l’omelia del vescovo Ambrogio per la festa di San Magno

San Magno (Anagni 2024)Sapienza 3,1-9; Giacomo 1,2-4.12; Matteo 10,28-33 Sorelle e fratelli, ogni anno ci ritroviamo per celebrare la festa del patrono di questa nostracittà, San Magno, vescovo e martire. Ci potremmo chiedere: perché trovarsi qui insiemeattorno all’altare per ascoltare la Parola di Dio e ricevere il pane di vita eterna, l’Eucaristia?Non basterebbe limitarci a quelle manifestazioni tradizionali a cui partecipano sempre in tantie che pur hanno il loro valore? Cari amici, dovremmo ricordare sempre che se si perdel’origine e il senso delle nostre feste, alla fine non resterà nulla di duraturo e di vero. Questovale anche nelle memorie che conserviamo della storia. Se celebri una donna o un uomo, manon conosci il valore di quanto hanno detto e fatto, a che serve? La memoria, se non aiuta acapire il mondo in cui siamo e a cambiarlo, come ha fatto nel suo tempo la persona che siricorda, rimane qualcosa di superficiale e anche inutile.Noi siamo in un mondo dallo sguardo corto, con scarsa visione del futuro, un mondo chepensa ad arraffare il più possibile quello che trova oggi. Così si pensa spesso al propriointeresse o a quello dei propri sodali, mentre poco si investe sul bene di tutti, e soprattuttopoco si ragiona con uno sguardo lungo. Così il mondo si popola di egoismi, di solitudini, diaffaristi, di violenza e di guerre. I santi, in modi diversi, hanno scelto di essere custodi e servidel bene. Ascoltatori non di sé stessi, ma del Vangelo, hanno lottato per il bene, hanno diffusoamore, hanno difeso i poveri, si sono opposti alle ingiustizie. Erano certi che Dio li avrebbesostenuti, accompagnati, e si sono affidati a lui. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo,sapevano che per il Signore la loro vita era preziosa. Sì, sorelle e fratelli, anche noi siamopreziosi agli occhi di Dio. Lui conta su di noi, su ognuno di noi. Sa che, pur nella fatica e nellepaure della nostra vita, tutti desideriamo il bene, vorremmo vivere insieme in pace. Lasolidarietà che molti cercano di vivere anche in questa città e in questa terra, benedetta dauna lunga storia di fede e di una cultura radicata nella fede è un segno di questo desiderio. Labellezza della nostra cattedrale ne è un esempio fra tanti. Essa custodisce una lunga storia difede, che è diventata cultura anche in tempi difficili e che oggi ci deve guidare a cercaresempre il bene.San Magno, vescovo e martire, vorrebbe che tutti fossimo donne e uomini che si prendonocura degli altri, che sanno comunicare lo spirito del Vangelo con la parola, l’esempio, l’amoreper tutti, a partire da chi soffre ed è escluso. Tutti hanno bisogno di amore! Ma non aspettiamosempre di riceverlo, non pretendiamo che siano gli altri a darcelo. Vuoi essere felice? Impara a dare amore, attenzione, impara a prenderti cura di qualcuno, un anziano, una persona che habisogno di essere semplicemente ascoltata, considerata, un ragazzo o un giovane che nonparla con nessuno, perché sta solo sui social e si isola, e molti altri che stanno attorno a te. Noisiamo qui per questo. Nessuno è al centro, nessuno pretende; solo il Signore è il centro, e perquesto noi possiamo essere sorelle e fratelli, parte di un popolo, una comunità che si trova congli altri, senza prepotenza, con amicizia. Durante la Santa Messa ascoltiamo, preghiamo,cantiamo (sempre una preziosa corale la vostra!), ci scambiamo il segno della pace, cinutriamo del pane dell’Eucaristia, il cibo che nutre il nostro animo. Tutti e ciascuno nella suaparticolarità è amato da Dio. Questa dovrebbe essere la nostra vita ogni giorno, comel’Eucaristia che celebriamo. Certo, sarebbe necessario esserci almeno la Domenica, il giornodel Signore, così da vivere lo spirito che qui ricevi attorno al Signore con i fratelli e le sorelle,con questo popolo con cui condividi la tua vita. È questo amore generato dalla fede che creauna cultura umana e fraterna.Poi cammineremo insieme con lo stesso passo, per le vie di questa bella città, tempopermettendo. San Magno ci accompagna, e pensiamo che con il suo passaggio entri in ognicasa e possa essere di benedizione e aiuto per tutti per renderci custodi dell’amore e dellapace dono di Dio. Quanto bisogno abbiamo di pace in un mondo bellicoso, poco capace disognare e costruire la pace, rassegnato alla guerra come se fosse parte normale della storia,mentre è solo frutto di chi cede alla forza del male e a quell’odio che quando si insinua nelcuore ne diventa padrone. “Beato l’uomo che resite alla tentazione”, abbiamo ascoltato nellalettera di Giacomo. Ognuno ha tanti sentimenti, pulsioni, passioni dentro di sé. A volte si cedee si diventa aggressivi, prepotenti, violenti. Anche la nostra città e questa terra non è esenteda parole e gesti di violenza. Non possiamo condividerli e non possiamo sempre stare aguardare, come se non riguardassero anche noi. Come non possiamo far finta di nientedavanti allo scempio di questo territorio non solo del passato, ma di oggi. Penso ad esempio aquanti incendi stanno distruggendo un patrimonio che ci vorranno anni per ricostruirlo. Sivergognino coloro che lo provocano e ricordatevi che l’omertà e il silenzio sono complicità! Eche dire della piaga del caporalato, che percorre il nostro Paese da nord a sud e che risvegliala nostra coscienza solo quando muore qualcuno? Non possiamo accettare tutto questo!Sorelle e fratelli, San Magno risvegli in noi il desiderio del bene, la scelta per la pace e laconvivenza pacifica e fraterna. San Magno non era nato qui, ma qui portò lo spirito fraterno ebenefico della parola di Gesù. La sua memoria sia di aiuto e di sostegno per tutti noi, proteggai piccoli e i giovani dalle false illusioni, sorregga gli anziani e i malati nella fragilità, sia seme disaggezza per chiunque ha una responsabilità nella società e nella Chiesa, ci renda segno diquella famiglia umana di fratelli e sorelle, di cui il mondo ha bisogno. Custodiamo la suamemoria come una testimonianza preziosa per la nostra vita e come un segno dell’amore diDio per noi, per questa terra e per questa bella città. Amen!

Il Vescovo Ambrogio scrive alla diocesi e ricorda anche i prossimi appuntamenti pastorali

Carissimi, vorrei farmi vicino a ognuno di voi, sorelle e fratelli, all’inizio di questo mese di agosto, in cui, oltre al necessario riposo di cui ognuno deve usufruire, ci accompagneranno le feste che rendono partecipi tanti delle nostre comunità, compresi i nostri emigrati che tornano a condividere con i loro parenti e concittadini il legame con questa bella terra della loro origine. Anzitutto vorrei esprimere la mia vicinanza a tutti voi, esortandovi a non lasciarvi prendere dall’abitudine e da quel triste pessimismo che sembra convincerci che ci dobbiamo accontentare di quello che siamo e di ciò che riusciamo a fare, con l’idea di trovarci in un tempo di declino e che quindi l’importante è mantenere almeno ciò che abbiamo costruito e per cui fatichiamo. Ma, come voi sapete, chi vive solo per difendere ciò che ha senza una visione e un pensiero per il futuro, finirà per perdere anche quanto gli è rimasto. Questa è una costatazione valida per ogni realtà civile e umana, quindi anche per la Chiesa e le nostre comunità. Ancor più questo modo di pensare non può essere accettabile per persone il cui fondamento del vivere viene dalla fede e che si apprestano a celebrare il giubileo, la cui parola guida è la speranza. Certo non si può negare che i tempi sono difficili, ma la Chiesa ha sempre fatto i conti con le difficoltà dei tempi in cui si è trovata a vivere. La Parola di Dio e la fraternità attorno alla tavola del Pane di vita eterna l’hanno sempre aiutata ad essere profeta nella storia e a vivere con passione e pazienza l’annuncio del Vangelo. Oggi c’è tanta gente che soffre e si chiude nel proprio piccolo mondo, rinunciando a costruire un mondo fraterno e pacifico. Poi tanta gente soffre vicino e lontano da noi. Penso ai molti anziani soli, malati o negli istituti. Chiedo a voi e alle nostre comunità di visitarli, di aiutarli, facendogli sentire la nostra vicinanza e il nostro affetto. Se il caldo eccessivo stressa noi, figuratevi loro, costretti a stare a casa per evitare pericoli per la salute. Vorrei ricordarvi alcuni appuntamenti e impegni: Vi saluto con amicizia e gratitudine, mentre vi chiedo di rimanere uniti nella preghiera, perché possiamo costruire nelle nostre comunità un clima di armonia e fraternità, evitando inutili protagonismi, che sono solo ostacolo al vivere insieme. Ogni incarico è servizio da compiere con umiltà, perché solo così darà frutto. Vi saluto con amicizia      †  Ambrogio Spreafico     

Il vescovo Ambrogio: «Gli incendi fenomeno vergognoso e grave»

Carissimi,ogni anno anche nel nostro territorio, come altrove nel nostro Paese, si continuano a provocare incendi che non solo distruggono il nostro patrimonio agricolo e boschivo, ma che talvolta raggiungono anche le abitazioni, mettendo in pericolo la vita della gente. E’ un fenomeno vergognoso e grave, spesso sottovalutato nel sentire comune. Da Amaseno fino a Fumone, come altrove, si reagisce in maniera rassegnata o fatalista: “Succede”! Ragionando così, tuttavia, si rischia di essere involontariamente complici nella distruzione di questo territorio così bello, che è già in affanno per il ben noto inquinamento della terra, delle acque e dell’aria. Insieme, credenti e persone di buona volontà, facciamo parte di quel creato che, come scrive l’Apostolo Paolo, «geme e soffre» a causa di continui attacchi da parte dell’essere umano (cf. Rm 8,20). Siamo discepoli del Signore Gesù, che, non a caso, ha voluto parlare alle folle in luoghi incontaminati, godendo della bellezza di prati verdeggianti, di laghi e di monti ricoperti dai boschi, per entrare in comunione con Dio. Possiamo vincere quel senso di impotenza di fronte ai roghi impegnandoci tutti ad essere custodi e pastori del creato. Spero, pertanto, che si possano individuare e fermare le persone che, accidentalmente o per scelta, innescano questi terribili incendi. Mi permetto di chiedere a tutti di vigilare e, soprattutto, di non rendersi complici in molti modi,anche con l’omertà, di tali atti. Sono vicino a coloro che hanno subito danni e alle forze dell’ordine, soprattutto al Corpo dei Vigili del Fuoco, che si prodiga con generosità perché le fiamme siano domate e perché non ci siano ulteriori vittime o danni.Il vescovo Ambrogio

Il nuovo libro del vescovo Ambrogio: Cristo è nei poveri, cerchiamolo con un cuore attento

I poveri ci evangelizzano, ci permettono, cioè, di incontrare il Signore, perché ci fanno uscire da noi stessi; in qualche modo, ci costringono a chinarci su di loro, sui loro bisogni, e a stabilire con essi una relazione, come fece Gesù: in queste righe dalle prime pagine c’è gran parte della sintesi del nuovo libro del vescovo Ambrogio Spreafico, dal titolo “Cerchiamo Cristo nei poveri”, appena uscito per i tipi della Velar Editrice.In poco meno di 50, dense pagine, monsignor Spreafico restituisce e fa comprendere il senso, la dignità, il valore dell’incontro con quei poveri che abbiamo sempre accanto, anche se spesso ci voltiamo dall’altra parte. E ogni pagina è una scoperta, anche con rimandi alle Scritture che il vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, da fine biblista qual è, offre al lettore, come ulteriore passepartout per entrare nel mondo dei poveri.“Chi mantiene un legame con i poveri, anche nei momenti confusi – scrive tra l’altro Spreafico in uno dei passaggi più intensi del libro – non perde la strada dell’umanità e non perde la strada di Dio.I poveri sono bussole sicure della cultura dell’umano e una porta verso la fede nel Dio di Gesù Cristo, che con loro si è identificato”.E, sempre a proposito di passaggi forti del libro, di parole che lasciano il segno in chi legge, colpisce il paragrafo dal titolo “Chi è il mio prossimo: l’universalità dell’amore cristiano”, laddove Spreafico cesella un’affermazione di assoluta efficacia: l’attenzione del cuore. Scrivendo così: “Oggi spesso manca il cuore, l’attenzione del cuore. La fretta, gli impegni, l’abitudine ci costringono ad una vita in cui non c’è spazio per l’attenzione del cuore. Si fugge il dolore, si scansa ed emargina chi è debole, perché fermarsi è un impegno di amore, si marginalizzano gli anziani togliendoli dai loro contesti”. Eppure Gesù ci indica con nettezza chi è il nostro prossimo, in quel buon samaritano che ha avuto compassione. Quella compassione, scrive ancora il vescovo, che “fa fermare, cambiare strada, avvicinare, scoprire, prendersi cura”. Il libro offre anche quelle che potremmo definire indicazioni pastorali, ad esempio con l’invito a proporre ai ragazzi e ai giovani – cosa che peraltro Spreafico ha indicato ai parroci di fare almeno una volta al mese nel catechismo – dei percorsi concreti di incontro con i poveri, per farli diventare amici e parte delle nostre comunità.di Igor Traboni Altre pubblicazioni di Mons. Spreafico

Il Vescovo ha istituito la Fondazione Caritas e Sviluppo Umano Integrale delle due diocesi

Con Decreto vescovile n. 11/2024 del 1° giugno 2024 il Vescovo Ambrogio Spreafico ha istituito la Fondazione Caritas e Sviluppo Umano Integrale delle Diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino. Monsignor Spreafico il 22 luglio scorso ha quindi nominato anche i membri del Consiglio Direttivo della Fondazione Caritas e Sviluppo Umano Integrale delle Diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino (Decreto Vescovile Prot. N.15/2024): don Luigi BATTISTI (diocesi Anagni-Alatri), prof. Giovanni GUGLIELMI, (diocesi Frosinone-Veroli-Ferentino), don Guido (Secontino) MANGIAPELO (Frosinone-Veroli-Ferentino), dott.ssa Annarita PICA (Anagni-Alatri), diacono Fiorenzo PICCIRILLI (Frosinone-Veroli-Ferentino). Sono stati altresì affidati gli incarichi di Presidente del Consiglio Direttivo e di Legale Rappresentante al prof. Giovanni Guglielmi e di Vice presidente a don Luigi Battisti. 

Il Vescovo alla Santissima: «Anche noi possiamo essere “grandi” perché servi nell’amore»

Anche il vescovo Ambrogio Spreafico tra i primi pellegrini a tornare al santuario diocesano della Santissima Trinità di Vallepietra, dopo l’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza a seguito del ferimento nel maggio scorso di un giovane fedele colpito da un masso staccatosi dalla montagna. Il vescovo ha celebrato Messa giovedì 25 luglio, a 24 ore dalla riapertura del luogo sacro, nel giorno della festa liturgica di San Giacomo e alla vigilia di quella di Sant’Anna, particolarmente venerata dai fedeli che salgono alla Santissima.«Siamo molto contenti di essere tornati qui – ha detto Spreafico all’inizio della Messa – e ringraziamo il Signore che ci aiuta a ritrovare il senso della comunità attorno all’altare della mensa eucaristica».Nel corso dell’omelia, il vescovo di Anagni-Alatri, prendendo spunto dal Vangelo del giorno, ha ricordato come «oggi ci sono tanti dominatori nel mondo, da quelli che conosciamo ai piccoli prepotenti che magari sfruttano gli altri con la piaga del caporalato e ce ne accorgiamo solo quando ci sono fatti di cronaca, che assoggettano i giovani con lo spaccio di droga. E qualche volta anche nelle nostre comunità possono esserci delle persone che pensano di avere dei piccoli poteri. Ma non è questa la vita dei discepoli di Gesù, che ci ricorda invece che chi vuole essere grande deve farsi servo. Ecco, Gesù ci dice che bisogna essere “grandi” ma per realizzarci nell’umanità, non per essere prepotenti. Servo è colui che ascolta il Figlio di Dio che ci vuole far crescere nella nostra umanità, come sorelle e fratelli». E invece, ha aggiunto Spreafico, il mondo sembra andare in tutt’altra direzione: «Oggi c’è poco rispetto degli altri, siamo sempre lì pronti a giudicare, a parlar male, a scrivere male degli altri. Ma il vero servo è colui che si accorge del bisogno dell’altro e si mette a disposizione, senza pretendere niente. E’ colui che lava i piedi come ha fatto Gesù, chinatosi su di noi e che tutti ci conosce per nome, sa delle nostre fatiche, dei dolori, ma anche delle attese, delle speranze. Gesù ci dice che la nostra grandezza è quella di metterci a servizio e questo può renderci felici», ha aggiunto il vescovo, ricordando quindi la figura del buon samaritano «che ebbe compassione e si fermò, anche se aveva da fare. Invece noi oggi abbiamo sempre fretta, abbiamo sempre qualcosa da fare. Ma se vedete una persona triste, sola, fermatevi: questo guarisce anche il nostro egoismo e ci aiuta a farci “grandi” perché servi».Il vescovo Spreafico è quindi tornato sulla riapertura del santuario della Santissima Trinità, ringraziando tutti colori che si sono adoperati per la messa in sicurezza come ha fatto poi anche il rettore monsignor Alberto Ponzi, rivolgendo un invito ai fedeli: «E’ bello essere qui, passare davanti alla bella immagine della Santissima Trinità che ci guarda negli occhi, ma facciamoci davvero guardare, usciamo da quella cappellina diversi, perché in quegli occhi c’è lo sguardo di Dio che ci dice: anche tu devi cambiare, puoi farti servo e per questo grande, un uomo vero che realizza se stesso nell’amore e nella condivisione». Il vescovo ha poi tratteggiato la figura di sant’Anna, rifacendosi alla sua tenera maternità: «Ci ha donato la madre del figlio di Dio e noi tutti, anche noi uomini, dobbiamo imparare ad essere un po’ madri, ad amare come amano le madri, perché l’amore è pazienza e se invece fai il prepotente non ottieni niente. Sant’Anna ci protegga perché anche noi possiamo essere “madri” di tanti e possiamo aiutare i nostri giovani a costruire un mondo più fraterno». Al termine della celebrazione il vescovo ha quindi ricordato il suo recente breve viaggio a Gerusalemme, sottolineando il dolore e la sofferenza incontrati e invitando tutti a pregare per la pace «magari al mattino appena svegli: un segno di croce e una preghiera per la pace: Sant’Anna, che veniva proprio da quella terra, ne sarebbe contenta». La Messa è stata celebrata nella chiesa sotterranea al coperto, stante il divieto, sempre per quei motivi di sicurezza che tutti i fedeli sono tenuti a rispettare, di sostare in alcune aree all’aperto del santuario. di Igor Traboni

Il nuovo libro del vescovo Ambrogio: “Cerchiamo Cristo nei poveri”

È stato pubblicato, per le Edizioni Velar, il nuovo libro del vescovo Ambrogio Spreafico, dal titolo: “Cerchiamo Cristo nei poveri”. Ecco la nota editoriale che accompagna l’uscita del libro: Secondo l’Autore del libro, mons. Spreafico, Vescovo di Anagni-Alatri e Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, i poveri ci evangelizzano, ci permettono, cioè, di incontrare il Signore, perché ci fanno uscire da noi stessi; in qualche modo, ci costringono a chinarci su di loro, sui loro bisogni, e a stabilire con essi una relazione, come fece Gesù. In questo senso scopriamo il significato vero della carità, che è molto di più che solidarietà e assistenza. I poveri non sono soltanto i destinatari della nostra bontà, ma sono un luogo teologico della presenza di Gesù e ci aprono le porte all’incontro con lui. Si tratta, dunque, di uscire dall’idea di dover solo assistere, ma di passare, come Gesù, lungo le strade e i luoghi di vita, per incontrare, avvicinarsi, ascoltare, stabilire una relazione che provoca guarigione, perdono, vince l’isolamento e l’esclusione, include. Mediante l’amore per i poveri si partecipa concretamente alla costruzione del Regno di Dio. Altre pubblicazioni di Mons. Spreafico

Il 24 luglio riapre il santuario della Santissima. Il 25 luglio la Messa del Vescovo

Mercoledì 24 luglio il santuario diocesano della Santissima Trinità di Vallepietra riapre ai fedeli, dopo l’esecuzione dei lavori (nella foto) per la messa in sicurezza, a seguito dell’incidente del 25 maggio scorso, quando un sasso staccatosi dalla montagna sovrastante colpì al capo un giovane pellegrino di Olevano Romano, le cui condizioni sono poi comunque andate progressivamente migliorando. Il giorno successivo, giovedì 25, al santuario salirà il vescovo Ambrogio Spreafico, per celebrare Messa alle 17, nel giorno della ricorrenza di sant’Anna, la madre di Maria la cui devozione popolare è fortemente legata per l’appunto anche a quella della Santissima.La notizia della riapertura, tanto attesa dai fedeli non solo della Ciociaria, ma anche delle province e regioni limitrofe, è stata comunicata ufficialmente dal rettore del santuario, monsignor Alberto Ponzi, con questa nota: “Carissimi pellegrini, siamo qui a comunicarvi che mercoledì 24 luglio riaprirà il nostro amato santuario. Chiedo a voi pellegrini e devoti di adeguarvi alle indicazioni che vi saranno date all’arrivo al santuario. L’ ingresso al santuario sarà possibile solo attraverso un camminamento coperto, realizzato a partire dal candelabro fino all’ ingresso del tunnel che porta alla chiesa San Giovanni Paolo II. Tutto questo è stato possibile grazie allo sforzo del santuario e del comune di Vallepietra, per permettere ai pellegrini di tornare a visitare e venerare l’immagine della Santissima Trinità”.Per mettere in sicurezza l’area del santuario, infatti, sono stati eseguiti dei lavori di somma urgenza, così illustrati dal comune di Vallepietra, in un’altra nota ufficiale del neo sindaco Daniele Mioni in cui si legge tra l’altro: “Nei primi 30 giorni di mandato ci siamo occupati esclusivamente sul progetto di messa in sicurezza del Santuario, abbiamo presentato e ci siamo fatti approvare un progetto in regione in tempi record, grazie al tempestivo intervento del consigliere regionale Flavio Cera e dell’assessore al bilancio Giancarlo Righini. Nel frattempo che si compirà la gara per i lavori regionali, abbiamo però pensato di abbreviare ulteriormente i tempi creando un progetto-specchio di quello presentato in Regione, questa volta affittando le strutture”.Ed ecco dunque realizzato questo camminamento coperto che consentirà ai fedeli e ai visitatori di raggiungere il santuario in sicurezza. Il percorso obbligato così delineato, ci tiene a sottolineare don Alberto Ponzi, va assolutamente rispettato e non si può uscire o deviare dallo stesso, per motivi di sicurezza. Tornando al giorno di riapertura, verrà celebrata come da consuetudine nei feriali una Messa al mattino, alle 10.30. Il giorno dopo, giovedì 25, ci saranno Messe ogni ora al mattino, dalle 8 alle 12, mentre quella pomeridiana è prevista per le 17, celebrata per l’appunto dal vescovo Spreafico, cui però quest’anno non seguirà la processione. Come sempre, saranno disponibili dei sacerdoti per le confessioni.Eventuali variazioni di orario, per motivi logistici, verranno comunicate attraverso i social della diocesi e del santuario. di Igor Traboni

Inaugurati a Fumone i locali per l’attività pastorale e la canonica

Sono stati inaugurati, nel pomeriggio di mercoledì 11 luglio, la casa canonica e i locali per l’attività pastorale delle parrocchie di Fumone, in località Pozzi, presso la parrocchia San Pietro Celestino V e San Paolo VI. La struttura, costruita ex novo con i fondi Cei dell’8xMille, viene inaugurata ad un anno dalla cerimonia della posa della prima pietra. La celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo Monsignor Ambrogio Spreafico,con concelebranti il parroco don Roberto Martufi, il vicario generale della diocesi mons. Alberto Ponzi, mons. Claudio Pietrobono, don Antonio da Padova -sacerdote del Ruanda in servizio nella nostra Diocesi- e dal diacono Vincenzo Pesoli, ha visto la grande partecipazione della comunità di Fumone e proprio nell’omelia il Vescovo ha ricordato come questi nuovi locali possano diventare vivi proprio attraverso le persone, sottolineando l’importanza di fare le cose insieme, perché solo così si può costruire qualcosa di bello e crescere in un cammino di fede e comunione fraterna. Dopo la celebrazione eucaristica sono stati inaugurati, con la benedizione da parte del Vescovo Spreafico e il consueto taglio del nastro, i nuovi locali pastorali. I ringraziamenti del parroco vanno a tutti coloro che si sono impegnati nella realizzazione del centro, a partire dalla Ditta Paolo Costantini che ha consegnato i lavori nei tempi prestabiliti, l’Ufficio dei Beni culturali e l’edilizia di Culto della diocesi che ha portato avanti le pratiche del progetto, e tutti coloro che in ogni ruolo si sono messi a disposizione per la pulizia e la sistemazione dei locali. Don Roberto Martufi ha ricordato, poi, come questa struttura sia stata progettata e sognata come punto di incontro e ritrovo per le attività pastorali della comunità. Il sindaco di Fumone Matteo Campoli dal canto suo ha ringraziato il Parroco per le belle parole e l’impegno costante e il Vescovo per aver permesso la costruzione del complesso, facendo omaggio di una targa con il nome della struttura “Centro Pastorale San Paolo VI”. Il Vescovo e il Parroco hanno infine ricordato, prima della benedizione, l’importanza dei fondi Cei dell’8xMille alla Chiesa Cattolica italiana, perché è proprio grazie ad essi che si possono realizzare strutture come questa, ovvero un centro parrocchiale che servirà come luogo di aggregazione per le attività della parrocchia. Il pomeriggio si è concluso con un momento di agape fraterna. di Chiara Campoli