Messa Crismale: l’omelia del vescovo Ambrogio

Cari sacerdoti e diaconi, cari fratelli e sorelle, ci introduciamo con questa celebrazione al Triduo Santo, perché gli oli che saranno benedetti siano fonte di grazia e di unità nel popolo santo di Dio per tutti coloro che li riceveranno. Mai come in questa celebrazione sentiamo la forza e il bisogno dell’unità attorno al Signore Gesù, che si avvia verso la Passione, morte e resurrezione, cuore della nostra vita di fede. Il mondo ci abitua a ben altro: divisioni, arroganza, protagonismi, tribalismi, non fanno che umiliare il sogno di Dio dell’unità di tutto il genere umano, fino a rendere difficile una convivenza fraterna e solidale, che sembra davvero impossibile. Ma il nostro essere qui, sorelle e fratelli, mostra che questo è possibile, perché Dio lo rende possibile con la sua grazia, con un amore che non smette mai di parlarci e di aiutarci a vivere. Il Signore conosce il nostro peccato, le nostre fragilità, le nostre incertezze e paure. Eppure, continua a convocarci perché ha fiducia in noi.    Per questo ci raduna attorno alla Parola di vita eterna, che si fa cibo per noi. Per questo ha consacrato diaconi, presbiteri e vescovi, perché possano essere portatori di un “lieto annuncio”, quel vangelo che si prende cura dei poveri, che soccorre e salva, che proclama la grazia di Dio per l’umanità. Noi siamo indegnamente rivestiti di questa grazia che, attraverso la proclamazione della Parola e i sacramenti della Chiesa, può scendere in abbondanza nella vita delle donne e degli uomini e fecondarla, farla germogliare di frutti di bene. Forse oggi è facile anche per noi perderci d’animo, cedere alle scorciatoie e in fondo accontentarci di ciò che si riesce a fare. Il pessimismo non risparmia il nostro modo di vivere e di guidare le nostre comunità, che comunque sono sempre ricche di donne e uomini che condividono con noi il desiderio di comunicare agli altri, a partire dai piccoli e dai giovani, la bellezza della vita cristiana. Come già ho detto più volte, nel cammino sinodale, ma anche prima che iniziasse per tutta la Chiesa, tanti si sono impegnati. Siamo grati a tutti loro. Non ci nascondiamo le fatiche. Il mondo cambia velocemente e l’abitudine all’isolamento, che ha sempre tante cause personali e collettive, rende difficile incontrarsi, dialogare, ascoltarsi e parlarsi.    La vita cristiana, sorelle e fratelli, è vita di popolo, sempre. Soprattutto nei momenti difficili, in questo tempo segnato da tante sofferenze, delusioni, solitudini, siamo chiamati a riscoprire la gioia e la forza di essere popolo, comunità di donne e uomini, di cui i presbiteri e i diaconi sono al servizio per il ministero ricevuto dal Signore Gesù nella Chiesa. Siamo coloro che hanno ricevuto di più, quindi siamo chiamati ad essere generosi nel dare, amabili nelle relazioni, inclusivi, forti della grazia di Dio, che dobbiamo seminare largamente perché largamente abbiamo ricevuto. L’autoritarismo e l’individualismo non aiutano l’autorevolezza di chi come un padre ascolta e parla con amore ai suoi figli. Così è il Signore Iddio con noi. Così dovremmo essere noi con tutti coloro che il Signore ci ha affidato e che abitano la terra in cui viviamo, anche se non frequentano le nostre comunità abitualmente.       Il profeta, le cui parole abbiamo ascoltato, si trovava davanti una città e una terra impoverite e rassegnate. La Parola di Dio lo aiutò a scoprire la chiamata ad essere profeta per tutta quella gente che aspettava parole di speranza, un tempo di grazia che rispondesse alla delusione e al pessimismo e indicasse una via per il futuro. Oggi il Signore ci chiama ad essere profeti, ad accogliere la sua parola rileggendola nel tempo in cui siamo, per aiutare a trovare la strada del bene, a ricostruire una comunità di popolo, dove tutti possano trovare accoglienza e condivisione. La profezia è visione, che diventa pensiero e aiuta ad assumersi la speranza di un nuovo inizio. Sorelle e fratelli, non basta ripetere ciò che abbiamo ricevuto dalla storia solo come una consuetudine, anche se tutto è prezioso e nulla va smarrito. Il Signore soffia nella polvere che siamo il suo alito di vita, perché ci assumiamo la responsabilità di rinnovare il mondo cominciando dal cambiamento di noi stessi e delle nostre comunità. Il mondo ha bisogno di profeti che facciano germogliare il deserto di bene, di amore, di pace!     Allora, cari amici, ricostruiamo un tessuto di fraternità nel trama sfilacciata della vita, dove sembrano dominare tanti io, poco inclini a formare un noi. Questa terra, che ci vede ministri e servi assieme a tanta gente, attende parole di speranza. Le attendono i poveri e gli esclusi, come i giovani disorientati e gli anziani sempre più soli. Le aspettano i migranti e le famiglie in difficoltà. Il Signore riempia il nostro animo della sua grazia. Il suo amore faccia traboccare i nostri cuori di frutti buoni, che possano come un seme irrigare e fecondare i cuori di tutti, perché il mondo sia meno ingiusto, più pacifico e umano. Ci affidiamo al Signore, camminando con lui in questi giorni di Passione, perché Lui, che ha portato il peccato del mondo, ci faccia partecipi della vita che il Padre gli ha donato. E non dimentichiamo mai di pregare per chi soffre per la guerra e la violenza, come l’Ucraina, la Terra Santa, il Sudan, e molti altri luoghi. Signore: fa che il mondo finalmente cerchi e percorra la via della pace e della fraternità! E rende tutti noi responsabili di costruire questa via con la preghiera e la vita di ogni giorno. Abbazia di Casamari, mercoledì 16 aprile 2025

Equipe ciociara vince il concorso per l’adeguamento liturgico della Cattedrale di Montepulciano

Il progetto per l’adeguamento liturgico della Cattedrale di Montepulciano, presentato dal gruppo di lavoro coordinato dall’architetto Laura Meloni, è risultato vincitore del concorso di idee bandito dalla diocesi della cittadina toscana. Un altro grande e meritato riconoscimento per questa equipe (nella foto d’archivio) formata, oltre che da Laura Meloni, originaria di Acuto, dai fiuggini Marco Mariani (progettista), Caterina Magri (artista) e don Maurizio Mariani (liturgista), sacerdote della diocesi di Anagni-Alatri. Ecco la motivazione, come da verbale della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, una Chiesa che insiste sul territorio della provincia di Siena, con circa 70mila abitanti e dall’estate del 2022 affidata, in “persona episcopi” insieme all’arcidiocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, al cardinale Paolo Augusto Lojudice: “Per il misurato e coerente inserimento della proposta architettonica e artistica nel contesto della Cattedrale. Fondante è il riuscito dialogo espressivo e di contenuto tra il sublime trittico di Taddeo Di Bartolo e la nuova e unitaria articolazione figurativa delle eccellenze liturgiche. L’impianto celebrativo è concepito in modo da favorire la partecipazione attiva dei fedeli e lo svolgimento dei riti, valorizzando le eminenze dello spazio liturgico e architettonico”. La decisione è arrivata al termine di un iter avviato prima della pandemia, quando la diocesi toscana è stata ammessa a un finanziamento dell’8 X 1000 per l’adeguamento dell’altare della Cattedrale di Montepulciano, dedicata a Santa Maria Assunta, un titolo quest’ultimo fortemente evocativo anche per il lavoro della equipe ciociara che nel concept dell’adeguamento liturgico ha richiamato la presenza mariana, da alcuni episodi della vita di Gesù con sua Madre (Annunciazione, nozze di Cana e altri) all’utilizzo di una pietra di ionice azzurro, colore tipico del manto di Maria, fino al gioco di stelle attorno al meraviglioso trittico del ‘400 conservato nella Cattedrale e che offre al fedele e al visitatore un collegamento con l’Assunzione. «Il grande onore di un grande risultato, emozione immensa»: così il gruppo di lavoro ha commentato la notizia sui social della “M+M”, studio di architetti associati, in Fiuggi, cui fanno riferimento i progettisti di questa equipe, che già lo scorso anno aveva còlto un altro eccellente risultato con l’adeguamento liturgico della Cattedrale siciliana di Acireale. Tornando a Montepulciano, adesso si tratterà di programmare progettazione e avvio dei lavori, come dichiarato da don Antonio Canestri, vicario vescovile e direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi toscana, che al quotidiano La Nazione ha detto tra l’altro:  «Manca qualche mese al termine del complesso intervento di restauro del trittico di Taddeo di Bartolo, che ci restituirà uno straordinario capolavoro del ‘400, di profondo significato per la comunità, l’altare doveva essere alla sua altezza e rigoroso come la Cattedrale. Allo stesso modo i necessari e complessi restauri del coro, della cantoria, della vecchia cappella battesimale, dovevano necessariamente viaggiare di pari passo con l’adeguamento liturgico, per giungere a un rinnovamento completo e omogeneo, che escludesse altri interventi urgenti». Un passaggio, quest’ultimo, che dunque il lavoro della equipe coordinata da Laura Meloni rende ancora più prezioso e meritevole del riconoscimento ricevuto. Igor Traboni

Settimana Santa: i riti con il vescovo Ambrogio

Il vescovo Ambrogio Spreafico presiederà la Messa del Giovedì Santo e quella di Pasqua nella Cattedraledi Anagni. Per giovedì prossimo 17 aprile l’appuntamento per la Messa “Nella cena del Signore” è per le 21. Per quanto concerne invece la Messa della domenica di Pasqua, 20 aprile, verrà celebrata alle 11.30, sempre in Cattedrale ad Anagni. Mercoledì 16 aprile la Messa crismale si terrà invece, alle 17, nell’abbazia cistercense di Casamari, con il vescovo Spreafico e i presbiteri delle diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino.Sui social della diocesi ci sono comunque nel dettaglio gli orari dei riti della Settimana Santa nelleparrocchie e nelle chiese dei centri principali della diocesi.

Alatri: alunni “a lezione” sul Venerdì Santo

Nella mattinata di martedì 15 aprile, gli alunni della seconda media dell’Istituto comprensivo Alatri 1 hanno visitato la mostra sul Venerdì Santo di Alatri, esposta al chiostro e curata da Emma Ritarossi.  Una iniziativa voluta dai docenti Aurora Santachiara e Gabriele Ritarossi che hanno inserito questo momento di approfondimento all’interno del progetto sulla storia di Alatri e delle lezioni di religione cattolica. Nelle lezioni che hanno preceduto la visita, infatti, gli alunni in classe hanno approfondito i riti sacri del Venerdì Santo, i simboli e la storia, attraverso documenti che poi hanno potuto vedere anche dal vivo.  Particolare interesse negli alunni ha destato lo studio in classe del “Miserere” nella versione latina e italiana e che poi, contestualmente alla visita e grazie al coro storico di Scurano, i ragazzi hanno potuto ascoltare come in un concerto solo per loro, riuscendo a comprendere meglio, testo alla mano, le parole che si tramandano nel modo popolare di padre in figlio.  I ragazzi sono rimasti affascinanti ed entusiasti dal conoscere più da vicino la tradizione religiosa e culturale di Alatri in ordine al Venerdì Santo. Il lavoro in classe e l’incontro col coro è stato un confronto generazionale straordinario, condito da alcuni aneddoti raccontati da Silvestro Pantano che hanno lasciato gli alunni sbalorditi e curiosi, come quello che una volta per entrare nel coro vi era una vera e propria selezione che dopo diverse prove sanciva l’ammissione o meno, o di quando una volta nelle carceri, situate proprio in quello che ora è il chiostro, si diede vita ad un canto del Miserere che coinvolse quanti erano dietro le sbarre e quanti rispondevano da fuori.

La Via Crucis dei giovani: un grande segno di speranza

La Via Crucis diocesana dei giovani – tenutasi nella serata di venerdì 11 aprile ad Alatri – è stata un’esperienza spirituale di grande impatto per i giovani provenienti dai diversi paesi della diocesi. La partecipazione è stata numerosa ed entusiasta, con molti giovani che hanno scelto di unirsi a questa esperienza per riflettere sulla Passione di Cristo e sulla propria fede. I giovani, attraverso i loro commenti e le riflessioni, hanno evidenziato il ruolo fondamentale della speranza nel superare le difficoltà e nel guardare al futuro con fiducia. “La speranza è ciò che ci aiuta a non arrenderci mai, anche quando la vita ci sembra troppo difficile”. Le riflessioni dei giovani sono state profonde e significative, evidenziando la loro capacità di approfondire i temi spirituali e di trovare un senso più profondo nella loro fede. La Via Crucis diocesana, organizzata dalla Pastorale giovanile e vocazionale, è stata dunque un’esperienza che ha lasciato un segno profondo nei giovani che vi hanno partecipato. Il messaggio di fiducia e di coraggio che emerge da questa esperienza è chiaro: la fede non è solo una questione personale, ma anche una forza che ci aiuta a superare le difficoltà e a guardare al futuro con fiducia. La fede oggi richiede coraggio e fiducia, ma è anche una fonte di speranza e di consolazione. Il messaggio che abbiamo voluto lasciare ai nostri giovani  – come Pastorale giovanile e vocazionale – è che non siamo soli nelle difficoltà e nelle croci quotidiane. È Gesù che ci aiuta e porta la nostra croce. I giovani hanno capito che la fede non è solo una questione personale, ma anche una relazione profonda con Dio, che ci aiuta e ci sostiene in ogni momento della nostra vita.

Anagni: la Biblioteca Mariana scrigno di fede e cultura

Disinfestazione delle librerie lignee, sanificazione del materiale librario, trattamento di criodisinfestazione, depolveratura e disinfezione topica; installazione di un avanzato impianto di ventilazione meccanica e purificazione dell’aria: sono questi gli interventi realizzati negli ultimi mesi nella Biblioteca Mariana di Anagni, uno dei gioielli del patrimonio storico-artistico-culturale della diocesi, collocata nei locali inferiori dell’ex seminario minore e resi possibili grazie ai fondi dell’8×1000 alla Chiesa cattolica e al contributo del Segretariato regionale per il Lazio del Ministero della Cultura, eseguiti da ditte altamente specializzate e seguiti passo passo da Federica Romiti, responsabile dell’Ufficio diocesano per i beni culturali e l’edilizia di culto, su impulso del vescovo Ambrogio Spreafico, sempre attento al connubio fede-cultura, con la vigilanza della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio. La biblioteca conserva oltre 25.000 volumi, tra cui alcune cinquecentine e seicentine. La maggior parte dei libri è arrivata grazie alla donazione di Onorato Capo, anagnino, filantropo dell’Ottocento, che a seguito della dispersione dei patrimoni librari monastici, dopo l’Unità d’Italia, comprò moltissimi volumi sui mercati antiquari e li donò al Seminario vescovile della città. Ma un’ampia dotazione arrivò anche da Leone XIII; il papa della “Rerum Novarum” ma anche dalla fortissima impronta mariana, tanto che scrisse le encicliche “Magnae dei matris” sul culto alla Vergine, e “Augistissimae Virginis” sulla preghiera del Rosario. E quindi potrebbe aver intitolato a Maria anche la biblioteca – mancano però conferme a questa ipotesi – cui peraltro si accede proprio da via Leone XIII e con la sala grande di conservazione contrassegnata dalla presenza di un suo busto. La biblioteca, come il Seminario, subì dei bombardamenti nel 1944 e venne danneggiata anche dallo scoppio di alcune mine; buona parte dei libri venne comunque ricoverata per tempo in Vaticano e tornò ad Anagni alla fine della guerra. Il canonico Vincenzo Fenicchia ne iniziò la compilazione del catalogo a schede, terminandolo nel 1976 e poi proseguito da don Angelo Pilozzi. Diretta da monsignor Claudio Pietrobono, aderisce al Polo PBE (https://beweb.chiesacattolica.it/benilibrari/). Con il vicino archivio, con quello di Alatri e con il museo diocesano inaugurato di recente in quest’ultima città, la Biblioteca Mariana va insomma a costituire un tassello pregiato di questo immenso patrimonio culturale diocesano. È inoltre inserita nei circuiti di valorizzazione promossi dal progetto DUC IN LATIUM (https://www.ducinlatium.it/). Per info su giorni e orari di apertura si può consultare la pagina dedicata alla biblioteca su BEWEB (https://www.beweb.chiesacattolica.it/istituticulturali/istituto/3418/Anagni+%7C+Biblioteca+Mariana).

Giubileo: sabato 24 maggio il pellegrinaggio con il vescovo Ambrogio

Il pellegrinaggio giubilare interdiocesano (Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino) si svolgerà sabato 24 maggio 2025. Il programma è lo stesso della data del 15 marzo – posticipata a causa delle condizioni di salute del Santo Padre – e prevede la partecipazione all’udienza di Papa Francesco, la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo Ambrogio e il passaggio della Porta Santa.Modalità di partecipazioneSi invitano parrocchie, comunità religiose, associazioni ed aggregazioni laicali a raccogliere le adesioni entro il 30 aprile; ciascun gruppo dovrà provvedere all’elenco nominativo dei partecipanti. Le iscrizioni devono essere comunicate al direttore dell’Ufficio diocesano pellegrinaggi, Bruno Calicchia, possibilmente con messaggio whatsapp al numero 347-4624941.

50° di sacerdozio del vescovo Ambrogio: il saluto della diocesi di Anagni-Alatri

Caro Vescovo Ambrogio, ci uniamo al coro dei tanti che ringraziano il Signore per il dono del Suo sacerdozio ricevuto 50 anni fa. E’ stato questo l’inizio di tante grazie che il Signore le ha concesso nel suo ministero di Pastore. Desideriamo sfogliare questi anni con la memoria riconoscente che Dio ha operato in Lei a favore di tanti uomini e donne e a nostro favore, con l’apertura al futuro in cui ci attende il Signore con amore e tenerezza, con la responsabilità attenta allo Spirito e alla novità che la fantasia dello Spirito semina nel nostro presente. Nel saluto che Lei ha fatto alla nostra Diocesi del 10 novembre 2022 ebbe a dire: «Sarò in mezzo a voi come un Pastore ma anche come un amico. Continueremo a costruire insieme, in questo tempo così difficile, una Chiesa che risponda ai problemi, alle domande e al bisogno di salvezza di tanti uomini e donne del nostro mondo, comunicando il Vangelo che è una buona notizia e prendendoci cura gli uni degli altri. Sono qui per essere al servizio dell’unità e dell’amore reciproco, per vivere insieme la gioia di essere popolo, sorelle e fratelli tra noi e sempre con i poveri e gli ultimi». Un programma realizzato pienamente con tanta disponibilità, trovando sempre il tempo per stare in mezzo a noi e a tutte le comunità parrocchiali incontrate. Insieme a tutto il presbiterio Le dico grazie per l’affetto, il rispetto, l’attenzione, la stima che ha in tutti noi sacerdoti, nei diaconi, nei religiosi e religiose, e verso l’intera comunità e per il cammino fatto con prudenza e saggezza insieme con la Chiesa sorella di Frosinone-Veroli-Ferentino. Certamente per tutti noi sacerdoti questa festa è un’occasione per ravvivare l’entusiasmo del nostro servizio e la passione per vivere e trasmettere la gioia del Vangelo. Ci uniamo al Suo Te Deum di gratitudine a Dio, alla sua famiglia, alle persone che l’hanno accompagnata, implorando per Lei le più elette benedizioni nel continuo del Suo ministero di Pastore. Auguri vivissimi Monsignor Alberto Ponzi Vicario generale della diocesi di Anagni-Alatri

L’omelia del vescovo Ambrogio per il 50° di ordinazione sacerdotale

Fratelli e sorelle, “è bello e dà gioia che i fratelli siano insieme”, recita il Salmo. Sì, è bello per me  essere qui con voi a rendere grazie al Signore per i cinquant’anni dalla mia ordinazione sacerdotale. Grazie per la vostra presenza così numerosa e fraterna. Saluto il vescovo Giorgio, arcivescovo di Foggia, che è stato con me i primi anni a Frosinone, il padre Abate Loreto e la comunità monastica di Casamari, che ci ospita sempre con benevolenza. Saluto voi, cari sacerdoti, diaconi, consacrate e consacrati, e tutti voi, sorelle e fratelli, parte preziosa del popolo di Dio delle Diocesi che il papa mi ha affidato. Mi sento davvero parte di questo popolo di donne e uomini che nella loro vita e nei loro diversi impegni nelle nostre comunità e associazioni laicali desiderano costruire un mondo in cui si possa vivere insieme, con gli altri e per gli altri, con la preghiera, l’amicizia, la cura, soprattutto dei poveri e dei fragili, ma anche degli anziani e dei giovani. Ho visto seminare in questi anni tanto bene, tanto amore, tanta gratuità nel servizio, anche nei momenti difficili come gli anni del Covid o in questo tempo, in cui crescono le difficoltà nella vita quotidiana e anche la solitudine. Vi ringrazio di cuore. Ringrazio il prefetto e le autorità civili e militari, che sono qui, con cui abbiamo sempre cercato di contribuire insieme al bene di tutti. Come Chiesa non ci siamo mai tirati indietro nel contribuire alla crescita umana e sociale di questa terra, benedetta da Dio per le sue bellezze, ma anche tanto deturpata dall’affarismo e dagli opportunismi, a volte senza visione e con un pensiero corto. Premettetemi infine di salutare alcuni amici della Comunità di Sant’Egidio di Roma, che fin da diacono e poi da sacerdote mi ha aiutato a vivere la Parola di Dio a partire dalle periferie della città. Grazie di essere qui.     La Parola di Dio ci guida sempre a riscoprire il senso della grazia e della benevolenza di Dio, che tutto può cambiare anche nei tempi difficili, come era quello di Israele esiliato a cui si rivolge il profeta: “Non pensate più alle cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia; non ve ne accorgete?” Sorelle e fratelli, a volte siamo ancorati al passato e tristi nel presente, un po’ senza futuro. La Parola di Dio ci risveglia a una speranza vera, umana, gioiosa, vivibile. Se ascolti il Signore che ti parla, tutto può cambiare, perché è anzitutto Dio che ti cambia, ti rinnova, ti offre una nuova strada su cui camminare, quella del bene, della giustizia, della pace, della cura degli altri, di cui il mondo ha estremamente bisogno in questo tempo di tante guerre, di troppo odio, rivalità, di io che camminano senza gli altri, con la testa bassa, oppure pronti a giudicare e a condannare, tanto per sentirsi migliori.    Gesù sa quanto è facile vivere per se stessi, ma conosce anche la nostra fragilità, il nostro peccato, il bisogno di amore e di salvezza. Lo mostra a quella donna adultera, che gli portano davanti per essere giudicata e condannata, come voleva la legge. Per due volte, di fronte alle parole degli accusatori, Gesù si china e scrive per terra. Sì, Gesù si abbassa, si umilia, si assume il peso del peccato del mondo, per poi alzarsi e indicare la via della vita e della resurrezione, del perdono di Dio che salva da tutti i peccati e dalla morte definitiva. Così, in quel gesto di scrivere per terra ci sono i nomi di quando ci allontaniamo dal Signore, perché solo il perdono di Dio farà scrivere quei nomi nel cielo per vivere sempre con lui. Il Signore non è venuto infatti per condannare, ma perché tutti, ascoltando la sua parola, possano vivere la gioia del Vangelo, la bellezza di una fraternità che rende popolo e ci fa vivere nel bene, nell’amore per tutti, soprattutto per i poveri e gli ultimi.     Ho gustato la gioia di essere popolo con voi in tutti questi anni, soprattutto da quando abbiamo accolto l’invito di papa Francesco all’assemblea della Chiesa italiana a Firenze nel 2015, che ha chiesto di riflettere sulla Evangelii gaudium. Da allora lo abbiamo fatto senza interruzione, aprendo le porta delle nostre comunità a tutti, offrendo a molti, anche a chi non frequentava abitualmente la Chiesa, la possibilità di ascoltarsi, riflettere insieme, condividere il proprio tempo con chi aveva bisogno. Grazie a tutti quelli che si sono impegnati e hanno tenuto vivo fino ad oggi questo modo di essere Chiesa, un “noi” di persone che, nella ricchezza della loro differenza, camminano insieme e si aiutano, rendendo la casa di Dio non un élite di prescelti che se la giocano tra loro sentendosi migliori e giudicando gli altri, ma un luogo dove tutti possono trovare accoglienza e amicizia, cura e condivisione, e soprattutto possono trovare il Signore e gustare la speranza di vita e di bene della sua Parola e del pane di vita eterna nella Santa Liturgia e nei sacramenti della Chiesa.    Nel Giubileo corriamo allora come pellegrini di speranza, come ci suggerisce l’Apostolo Paolo. Nessuno, tanto meno io anche dopo 50 anni di sacerdozio, è arrivato alla perfezione, cioè a una vita ripiena della presenza di Dio. Ma tutti corriamo perché il Vangelo sia luce in questo tempo buio, pieno di paure e di solitudini, di pessimismo e di tristezza! Sì, non c’è tempo da perdere attorno a se stessi. Il mondo ha bisogno di questa speranza che viene dalla luce di Dio, che irradia perdono e amore, fraternità e pace. Ne hanno bisogno in Ucraina, in Terra Santa, e ovunque la guerra continua a umiliare e uccidere. Ne hanno bisogno anche le donne e gli uomini di questa terra, che devono trovare in noi la luce e lo sguardo amorevole e accogliente di Dio, che aiuta e salva. Affidiamoci l’un l’altro all’amore del Padre, perché camminando insieme con

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