Presentazione del Signore: l’omelia del vescovo Ambrogio per la Giornata della vita consacrata

2 Febbraio 2025

Presentazione del Signore: l’omelia del vescovo Ambrogio per la Giornata della vita consacrata

Sorelle e fratelli, cari consacrati e consacrate, ci ritroviamo in questa festa accompagnati dalla luce
del Signore, con cui siamo entrati in questa chiesa. Queste luci ci fanno riscoprire la luce del
Signore, come disse Simeone accogliendo Gesù: “I mie occhi hanno visto la tua salvezza, preparata
da te davanti a tutti i popolo: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Abbiamo
bisogno di luce. Il mondo ha bisogno di luce. Le guerre, la violenza, l’odio, oscurano la luce, non
fanno vedere che se stessi e nell’oscurità gli altri appaiono spesso come nemici che minacciano la
tua esistenza, quindi possibilmente da eliminare. Perciò si cresce nella paura dell’incontro,
dell’amicizia, di un dialogo pacifico. Si vive nella solitudine, scelta o imposta, come quella di tanti
anziani soli a casa o in istituto, di adulti che si ritirano in disparte, o anche di quei giovani molto sui
social e troppo poco con gli altri. Il buio crea tristezza, distanza, non fa vedere il bene, non fa
vedere l’altro come parte del tuo vivere.
È possibile vivere nella luce? Il Vangelo ci indica una risposta: imparare ad essere donne e uomini
dell’attesa, perché l’attesa è speranza, fa guardare al futuro, libera dalla prigionia del presente,
dell’oggi. Pellegrini di speranza è l’invito del Giubileo. Nei tempi difficili ognuno si deve chiedere
cosa significa essere donne e uomini di speranza. Noi siamo abitudinari, ripetiamo consuetudini,
pratiche religiose, con generosità e sacrifici portiamo avanti opere che caratterizzano il carisma di
ognuno. Non basta, sorelle e fratelli. La Parola di Dio, che è “lampada per i nostri passi, luce per il
nostro cammino”, e che è divenuta uno di noi in Gesù, ci chiede di cambiare, ci chiede un
rinnovamento, un nuovo inizio. Non basta ripetere se stessi, neppure la lunga e bella storia di un
carisma. La Parola di Dio chiede di ripensarci nella storia di questo tempo, nel buio che circonda e
soffoca la vita di tanti uomini e donne. Non ci sono risposte prefabbricate, neppure modelli uguali
per tutti. Ma ognuno, ogni comunità, ogni Congregazione, piccola o grande che sia, si deve porre
con umiltà davanti alla luce di Dio in Gesù e chiedersi: ma io, noi, facciamo ancora luce? Siamo
una via che avvicina al Signore gli altri? Le nostre opere sono segno di quella presenza luminosa di
Dio nel buio del mondo?
Simeone e Anna non erano speciali. Erano due anziani, seppero sperare e aspettare non in modo
passivo, non pensando che toccava agli altri cambiare qualcosa di quel mondo pieno di ingiustizie e
di violenza come il nostro. Anzitutto pregavano. La preghiera, il tempo della preghiera è il tempo di
Dio in noi e nella storia. È la via per vedere, è la luce per capire e vivere. La preghiera tiene viva
l’attesa, fa vivere la speranza come qualcosa che aiuta a costruire il futuro, a riempirlo della
presenza di Dio, a scoprine la presenza nelle donne e negli uomini che incontriamo ogni giorno. Ma
noi pensiamo mai che in ognuno, in ogni uomo e ogni donna, è impressa l’immagine e la somiglianza di Dio?

E quindi, quando li incontriamo, siamo chiamati a fare emergere quella
presenza perché solo così ciascuno potrà scoprire il bene in sé e negli altri, e quindi iniziare a fare il
bene. Anna, dice il Vangelo, che, “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e
parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Quando noi parliamo con
gli altri, sappiamo far trasparire nelle nostre parole e nei gesti la luce del bambino di Betlemme,
l’atteso delle genti? Oppure ripetiamo noi stessi, magari con un fare lamentoso, pieno di giudizi e di
scarsa speranza? Eppure, nel cuore di tutti c’è sempre l’attesa di una luce, di una buona notizia in
una società che sa solo diffondere cattive notizie, che condivide la violenza come fosse normale?
Sorelle e fratelli, il Signore ha bisogno di noi, di voi, di una rinnovata passione per la missione
che vi ha affidato all’inizio della vostra consacrazione e che oggi rinnovate. Accogliamo questo
invito come un nuovo inizio. Non possiamo solo ripetere noi stessi. Il mondo è troppo buio e il
Signore nostra luce si affida a noi perché illuminiamo il cammino degli altri, dai piccoli agli
anziani, dai poveri ai ricchi, dai credenti a chi dice di non credere. Nessuno è solo. Siamo pellegrini
di speranza insieme. Il nostro essere pellegrini si fa insieme, insieme alle nostre comunità, ma anche
alle donne e agli uomini di questa terra, così piena di bellezze ma anche di tante sofferenze e
solitudini, a volte umiliata, inquinata non solo nell’aria e nelle acque, ma nel cuore di chi la abita,
rendendo buia la vita di tanti. La paura non si vince con la durezza e l’arroganza. La paura può
liberare energie di bene solo con la pazienza dell’amore, che è incontro, ascolto, amicizia,
condivisione. Siate dunque tutti profeti di speranza!

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