Mezzo secolo di sacerdozio: un bellissimo traguardo che don Pierino Giacomi festeggerà domenica 15 settembre, con una celebrazione nella chiesa di San Pietro a Fiuggi, alle 18, presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico. Con don Pierino, nell’intervista che segue, ripercorriamo un po’ questi 50 anni.
Don Pierino, dove è nato? Come era composta la sua famiglia?
Sono nato il 1° settembre 1950 a Gorga. La mia famiglia era composta dai genitori, che sempre hanno rappresentato un punto di riferimento solido e sicuro. Insieme eravamo cinque fratelli e una sorellina morta dopo qualche ora di vita.
Quando è entrato in seminario? E dove ha studiato?
Sono entrato nel seminario vescovile nel 1961, dopo aver frequentato le scuole elementari nel mio paese. Ho proseguito gli studi e, dopo l’ordinazione avvenuta il 21 settembre 1974, ho trascorso i primi due anni al seminario insegnando la musica e accompagnando gli alunni nel seminario.
Dove ha fatto il prete e il parroco?
Dal 1976 sono stato parroco di Santa Teresa a Fiuggi per 7 anni, Santa Maria del Colle da sempre, poi parroco di Torre Cajetani e Trivigliano e infine a Porciano.
A quale tipo di pastorale in particolare si è dedicato?
Nella mia vita sacerdotale mi sono dedicato con passione alla pastorale giovanile, organizzando campi estivi; per le famiglie, con incontri mensili di formazione e dialogo. Ho anche promosso campi familiari; cercavo sempre di essere vicino ai malati e ai poveri. Ho fatto del mio meglio per sostenere chi è più debole e indifeso, offrendo insegnamento e supporto a chi ne aveva bisogno. Inoltre, sono stato insegnante di religione al liceo scientifico di Fiuggi e, per un periodo, responsabile dei catechisti. Queste esperienze mi hanno permesso di contribuire alla formazione spirituale e morale dei giovani, rafforzando il loro legame con la fede e la comunità.
Quali sono i ricordi più belli di questi 50 anni di sacerdozio? E, se ce ne sono stati, i momenti un po’ più tristi o faticosi?
Tra i ricordi più belli dei miei 50 anni di sacerdozio, ci sono sicuramente le celebrazioni liturgiche, le feste di Sant’ Antonio e il canto dell’agonia di Gesù. I pellegrinaggi alla Santissima Trinità hanno sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Gli incontri personali, come le confessioni, i battesimi e i matrimoni, sono stati momenti di grande significato e gioia per la mia vita sacerdotale. Inoltre, i progetti di carità e le iniziative di solidarietà con i poveri hanno rappresentato un’importante parte del mio ministero, permettendomi di vivere concretamente il messaggio di amore e servizio del Vangelo. Durante i miei 50 anni di vita sacerdotale, ho affrontato diverse difficoltà. La scomparsa dei membri della mia famiglia, in particolare di mio padre e di mio fratello Walter, è stata una prova dolorosa. Ho anche vissuto il dolore per le scomparse premature di alcuni parrocchiani, che hanno lasciato un vuoto nella comunità. Il periodo della pandemia è stato particolarmente difficile, con le celebrazioni liturgiche nelle chiese vuote e l’isolamento che ha colpito tutti noi. Nonostante queste sfide, ho cercato di rimanere vicino ai fedeli e di continuare a offrire il mio sostegno spirituale.
Perché secondo lei oggi pochi giovani scelgono la strada del sacerdozio e assistiamo ad una crisi delle vocazioni?
Secondo me, la crisi vocazionale è causata da diversi fattori. Tra questi, le famiglie separate, la mancanza di preghiera in famiglia, l’assenza di decisioni ferme e la mancanza di autorità. Inoltre, il celibato e la sottomissione alla gerarchia ecclesiastica possono scoraggiare i giovani dallo scegliere la vita sacerdotale.
Cosa direbbe invece ad un giovane per orientarlo sulla via del sacerdozio?
Affidati al Signore e, se Lui ti chiama, abbi il coraggio di lasciare tutto per seguirLo. Io sono sacerdote da 50 anni e posso dire con certezza che non mi sono mai pentito di aver scelto questa strada. Servire il Signore è stata la gioia più grande della mia vita e il mio desiderio più profondo è che tutti coloro che mi sono stati affidati possano raggiungere la gloria di Dio.
di Igor Traboni
(intervista pubblicata su Avvenire Lazio Sette di domenica 15 settembre)