XXV Domenica T.O. (anno A)

Isaia 55,6-9; Filippesi  1,20c-24.27°; Matteo 20,1-16

Care sorelle e cari fratelli,

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concludiamo nella nostra Cattedrale l’Assemblea Diocesana che ci ha visto riuniti in questi due giorni. Essere insieme come sorelle e fratelli ci fa gustare la gioia e la bellezza di essere Chiesa, un unico popolo, comunità di comunità, che non vivono per se stessi o nelle cerchia delle proprie abituali frequentazioni, ma che accettano di condividere la loro vita e la loro fede in maniera larga, in una famiglia senza confini ed esclusioni. La tentazione quotidiana infatti è sempre e ovunque quella di costruirsi un mondo a propria immagine o a immagine delle certezze che ognuno di noi si è fatto nel tempo. Ma i tempi cambiano e la Parola di Dio ci chiede di vivere la nostra fede nel tempo in cui siamo accettando di cambiare noi stessi, rispondendo ai segni dei tempi che riusciamo a vedere e a capire, come abbiamo cercato di fare ieri nel nostro dialogare.

Il Signore viene di nuovo in mezzo a noi, come fece secondo la parabola, alla ricerca di operai per la sua vigna. Spende tutta una giornata a cercare operai. Dio è instancabile. Ha bisogno di donne e uomini che accolgano la sua chiamata per lavorare per lui e con lui. Così è avvenuto anche nella nostra vigna. Quegli operai sono gente comune, non persone speciali né qualcuno che riceve una chiamata particolare, come possono essere nella Chiesa i sacerdoti o i consacrati e le consacrate. Quindi si parla di noi tutti. Ognuno riceve la chiamata a lavorare nella vigna del Signore, senza esclusioni. Alla fine del giorno trova pure persone a cui nessuno aveva proposto un lavoro, un impegno. Quante gente vive attorno a noi, a cui noi non abbiamo forse mai parlato, a cui non abbiamo mai rivolto l’invito a lavorare con noi nella vigna del Signore. A volte ormai li abbiamo del tutto dimenticati. Pensiamo che non siano interessati! Ma tu ci hai mai parlato, li hai mai ascoltati o solo giudicati ed esclusi? La parabola sottolinea che il Signore non fa neppure distinzione tra chi è arrivato fin dalla prima ora e chi è arrivato al termine della giornata. Questo, cari amici, ci mette tutti alla pari e ci libera dai soliti e abituali giudizi con cui guardiamo gli altri e li giudichiamo secondo i nostri criteri e le nostre preferenze e simpatie, escludendo e includendo come ci piace.

L’atteggiamento di quel padrone sorprende, soprattutto quando dà la stessa paga al primo e all’ultimo arrivato. Eppure, non avevano lavorato le stesse ore. Non avremmo anche noi mormorato e considerata quella decisione ingiusta come fecero i primi arrivati? Non mormoriamo anche noi quando cominciamo a fare confronti all’interno delle nostre comunità o della vita quotidiana, pretendendo di avere di più, di essere considerati di più rispetto ad altri, che forse giudichiamo meno generosi e impegnati di noi? Cari amici, il Signore vuole affermare qualcosa di essenziale per tutti, indipendentemente da chi siamo e dal nostro impegno o dal nostro ruolo: ciò che ricevi nella vigna del Signore, nella tua comunità o altrove, è sempre segno della bontà gratuita e della misericordia di Dio. È la grazia che riceviamo ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio e la viviamo. È questa l’unica ricompensa che rende felici, perché ci fa gustare l’amore di Dio, fa vivere, fa crescere, fa vivere insieme come sorelle e fratelli, senza continui confronti e giudizi come avviene spesso anche nelle nostre comunità.

Ci potremmo però chiedere: che significa essere operai della vigna? Qual è il nostro lavoro? Che cosa possiamo proporre agli altri? Nel capitolo decimo del Vangelo di Luca Gesù chiamò altri 72 discepoli e li mandò due a due in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Erano misti. Gente normale. Disse loro: “pregate … andate” senza portare troppe cose con voi per non appesantirvi …e “dite” in ogni casa: “Pace a questa casa”. Ecco, cari amici, il lavoro degli operai della vigna: dire pace, essere operai di pace in questo tempo violento e diviso, litigioso e arrogante. Sì, ci manda come “agnelli in mezzo ai lupi”, cioè miti in mezzo alla violenza e alla prepotenza. Ma gli agnelli hanno la forza della Parola di Dio, del Vangelo della pace, dell’amore di Dio e della loro fraternità. Infatti non li mandò da soli, ma due a due, per sostenersi e aiutarsi. Però “la messe è molta, ma gli operai sono pochi”. Non dovremmo allora, come quel padrone della vigna, cercare operai di pace per la vigna del Signore?

Allora cerchiamo il Signore nella sua Parola, come ci ha detto il profeta: “Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino. …Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri e le vostre vie non sono le mie”. Cari fratelli e sorelle, questo è il tempo in cui cercare il Signore, anzi forse è il tempo in cui farci trovare da lui, che sempre cerca operai per la sua vigna, senza nasconderci dietro noi stessi, le nostre abitudini o i nostri ruoli. Lasciamoci trovare da lui, ascoltando con il cuore la sua parola perché rinnovi la nostra umanità e le nostre comunità. Ne abbiamo bisogno in questo tempo di sofferenza, di violenza e di guerra. Affidiamo al Signore chi soffre, i piccoli e i poveri, gli anziani e i malati, i giovani e le famiglie. Preghiamo in particolare per i migranti e i rifugiati in questa giornata mondiale del migrante e del rifugiato, perché siano accolti e curati. Su tutti si riversi la benedizione di Dio e il suo amore gratuito che siamo chiamati a condividere. Sono contento di dirvi che la Caritas della nostra diocesi accoglierà a Fiuggi una famiglia di profughi provenienti dalla Siria che arriveranno a Fiumicino giovedì 28 grazie ai Corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio. Sono il segno della generosa accoglienza che già tante nostre comunità stanno vivendo verso donne e uomini che sono arrivati nel nostro Paese, da ultimi gli ucraini, per la cui terra va la nostra preghiera, perché ci sia presto la pace. Grazie per l’amore generoso e solidale che tanti vivono verso di loro. E ringraziamo il Signore per l’abbraccio amorevole con cui avvolge la nostra vita. Amen!

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