Assemblea Ecclesiale 2024, la relazione di don Pasquale Bua: La Chiesa in un mondo che brucia
Segue il testo completo del prof. Pasquale Bua dal titolo “La Chiesa in un mondo che brucia – Segni dei tempi e rinnovamento pastorale“Clicca qui per scaricare il pdf 1. Il mondo “cristiano” sta finendo? Il titolo – volutamente provocatorio – di questo intervento riprende liberamente quello di una pubblicazione abbastanza recente di Andrea Riccardi, che ha fatto molto discutere negli ambienti ecclesiali e non solo, soprattutto nella stagione faticosa del Covid-19: La Chiesa brucia. L’immagine da cui il titolo trae ispirazione è quella del terribile rogo della cattedrale di Notre-Dame, al quale il mondo ha assistito attonito nell’aprile 2019. Per Riccardi, navigato storico del cristianesimo contemporaneo e soprattutto acuto interprete del nostro tempo, quel rogo assumerebbe un valore per così dire simbolico. A bruciare, oltre che un edificio altamente rappresentativo dell’architettura religiosa europea, sarebbe oggi la “Chiesa” con la “c” maiuscola: la Chiesa come comunità e istituzione, la Chiesacome mentalità e cultura, la Chiesa come eredità e tradizione. La Chiesa, cioè, nella quale siamo nati e cresciuti, che per l’autore andrebbe lentamente sbriciolandosi davanti ai nostri occhi.Gli studiosi, del resto, hanno lanciato da decenni il grido d’allarme, parlando di tramonto della cristianità o di fine dell’epoca costantiniana, ovvero di quella lunga stagione (iniziata addirittura nel IV secolo), in cui la Chiesa ha goduto in Occidente di riconoscimento civile e privilegi economici, diventando un fenomeno di massa. Invertendo i termini della celebre espressione di Tertulliano, per il quale «cristiani non si nasce, ma si diventa» (al termine di un cammino personale di conversione), qui da noi è stato vero fino a oggi il contrario, ovvero che cristiani non si diventa, si nasce. Nessuno di noi è “diventato” cristiano, ma tuttisiamo “nati” cristiani. I rudimenti della fede li abbiamo bevuti con il latte materno, cosicché essi hanno plasmato – non senza deformazioni e strumentalizzazioni anche gravi – il tessuto sociale del mondo occidentale, il mondo cosiddetto “cristiano”.Da un bel po’ questo non è più vero. È sotto gli occhi di tutti che la cristianità è stata aggredita da una tendenza opposta, che va sotto il nome di secolarizzazione oppure, con un termine più crudo, di scristianizzazione. Se questo fenomeno è iniziato da tempo, almeno dal XIX secolo – anche se i suoi presupposti remoti rimontano all’avvento dell’epoca moderna nel XVI secolo o forse anche più indietro –, è solo nell’ultimo secolo che, qui da noi, esso ha cominciato a dispiegare tutte le sue conseguenze. Solo adesso, quindi, stiamo cominciando ad aprire gli occhi sulla sua reale portata.Quello di Riccardi è un libro pieno di domande: domande dirette, difficili, per certi aspetti drammatiche. Da quella che si trova nelle primissime pagine e che dà il là all’intera riflessione: «Che cosa sarà il mondo senza la Chiesa?», a quella cruciale che funge da titolo all’ultimo capitolo: «C’è futuro [per il cristianesimo]»? Ognuno è interpellato da simili interrogativi, si professi o meno cristiano, perché la crisi del cristianesimo è la crisi di una storia da cui tutti proveniamo, di un mondo in cui tutti viviamo, di una cultura in cui tutti siamo stati educati, e come tale chiama in causa anche coloro che non si dichiaranocredenti, come lasciava intendere già il famoso articolo di Benedetto Croce pubblicato nel 1942: «Perché non possiamo non dirci cristiani». 2. Crescita o declino della Chiesa? Restando idealmente a Parigi, potremmo riformulare la domanda posta da Riccardi facendoci aiutare da un personaggio celebre proprio per la sua capacità di leggere attentamente il presente e di prevedere lucidamente il futuro: il card. Emmanuel Suhard, arcivescovo della capitale francese negli anni Quaranta del secolo scorso, noto tra le altre cose per aver dato avvio all’esperienza dei preti-operai nel tentativo di recuperare alla Chiesa le masse proletarie. Mi riferisco alla domanda che dà il titolo alla sua letterapastorale del 1947: Essor ou déclin de l’Eglise? Crescita o declino della Chiesa? Se a quel tempo qualcuno si sarebbe ancora arrischiato a scegliere la prima opzione, almeno in Italia, dove il tessuto cristiano della società sembrava rimanere solido, oggi le statistiche –anche quelle che i parroci fanno “artigianalmente” nelle loro parrocchie – ci inducono a gridare “declino”. Ogni anno perdiamo “pezzi”, in termini di frequenza domenicale, richiesta dei sacramenti, adesione alle iniziative pastorali, e certo l’inverno demografico – pure innegabile – non basta a spiegare tutto. Anche la crescente penuria di vocazioni alministero ordinato e alla vita consacrata, che sta costringendo tutte le nostre diocesi a rivedere gli assetti pastorali tradizionali, facendo ad esempio saltare lo schema collaudato “un parroco per parrocchia”, è la spia del cambiamento in atto.Da noi, nell’Italia centro-meridionale, protetta dallo “zoccolo duro” di antiche e robuste tradizioni religiose, certi fenomeni prima impensabili sono arrivati in ritardo rispetto all’Europa centrale e alla stessa Italia settentrionale. Ma, volgendo lo sguardo verso Nord, non ci è difficile prevedere il nostro futuro con una certa approssimazione. Se abbiamo visto scendere vertiginosamente, negli ultimi decenni, il numero dei matrimoni religiosi, a vantaggio di quelli civili e soprattutto delle semplici convivenze, se abbiamo visto diminuire il numero delle cresime e in misura minore quello delle prime comunioni, qui da noitengono ancora – ad esempio – i battesimi dei bambini e i funerali religiosi. Prepariamoci, però: il “vento del Nord” non porta buone notizie neppure su questi due fronti, cosicché è prevedibile che scemerà gradualmente nei prossimi anni pure il numero dei pedobattesimi, mentre finirà per imporsi anche nei nostri territori una realtà ancora pressoché sconosciuta, quella delle cosiddette esequie “laiche”. 3. Non declino, ma crisiDeclino, dunque? In realtà, come spesso accade, tra le due alternative esiste una terza via, che di nuovo Riccardi propone nelle pagine conclusive del suo saggio: crisi. La crisi – scrive l’autore riecheggiando la lezione biblica – non è il declino, ma l’ora del giudizio. Se guardiamo alla storia della Chiesa, la crisi è una condizione normale del cristianesimo, non c’è stata epoca in cui il cristianesimo non sia stato in crisi, compresa la presunta “epoca d’oro” dei primi secoli. Se talvolta, un po’ ingenuamente, tendiamo a idealizzare il cristianesimo primitivo, è perché
Assemblea Ecclesiale 2024, intervento del vescovo Ambrogio: “Vivere da cristiani in un cambiamento d’epoca”
Segue il testo completo del Vescovo Mons. Ambrosio Spreafico dal titolo “Vivere da Cristiani in un cambiamento d’epoca“Clicca qui per scaricare il pdf Non vorrei aggiungere molte cose a quanto già ascoltato dal prof. Pasquale Bua. Vorrei solooffrivi alcuni spunti che arricchiscono quanto da lui detto. Il cambiamento d’epoca in cui siamoesige che anche noi cambiamo. Spesso viviamo come se fossimo in un antico palazzo che ha le suecrepe e rischia di crollare, senza che nessuno cerchi di pensare a metterci mano. Si continua facendole stesse cose, come se niente fosse. Così ripetiamo concetti, verità, schemi, devozioni, pratichereligiose, facendo fatica a capire che quello che abbiamo detto fino a ieri oggi forse solo pochi locapiscono, e soprattutto pochi lo credono utile per la loro vita; quindi, ciò che diciamo e facciamorischia di essere inefficace, di non provocare la necessaria crescita umana e spirituale, di non dareinizio a un cambiamento, perché di questo ha bisogno il mondo. Mi chiedo ad esempio:nell’itinerario di iniziazione cristiana quanto entri nell’umanità di coloro che noi incontriamo ognisettimana per quattro anni tanto da incidere sulle loro parole, pensieri, abitudini, scelte? O cilimitiamo a credere che basta insegnare la dottrina per preparare una persona a incontrarsi con ilSignore Gesù ed essere rivestito della sua umanità? Certo, abbiamo bisogno di formazione, dipreparazione. Questo è indubbio. Ma poi bisogna essere capaci di far diventare la nostrapreparazione capace di suscitare negli altri, pensieri, sentimenti, parole, atteggiamenti, che sianoinformati dall’incontro con il Signore Gesù attraverso di noi. Questa è la domanda: quanto la Paroladi Dio è diventata l’alfabeto della nostra umanità che parla attraverso di noi?La Parola di Dio, che leggiamo e ascoltiamo, dovrebbe infatti diventare parte della nostraumanità, aiutarci a rileggere la storia, gli avvenimenti, a immaginare il futuro per generare speranza,visioni, sogni, capaci di guidare le donne e gli uomini verso un futuro dove si possa vivere insiemein modo fraterno e pacifico. Non possiamo accettare il dominio della violenza né l’assuefazione allaguerra considerata ormai un fatto normale. Siamo chiamati a costruire con pazienza e saggezza unmondo fraterno, di cui le nostre comunità dovrebbero essere un modello, da condividere senzaescludere nessuno, senza giudicare, senza sentirci migliori, difendendo noi stessi con paura. Ilmondo non è pieno di nemici, ma semplicemente abitato da donne e uomini bisognosi di ascolto edi amore. Il Giubileo della speranza, che condivideremo con tutta la Chiesa a partire dal Natale diquesto anno, dovrebbe essere la porta di speranza che ci fa sussultare, che ci risveglia a un di più divita, di gioia, di amore, da diffondere attorno a noi per la crescita di un’umanità ferita dalla violenzae dalla guerra, ma anche da tanto bisogno di pace e di salvezza. Il Signore Gesù, Parola eterna delPadre, ce ne renda testimoni. Ascoltare, vedere, ripetere, imitare, servire, comunicare Vorrei suggerire alcuni atteggiamenti che ci possono aiutare nel nostro essere discepoli di Gesùnella realtà in cui siamo, comunicando la gioia e la speranza della vita cristiana. Li riassumo inalcuni verbi: dovremmo riscoprire l’immediatezza e l’entusiasmo di quei primi testimoni della fede? C’èanche un altro momento della vita cristiana in cui la ripetizione è essenziale. “Fate questo inmemoria di me”; nella Santa Messa noi ripetiamo le parole ed i gesti dell’ultima cena, maanche, nell’arco del calendario liturgico, sentiamo il bisogno di proclamare e di ascoltare lestesse pagine della Bibbia. Certo, la liturgia non è una ripetizione stanca e scontata diformule, da subire distratti o frettolosi. Essa esprime il cuore stesso della nostra fede: “Ognivolta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunciamo la tua morte oSignore, proclamiamo la tua Resurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Ripetere, in questocaso, non è solo celebrare un evento lontano nella storia, ma rendere attuale e viva lapresenza di Dio, che cammina con noi. Per questo occorre celebrarla con cura e con gioia,trovare bravi lettori, ministranti, scegliere canti a cui l’assemblea possa unirsi. La vita cristiana è vita che deve essere portatrice di umanità compassionevole, gentile, capace diascoltare, di accogliere, di prendersi cura di tutti senza escludere nessuno. Dialogo e amore vanno dipari passo. Solo così si potrà costruire un mondo fraterno a pacifico. Benevolenza non significatuttavia restare in silenzio davanti al male, anzi significa vivere l’autorevolezza di Gesù che seppediscutere e contrastare il male facendo il bene e indicandone la via. In una società di tante solitudinie inimicizie, la Chiesa e le nostre comunità sono custodi, pur con i nostri limiti e il nostro peccato,di un tesoro di comunione e di unità di cui dobbiamo essere consapevoli. L’unità e la comunione delnostro popolo, che si manifesta in modo visibile attorno alla mensa della Parola e del pane di vitaeterna nella celebrazione della Liturgia Eucaristica della domenica, sia il segno di ciò che siamo edobbiamo essere nella vita di ogni giorno. Da lì traiamo forza e speranza, vigore e amore. Da lìpossiamo mostrare al mondo, con umiltà e spirito di servizio, che si può vivere da sorelle e fratellinella diversità di ognuno. Iddio onnipotente e misericordioso ci renda sempre tali e ci mantenganell’unità di amore attorno al suo Figlio unigenito, nostro Signore e Maestro. Fiuggi 5 ottobre 2024Ambrogio Spreafico
Preghiera per la Pace
Lunedì 7 ottobre la chiesa di San Biagio a Fiuggi ospiterà la “Preghiera per la Pace”, presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico e organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha così accolto l’invito di Papa Francesco e della Cei. Tutte le info nel manifesto
L’Azione Cattolica “prende il largo”: la cronaca dell’assemblea diocesana
Nei due pomeriggi di sabato 28 e domenica 29 settembre, presso il Centro pastorale di Fiuggi, si è svolta l’annuale assemblea dei soci ( che come sempre è aperta alla partecipazione di tutti) dell’Azione Cattolica dal titolo “Date voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Il consueto appuntamento dà inizio all’impegno dell’anno associativo in concomitanza anche con l’inizio dell’anno pastorale. Le associazioni della diocesi, insieme alla Presidenza, presieduta da Concetta Coppotelli e a i membri del Consiglio si sono ritrovati per due giorni di formazione e programmazione sulle tematiche proposte dagli orientamenti nazionali per il nuovo triennio 2024-2027. Ad avviare la due giorni dopo i saluti di apertura della presidente, abbiamo avuto il piacere di ascoltare la Lectio divina del vescovo Ambrogio Spreafico sull’invito evangelico di Gesù “Prendi il largo” (Lc 5, 1-11), icona biblica che l’Associazione pone a riferimento per il primo anno del suo cammino. Il Vescovo ha invitato i presenti ad attualizzare la Parola di Dio perché essa parla al nostro tempo, un tempo di grandi cambiamenti. La meditazione della Parola di Dio deve portare a rivelazioni importanti su come vivere oggi la nostra fede e come essere testimoni con chi incontriamo. L’invito a “prendere il largo” di Gesù, ha proseguito mons. Spreafico, significa portarsi al di fuori del territorio che conosciamo fidandoci di Lui e ha ricordato all’Azione Cattolica il proprio Dna , ovvero, quello di andare oltre le proprie mura perché ogni realtà associativa della chiesa è fatta per il mondo e non per se stessa. Gesù sale con noi sulla barca, ma ci sono anche altre barche intorno che non sono concorrenti, ma collaboratrici e senza le quali non si riuscirebbe a sollevare la rete ricolma di pesci che sono immagine di tutti i popoli del mondo. Per arrivare a tutti bisogna allora cercare non solo di diffondere il proprio spirito, ma anche essere capaci di vivere la propria missione con lo spirito degli altri, di fondere i diversi carismi per rispondere alle molteplici domande del mondo: attirare a Dio gli uomini e le donne che incontriamo rendendo le loro vite più umane. Occorre provarci e fidarsi come fa Pietro “…sulla tua parola getterò le reti” e ancora di più sull’esempio di Maria “…avvenga per me secondo la tua parola”, allora ciascuno di noi potrà sperimentare il compimento di un miracolo facendo divenire generativa la propria vita personale e associativa spesso in modo impensabile e inatteso (ndr). L’Assemblea ha poi ospitato un momento di formazione e sensibilizzazioni sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, con l’intervento della dott.ssa Anna Rita Pica, psicologa presso il consultorio familiare di Ferentino e referente per la diocesi di Anagni-Alatri del Servizio interdiocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili avviato all’indomani della divulgazione della Lettera Apostolica “VOS ESTIS LUX MUNDI” di Papa Francesco del 2019 e delle Linee Guida CEI. E’ stato presentato il lavoro di formazione e ascolto svolto dal Servizio interdiocesano unitamente alle Linee guida pubblicate nel gennaio 2023 disponibili on line sul sito del Servizio interdiocesano Tutela Minori della Diocesi del Lazio Sud. La dott.ssa Pica ha spiegato il significato del crimine dell’abuso, le sue caratteristiche, le connotazioni dell’abusato e dell’abusante e come sullo sfondo ci sia come costante un uso manipolatorio della relazione educativa asimmetrica tra “grandi” e “piccoli”. E’ emerso in conclusione anche un identikit dell’educatore che dovrebbe essere una persona sicuramente maggiorenne, capace di esercitare una responsabilità in senso stretto, un testimone nei suoi atteggiamenti, in grado di rispettare i confini del suo ruolo e capace di confronto. E’ stato messo in luce il ruolo fondamentale della famiglia come luogo privilegiato dove si vive l’accettazione incondizionata e completa dell’altro, capace di generare fiducia in se stessi e dare capacità di buttarsi nella vita e nel mondo ai più piccoli. Il pomeriggio di domenica ha visto la presentazione degli Orientamenti per il triennio 2024-2027 a cura della Dott.ssa Claudia D’Antoni, ex consigliera nazionale per l’Azione Cattolica dei Ragazzi. Il discorso è partito dalla XVIII Assemblea Nazionale culminato con l’incontro “A braccia aperte” con Papa Francesco ed ha toccato i temi dello stile che deve contraddistinguere l’Associazione e i suoi associati a tutti i diversi livelli di responsabilità e appartenenza. Nella sua relazione non è mancato il riferimento alla necessità di rinnovare giorno dopo giorno la nostra risposta generosa alla chiamata universale alla santità e a meditare l’attualità della figura del Beato Pier Giorgio Frassati che presto diventerà Santo e che in questo triennio verrà ricordato in maniera particolare come esempio del “guardare in alto e guadare verso l’altro” (P.G. Frassati), di “cristiano che crede, opera come crede, parla come sente, fa come parla” (F. Turati) come laico nella chiesa e nel mondo. All’intervento della D’Antoni, sono seguiti i gruppi di lavoro per la programmazione dei diversi settori. Nel calendario annuale, oltre alle collaborazioni con gli uffici di pastorale diocesana , sono state definite le iniziative ricorrenti (Veglia dell’Adesione, Marcia della Pace, Esercizi Spirituali, Festa dell’incontro AC e Campi estivi) e sono stati introdotti appuntamenti legati al Giubileo con particolare attenzione ai Giovani e alle Famiglie ed anche quelle con la Pastorale Giovanile diocesana e le Suore del Preziosissimo Sangue. Entrambe le giornate di lavoro si sono concluse con la celebrazione dei Vespri solenni accompagnati dal canto e condotti dall’assistente diocesano don Rosario Vitagliano. Alla sera del sabato la grande famiglia dell’AC si è ritrovata a condividere un momento di amicizia e convivialità. La Presidenza Diocesana
L’invito dei nostri ragazzi all’incontro con il Vescovo
Si terrà venerdì 11 ottobre, presso la chiesa parrocchiale di Tecchiena Castello, con inizio alle 20.30, l’incontro interdiocesano dei giovani con il vescovo Ambrogio. Un momento di preghiera, riflessione, comunione, condivisione, organizzato dalle Pastorali giovanile e vocazionale della diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino. Si tratta di un appuntamento che vedrà i giovani protagonisti e pienamente inserito nelle due “trappe” dell’assemblea interdiocesana, ovvero quella di sabato 5 ottobre a Fiuggi e di domenica 13 ottobre a Casamari. Ecco, in questo breve video, come i ragazzi della nostra Pastorale giovanile e vocazionale invitano tutti i coetanei a partecipare all’incontro…
Presupposti, missione e mandato degli insegnanti di religione
Venerdì 27 settembre, presso il Centro pastorale di Fiuggi, si è aperto il nuovo corso di aggiornamento dell’anno scolastico 2024-2025 per Insegnanti di Religione Cattolica della diocesi di Anagni-Alatri, con un primo incontro durante il quale sono stati evidenziati i presupposti, la missione e il mandato dell’insegnante di Religione. Il vescovo Ambrogio Spreafico e la direttrice dell’Ufficio Scuola, Maria Elena Tagliaboschi, hanno accolto gli insegnanti e, dopo i saluti iniziali e un bel momento di preghiera, hanno subito voluto sottolineare il ruolo dell’insegnante di religione. Il Vescovo ha messo al centro del suo intervento il carattere formativo dell’insegnamento della Religione cattolica e ha invitato tutti i presenti a sviluppare verso gli alunni un rapporto educativo, ricco di amicizia e di dialogo, tale da suscitare nel più ampio numero di alunni, anche non esplicitamente credenti, l’interesse e l’attenzione per una disciplina che sorregge e motiva la loro ricerca appassionata della verità. Anche la nuova direttrice dell’Ufficio scuola diocesano, Maria Elena Tagliaboschi, ha esordito in questo suo primo incontro in modo eccellente, mettendo subito in evidenza i punti di forza dell’IRC, e quindi: l’insegnamento della religione cattolica per l’educazione della persona; il docente di religione uomo di fede; l’idoneità e il rapporto con la Chiesa; la vocazione a cui è chiamato a rispondere. Proprio a riguardo di quest’ultimo punto è stato sottolineato che ogni docente deve avere una forte carica di motivazione interiore, di passione educativa con cui svolgere il proprio compito nella scuola, perché questa incide molto sull’insegnamento. Gli alunni hanno diritto (visto che si sono avvalsi della Religione cattolica) di riscontrare nell’insegnante una personalità credente che suscita interesse per quello che insegna, grazie anche alla coerenza della sua vita. Molto bella è stata anche la conclusione, con la preghiera della Madonna del Silenzio, a cui è stato chiesto il dono della grazia, la forza di una sincera conversione e di una vocazione stabile. Quello del 27 settembre è stato un incontro veramente ricco di buoni presupposti e di consigli da mettere subito in pratica. di Emanuela Sabellico
Assemblea Ecclesiale 2024
Unisciti a noi per l’Assemblea Diocesana 2024, un momento di incontro con il Vescovo e la comunità! Quest’anno, sarà interdiocesana con Frosinone-Veroli-Ferentino. Sotto il tema “Chiesa in cammino”, ti invitiamo a tre eventi: il 5 ottobre a Fiuggi, l’11 ottobre per i giovani, e il 13 ottobre all’abbazia di Casamari. Partecipa a questo percorso di crescita!
Il vescovo al 50° di don Pierino: «Esempio di umiltà per tutti noi»
Visibilmente commosso, con una lacrima neppure tanto furtiva venuta giù al momento di ringraziare i tanti presenti, con la voce rotta dall’emozione: così don Pierino Giacomi ha vissuto, domenica 15 settembre a Fiuggi, nella chiesa di San Pietro, la celebrazione dei 50 anni di sacerdozio, presieduta dal vescovo Ambrogio Spreafico. Attorniato da tanti amici sacerdoti sull’altare, dai familiari in prima fila sui banchi e da tanti fedeli e amici di questi anni di ministero pressoché interamente trascorsi a Fiuggi, con una cerimonia allietata da un bel coro e con il saluto dell’amministrazione di Fiuggi e della confraternita, don Pierino è stato piacevolmente travolto da tanto affetto. Il vescovo Spreafico nell’omelia ha voluto sottolineare alcuni tratti salienti del ministero di don Giacomi, riprendendo anche le parole pronunciate dal festeggiato nell’intervista rilasciata a Lazio Sette e che trovate anche su questo sito internet della diocesi, ad iniziare dall’inciso programmatico di quel suo essere sacerdote per sempre: «Servire il Signore è stata la gioia più grande della mia vita. E il mio desiderio più profondo è che tutti coloro che mi sono stati affidati possano raggiungere la gloria di Dio». Questa, ha quindi sottolineato il vescovo «è una testimonianza preziosa anche per noi, che viviamo in un mondo in cui si fa piuttosto quello che ci piace, molto meno quello che serve! Ma il servizio non è un’umiliazione. Anzi, esso nasce dalla saggezza di chi sa capire il bisogno degli altri, le loro domande e attese, a cominciare dai piccoli e dai poveri, e cerca di prendersene cura, di aiutare. Tu – ha aggiunto Spreafico sempre rivolto a don Pierino – ti sei fatto conquistare dall’amore di Gesù, come dovrebbe essere per tutti noi, soprattutto noi sacerdoti. Hai riconosciuto in Lui il Cristo, il Salvatore e il Maestro, colui che si è abbassato e umiliato fino a divenire uno di noi, e alla morte di croce. Sì, chi si pone al servizio è anzitutto umile». Il vescovo di Anagni-Alatri ha quindi posto l’accento proprio sull’umiltà «virtù così poco praticata nel mondo, pieno di prepotenti e di violenti che vogliono sottomettere gli altri con arroganza, senza vergogna, senza considerazione dell’umanità degli altri. Anche le nostre città, e non solo i Paesi in guerra, sono spesso teatro di prepotenze e violenze. Mai schierarsi dalla parte degli arroganti che vogliono sempre aver ragione, ma non perché siamo migliori, ma solo perché siamo discepoli di chi ha dato la vita per noi». Monsignor Spreafico ha quindi ringraziato don Pierino Giacomi per i lunghi anni a servizio di varie realtà della diocesi, in particolare per l’impegno con i giovani: «Quanto bisogno c’è di ascoltare i giovani, di aiutarli, esserne amici, liberarli dalla schiavitù del cellulare. La vita è incontro, relazione, parola, non è chat». Il ringraziamento finale al festeggiato è stato esteso ai familiari, alle suore che lo accolgono, ai sacerdoti amici: «Con te vogliamo continuare a vivere il nostro ministero e dire a tutti la gioia di essere al servizio di Gesù. Il mondo ha bisogno di noi, ma noi dobbiamo capire come dire al mondo che in Gesù troveremo la risposta». Al termine della celebrazione, don Pierino ha quindi preso la parola, esprimendo «la mia profonda gratitudine per tutte le grazie e i beni ricevuti in questi anni. Prima di tutto ringrazio Dio per il dono della vita e del sacerdozio e per avermi sostenuto con la sua grazia in ogni momento». Tra i vari ringraziamenti, don Giacomi ne ha riservato uno anche per i vescovi succedutisi nella diocesi di Anagni prima e in quella di Anagni-Alatri dopo: Enrico Romolo Compagnone, Vittorio Ottaviani, Umberto Florenzani (che lo ha ordinato nel 1974), Luigi Belloli, Francesco Lambiasi, Lorenzo Loppa e l’attuale Ambrogio Spreafico. E poi ancora: per tutto il presbiterio «con cui ho condiviso tante esperienze e momenti di fraternità», religiosi e religiose e i tanti laici che lo hanno aiutato nel periodo della malattia. E poi, tutti a far festa anche con un momento conviviale; una festa, come ha ricordato il parroco don Antonio Castagnacci, per organizzare la quale sono bastati pochi giorni, perché tutti si sono mobilitati alla grande nel segno dell’affetto verso don Pierino. di Igor Traboni