Lettera di Natale 2021
natale con i pastori:
l’arte di ascoltare e di mettersi in cammino
Alla Chiesa di Anagni-Alatri
Carissimi,
un presepe senza pastori non è un presepe. Sono personaggi fissi, obbligati, a volte presenti anche in maniera considerevole. E’ giusto allora chiedere loro un aiuto per gli auguri di Natale, dal momento che sono stati i primi invitati, i destinatari esclusivi della “lieta notizia” recapitata direttamente dagli angeli. Vivevano ai confini del mondo sociale e religioso, esclusi e “fuori” da qualsiasi realtà di un certo valore politico, sociale, economico, cultuale, spirituale e morale. Possono dire tante cose a noi, gente del terzo millennio, che vive una situazione di crisi, dovuta a tanti motivi e non solo al morso della pandemia.
I pastori erano persone non proprio favorite dalla vita, incolte e rozze, gente da cui stare alla larga e che notoriamente non sapeva distinguere bene ciò che era loro proprio da ciò che era degli altri. Erano nomadi, senza orizzonti di grosso respiro, in pessima fama presso la gente per bene. Erano soprattutto persone modeste, senza tante pretese, marginali in tutto e per tutto. Ma Dio vede in maniera capovolta rispetto a noi. I grandi, ai suoi occhi, sono “piccoli”. Gli ultimi, umanamente parlando, diventano i “primi”. Questi personaggi del presepe, allora, dal mestiere spregevole e dalla caratura umana ritenuta insignificante, ci possono prendere per mano in questo Natale e raccontarci ancora una volta di Dio che ostinatamente ritorna a dirci che ci ama prima dei nostri meriti e delle nostre risposte e viene per “entrare nel nostro cuore” illuminando i nostri passi con la luce della Sua misericordia.
Il difficile momento che viviamo
Ci avviciniamo al Natale con il passo reso pesante da mesi di incertezza, di scoraggiamento, disincanto e paura. Abbiamo attraversato giorni colmi di dolore e di grazia, di sofferenza, ma anche di creatività dovuta alla fantasia dell’amore. Possiamo prendere atto che siamo in una situazione meno drammatica rispetto ad unno fa. Ci sta raggiungendo una parola di Gesù che non ci ha mai abbandonato: “Passiamo all’altra riva” (Mc 4,35). Andiamo oltre e riprendiamo con coraggio e fiducia il nostro cammino, convinti in maniera più lucida di aver bisogno gli uni degli altri, perché facciamo tutti parte della stessa famiglia e abbiamo fame di relazioni più profonde e rigeneranti. L’amore sconfinato di Dio che non ci abbandona, la ricerca e i risultati della scienza medica e la nostra responsabilità faranno sì che la pandemia, da sepolcro, possa trasformarsi in una culla di rigenerazione e di speranza.
Natale viene soprattutto per questo. A Natale Dio viene di nuovo per rimettere mano a quel Suo capolavoro di fare dell’umanità un’unica famiglia. Dio viene ancora per dirci che ognuno di noi è la Sua casa e in ogni uomo, anche il più “lontano” dal Suo progetto, c’è un fondo di benedizione e una scintilla del Suo amore che vanno riconosciuti, portati alla luce e fatti crescere.
Il Natale accende la speranza al di là di tutte le delusioni. Vuole offrirci un terreno stabile e sicuro nel vortice dei tempi e dei cambiamenti. Vuole regalare a tutti noi la possibilità di un nuovo inizio. I pastori, allora, possono darci una mano in questo senso. Ci aiuteranno ad entrare bene nel Natale, ma anche e soprattutto ad uscirci meglio.
“Andiamo a Betlemme!”
Leggiamo prima il testo del Vangelo di Luca che li riguarda.
“C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»” (2,8-12).
Dio, attraverso l’annuncio degli angeli, inonda di luce la vita grama di questi esclusi. Essi passano dallo sgomento alla gioia. Quelli che stanno “fuori” diventano i primi invitati a celebrare una liturgia dei poveri. Lontani dalla ricchezza della Legge e non ammessi nel Tempio, vanno a contemplare il Dio fatto carne. Da nomadi sanno trovare la strada giusta, perchè hanno avuto indicazioni dall’alto. Difatti: “Appena gli angeli si furono allontanai da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (2,15-16).
A questo punto pongo a Voi e a me due domande. Perchè i pastori sono entrati in maniera così decisa nel presepe? Cosa suggerisce la loro presenza silenziosa al nostro cammino di cristiani?
Le risposte a questi interrogativi sono il più prezioso regalo al nostro Natale.
La presenza dei pastori nel presepe dimostra che Dio gradisce la vicinanza degli ultimi, di quelli che non contano, dei “nessuno” , capovolgendo i nostri giudizi e stroncando di conseguenza i nostri atteggiamenti. Dio opera le meraviglie della salvezza con “le pietre scartate”, con quelli che il compasso dei costruttori di questo mondo non trova adatti … Ci saranno queste persone nel nostro Natale?
Inoltre, i pastori possono aiutarci a non sentirci privilegiati, a non pensare in termini di monopolio esclusivo la nostra appartenenza al Regno, a non giudicare e misurare chi è vicino e chi è lontano. Il Regno di Dio è più ampio della Chiesa e i suoi confini passano per il cuore delle persone. I pastori, con la loro umiltà, ci insegnano ad intuire che c’è sempre qualcuno, magari maltrattato o trascurato, che è più vicino al Bambino di noi che, a volte, ci limitiamo a parlare, progettare …
I pastori, ancora, ci ricordano che il cuore della vita di fede è “accogliere il bambino”, cioè il diverso, l’escluso, lo straniero, il discriminato, lo squalificato. Dovremmo accostarci al Natale e al Bambino con uno stile penitenziale per i troppi “no” e le troppe chiusure, per tutte le volte che non abbiamo riconosciuto Cristo in coloro che bussano alla porta delle nostre famiglie e delle nostre comunità. Alla fine della vita – quando in quell’attimo di intensissima luce misureremo al sole di Dio la caratura evangelica della nostra esistenza – potremo prendere atto che le nostre credenziali non saranno liturgie o atti di culto, ma i gesti umanissimi e semplici con cui abbiamo dato sollievo gli altri, anche con un semplice bicchiere d’acqua.
Il regalo dei pastori, persone di ascolto e di movimento
I pastori, però, sono anche e soprattutto creature di ascolto e di movimento. Accanto ad una visione negativa, consegnataci sia dalla tradizione ebraica che da quella greca, esiste un’immagine positiva del pastore, che emerge in molte culture nelle quali lo stesso è una figura prudente e premurosa.
I pastori vegliano. Non hanno paura della notte né dei ladri o delle bestie selvatiche. I pastori vegliano e sorvegliano le pecore. Per meglio custodirle attivano i loro orecchi. Sono uomini che ascoltano. Sono l’immagine tipica di chi è aperto al nuovo e disponibile all’inatteso. Ecco perché con il loro ascolto umile e obbediente hanno potuto accogliere il messaggio inaudito dell’Incarnazione di Dio. Ecco perché in loro cresce la gioia annunciata dall’angelo e matura la decisione di muoversi per andare a Betlemme e guardare il mistero dell’Incarnazione con i loro occhi.
Ciò che i pastori ci suggeriscono con il loro movimento è, prima di tutto, la capacità di un cammino interiore nel silenzio e nella preghiera, come Maria che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Perché Dio è disceso nella carne umana e si è come nascosto; e solo gli occhi innamorati lo possono scorgere e possono assaporarne progressivamente la luminosa bellezza. Nel Natale il Signore adempie la sua promessa di bene a favore dell’umanità: “Io ho per voi progetti di pace e non di sventura per concedervi un futuro pieno di speranza” (Ger 29,11). Per vivere il senso di questo adempimento occorre esplorare tutto ciò che Dio ha voluto, preparato, annunciato e attuato per noi.
Oltre al viaggio interiore, il movimento dei pastori ci invita a disinstallarci dalle nostre sicurezze e a ritrovare il gusto di camminare per cercare e incontrare il Salvatore nella carne umiliata dall’indigenza economica, dal disprezzo per la debolezza, dall’indifferenza spietata verso coloro che non contano, dall’abitudine che anestetizza il cuore e non ci permette di capire che chi ci salva è Dio, ma attraverso “l’escluso” che attende la nostra benevolenza. Perché non c’è salvezza senza amore.
Natale è l’invito “ad abbandonare un luogo dove si esiste, ma non si vive; dove si continua a passare il tempo senza costruire, senza trovare un senso” (Lettera di Natale 2015).
Il cammino delle Chiese in Italia
Questo Natale troverà tutte le Chiese che sono in Italia in movimento. Sono chiamate a disegnare “un cammino sinodale”, un percorso che permetterà loro di essere più credibili e affidabili. Sarà importante acquisire sempre di più uno stile e una mentalità di corresponsabilità, di condivisione e di partecipazione. Protagonista è tutto il popolo di Dio. Ciò è necessario per le difficoltà del momento che viviamo a causa soprattutto della pandemia e delle crisi che ha scatenato.
Un cammino d’insieme è soprattutto richiesto dal fatto che noi cristiani apparteniamo ad un unico popolo in cui tutti sono accomunati da una uguaglianza di base e dalla medesima dignità in forza del Battesimo. Come ogni famiglia che si rispetti, ognuno deve metterci del suo per fronteggiare una situazione di difficoltà.
Occorre soprattutto sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale per recuperare una forma più evangelica del nostro essere Chiesa. E lo stile sinodale è un processo che si sviluppa secondo una grammatica che ha come momenti di spicco l’ascolto, il dialogo, il discernimento e la decisione. Si comincia con l’ascolto che permette all’altro di esprimersi, di far conoscere ciò che pensa e sogna, di entrare in uno spazio di partecipazione.
Occorre ascoltare persone, comunità, territori, ma, soprattutto, occorre ascoltare lo Spirito!
Speranze e auguri
L’arte di ascoltare e la capacità di movimento sono il regalo di Natale che i pastori ci offrono in questo 2021.
Che il Natale ci trovi più attenti all’ annuncio degli angeli che ci indirizza verso Betlemme e ci mostra la presenza di Dio negli ultimi e nella vita di tutti i giorni.
Che il Natale ci trovi meno preoccupati nella custodia del gregge delle nostre placide abitudini.
Che la nascita del Salvatore possa dare uno scossone alla vita stanca, spenta, ripetitiva e senza entusiasmo di molti di noi e di parecchie nostre comunità.
Che, soprattutto alla luce del Natale, chi si avvicina a noi possa sperimentare la bellezza preziosa e serena del nostro essere innamorati di Gesù Cristo, condividendo il pane fresco della speranza e trasformando la propria esistenza in benedizione per sé e per tutti.
A tutti Voi, soprattutto a coloro ai quali in questo momento per la dura esperienza del Calvario rimane difficile riconoscere l’Amore e la tenerezza di Dio all’opera nel mondo, con l’affetto di sempre Buon Natale!
Anagni, 12 dicembre 2021
3^ Domenica d’Avvento
+ Lorenzo, vescovo