Nonni-giovani e la memoria del patrimonio culturale diocesano con il Progetto Mab

Anche il 2024 ha visto l’Ufficio diocesano per i Beni culturali e l’Edilizia di culto portare a termine un progetto integrato Mab (Musei archivi biblioteche), soffermandosi sullo specifico del titolo “Memoria, responsabilità, creatività. L’8×1000 per proteggere e valorizzare il patrimonio culturale diocesano”.Un percorso le cui tappe sono state scandite anche da vari incontri, con realtà diverse del territorio – dai giovani studenti di una classe del Liceo classico di Anagni agli utenti del Centro anziani di Anagni – e che l’Ufficio diocesano ha reso ancora più esplicativi e fruibili, anche da chi non ha partecipato direttamente, con una serie di video, ora disponibili sul canale Youtube della diocesi di Anagni-Alatri.Impossibile riportare, per motivi di spazio, la cronaca degli incontri susseguitisi da settembre ad oggi ma, senza nulla togliere agli altri, ci piace ricordare qui quello del 24 settembre, quando gli studenti hanno incontrato 16 anziani; incontro introdotto da Federica Romiti, direttrice dell’Ufficio diocesano, da Alice Popoli, responsabile dei progetti per la Pastorale degli anziani nella diocesi di Frosinone- Veroli-Ferentino e da Giuseppe Viti, presidente del Centro anziani di Anagni. Mediante un abbinamento casuale per estrazione, sono state create le coppie “studente- nonno” e ciascun ragazzo ha raccolto in un’apposita scheda le informazioni e i ricordi collegati a libri/fotografie/ cartoline selezionati dagli anziani per l’attività di restauro. Al termine delle interviste, sia i ragazzi che gli anziani hanno sintetizzato l’esperienza in una frase o parola chiave.E poi, il 13 novembre, Federica Romiti ha restituito ai ragazzi e agli anziani una sintesi del progetto MAB, articolato sulle parole chiave “memoria”, “responsabilità”, “creatività”, mostrando anche i reels realizzati; mettendo in evidenza la risonanza delle parole chiave lasciate dai partecipanti al primo incontro e le connessioni del progetto con l’impiego delle risorse 8×1000 per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Alessandro De Cupis ha spiegato il metodo e la curaimpiegati dai ragazzi nel restauro dei documenti loro affidati. A seguire, ciascun ragazzo ha illustrato le schede, l’apparato fotografico e gli interventi effettuati, restituendo personalmente il documentoal “nonno” proprietario. Il progetto ha così raggiunto l’obiettivo, che poteva sembrare ambizioso ma che è stato realizzato proprio grazie alla predisposizione dei partecipanti, di attivare una significativaesperienza intergenerazionale. (nella foto, uno degli incontri-laboratorio con i giovani del Classico di Anagni e gli utenti del Centro anziani di Anagni)
Arte e fede: il “San Sisto” patrimonio del nuovo Museo diocesano di Alatri

Il restauro di un affresco del giovane Cavalier d’Arpino raffigurante San Sisto, un progetto formativo promosso dall’Associazione Gottifredo in collaborazione con la diocesi di Anagni-Alatri e il sostegnodella Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, un volume che illustra la rilevanza storica e artistica del dipinto che getta nuova luce sulla fase giovanile e la precocità dell’ingegno di Giuseppe Cesari e le ragioni della sua presenza ad Alatri, subito dopo il ritrovamento delle reliquie del patrono della cittànel 1584.Tra l’altro, va detto che il tutto richiama alla memoria viva anche la figura di Ignazio Danti, matematico, astronomo, cosmografo: studi e conoscenze che gli valsero il meritato appellativo di “vescovo scienziato”; Ignazio Danti fu infatti consacrato vescovo di Alatri nel 1583, e qui morì il 19 ottobre1586, dopo essersi speso totalmente per la sua gente, con una particolare sollecitudine per i poveri ma senza dimenticare i suoi interessi culturali, compreso quello per la pittura, tanto che volle commissionare all’allora giovane artista Giuseppe Cesari, poi divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di “Cavalier d’Arpino”, proprio questo ritratto di san Sisto.Di tutto questo si parlerà mercoledì 11 dicembre presso il Museo diocesano di Alatri (zona acropoli, accanto alla Concattedrale) nella sala grande dell’Episcopio dove l’affresco è collocato, con la presentazione del volume “Il San Sisto del Cavalier d’Arpino. L’affresco restaurato”.Insieme con il vescovo monsignor Ambrogio Spreafico, prenderanno la parola il curatore della pubblicazione Mario Ritarossi, storico dell’arte, e Tarcisio Tarquini, presidente dell’Associazione Gottifredo; coordinerà l’incontro Federica Romiti, direttrice dell’Ufficio Beni culturali della diocesi di Anagni- Alatri. Tra gli invitati ci saranno anche gli studenti d’arte del corso di pittura del Liceo artistico “Anton Giulio Bragaglia” di Frosinone, accompagnati dal dirigente professor Fabio Giona.Nel volume, edito da Gottifredo Edizioni e pubblicato con il contributo del Mic-direzione generale educazione, ricerca e istituti culturali compaiono, dopo la prefazione di monsignor Ambrogio Spreafico (che scrive tra l’altro, riferendosi ovviamente al dipinto: “Era un capolavoro che avevamo sotto gli occhi da secoli ma che non aveva mai ricevuto fino ai giorni nostri l’attenzione che meritava”) e l’introduzione di Tarcisio Tarquini, alcuni saggi (con abstract in inglese) di Mario Ritarossi, Francesco Petrucci, conservatore del Museo del Barocco di Ariccia, Maria Letizia Molinari, autrice del restauro. Tutti contributi che consentono nel migliore dei modi, anche a coloro che non sono troppo adusi al mondo dell’arte pittorica, di avvicinarsi comunque all’opera e a tutto il genio del Cavalier d’Arpino e di converso all’operato del vescovo Ignazio Danti, ma anche alle tecniche del restauro, alla precocità dell’arte di Giuseppe Cesari e alla sontuosità di un emblema encomiastico di antica e armoniosabellezza.Ad impreziosire il libro, un ricco repertorio fotografico che documenta, con ricchezza di particolari, l’affresco prima e dopo il restauro, illustrandone gli interventi più rilevanti che hanno restituito il dipinto al suo originario splendore.Nell’occasione, dopo la presentazione del volume, che segna la prima iniziativa dell’appenacostituito Museo diocesano, avverrà la restituzione al Museo stesso di tre opere appena restauratee di notevole pregio: si tratta infatti di un Crocifisso e un dipinto su tavola col Battesimo di Cristo del XVII secolo e una scultura lignea del Bambino Gesù del XVIII secolo.
Il San Sisto I del Cavalier d’Arpino rivive anche in un libro

Matematico, astronomo, cosmografo: studi e conoscenze che gli valsero il giusto appellativo di “vescovo scienziato”, Ignazio Danti, fu consacrato vescovo di Alatri nel 1583, e qui morì il 19 ottobre 1586, dopo essersi speso totalmente per la sua gente, con una particolare sollecitudine per i poveri ma senza dimenticare i suoi interessi culturali, compreso quello per la pittura, tanto che volle commissionare all’allora giovane Giuseppe Cesari, poi divenuto famoso in tutto il mondo con il nome di “Cavalier d’Arpino”, un ritratto di San Sisto I, conservato per l’appunto ad Alatri.Il dipinto è stato poi fatto restaurare dall’Associazione Gottifredo e restituito così in tutta la sua bellezza in una magnifica serata del luglio di 4 anni fa, all’Acropoli.Questa premessa è indispensabile per dire che ora, peraltro proprio nell’anniversario della morte di Danti, esce un volume dal titolo “Il San Sisto del Cavalier d’Arpino, l’affresco restaurato”, curatoda Mario Ritarossi, il docente del liceo artistico di Frosinone che tanta parte ha avuto in questa riscoperta. Il libro, prefato dal vescovo Ambrogio Spreafico e con una presentazione del presidente dell’associazione ed edizioni Gottifredo, Tarcisio Tarquini, si avvale di alcuni preziosi contributi critici dello stesso Ritarossi, di Maria Letizia Molinari e di Francesco Petrucci, ad introdurre gli appassionati – o anche i semplici curiosi che vogliano così avvicinarsi all’opera e a tutto il genio del Cavalier d’Arpino e di converso all’operato del vescovo Ignazio Danti – alle tecniche del restauro, alla precocità dell’arte di Giuseppe Cesari e alla sontuosità di un emblema encomiastico di antica e armoniosa bellezza.Scrive tra l’altro il vescovo Spreafico nella prefazione, riferendosi al dipinto: «Era un capolavoro che avevamo sotto gli occhi da secoli ma che non aveva mai ricevuto fino ai giorni nostri l’attenzione che meritava. Va reso merito a chi ha voluto richiamare questa attenzione con un’iniziativa che ha incontrato subito il favore del nostro predecessore, monsignor Lorenzo Loppa, e la collaborazione dell’Ufficio diocesano dei Beni culturali e l’Edilizia di culto e della sua responsabile Federica Romiti». Spreafico preannuncia inoltre questa importante novità: «Il San Sisto del Cavalier D’Arpino, sarà una delle bellezze che faranno parte del costituendo Museo diocesano di Alatri; in un certo senso, rappresenterà uno dei suoi beni più prestigiosi e ammirati».Igor Traboni
La “Madonna lignea” di Vico nel Lazio a Roma per il Giubileo

Sono passati 29 anni da quando la statua della Madonna lignea fece il suo ritorno a Vico nel Lazio, nel settembre del 1995, dopo essere stata recuperata dai militari della Finanza in un casolare della campagna romana. Ignoti trafficanti di opere d’arte l’avevano infatti trafugata dalla chiesa di San Martino, una prima volta nel 1975 ed una seconda volta nel 1994. Adesso però la Madonna lignea riparte dal paesino per essere dapprima restaurata, a cura della Soprintendenza e grazie anche ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, e poi per essere esposta nella mostra “Nel tuo nome, l’arte parla di comunità”, in programma durante il Giubileo, presso palazzo Braschi, a Roma, dal mese di aprile del prossimo anno. La cerimonia di saluto per la partenza della Madonna lignea si è svolta sabato 31 agosto, presso la chiesa di San Martino, alla presenza del parroco don Luigi Battisti, del sindaco Stefano Pelloni, del priore della “confraternita orazione e morte” Maria Vittoria Battisti e di un folto gruppo di fedeli. Il coro parrocchiale, diretto dal maestro Luciano Velluti, ha animato la cerimonia con numerosi canti mariani. Dal canto suo Federica Romiti, responsabile dei beni culturali della diocesi di Anagni-Alatri, ha portato i saluti del vescovo monsignor Ambrogio Spreafico ed ha presentato Arianna Ercolani, restauratrice, e Andrea Nante, curatore della mostra romana. Quest’ultimo ha sottolineato il legame tra la comunità e l’effige sacra, esplicitando anche le motivazioni che hanno indotto la Cei a scegliere proprio quest’opera d’arte, tra tutte le altre presenti in Italia, per fruire di un apposito restauro conservativo a cura della Soprintendenza. Al termine della cerimonia il sindaco e il priore hanno espresso soddisfazione per la scelta del restauro, sottolineando il profondo legame che unisce i fedeli di Vico alla Madonna, tanto che, come ricordato dal parroco don Luigi Battisti, ben 5 chiese del paese sono dedicate a Maria. Il gruppo ligneo, alto 123 centimetri, è costituito dalla Madonna seduta con il bambino in braccio; risale al XII-XIII secolo ed è stato realizzato, probabilmente, da artisti laziali. Una dettagliata relazione sull’opera è stata elaborata da Caterina Bizzarri ed inserita nella pubblicazione “Reliquie e reliquiari di Vico nel Lazio e Trisulti con novità storiche ed architettoniche” di Salvatore Iacobelli ed Aldo Cicinelli. Notizie sulla Madonna lignea sono reperibili anche sulla guida turistica di Natale Tomei e nella scheda elaborata dal critico d’arte Mario Ritarossi, nel calendario del 2000 di Arti Grafiche Tofani.
Sgurgola ritrova la sua “Madonna di cera”

Nella ricorrenza delle celebrazioni per la Madonna del Carmine, sabato 20 luglio la comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta a Sgurgola ha presentato un importante progetto di restauro per studiare e recuperare la bellissima statua di Maria col Bambino conservata nella chiesa di San Giovanni. Il gruppo scultoreo, riscoperto all’interno di un’edicola in legno che reca l’iscrizione “Decor Carmeli”, presenta le parti anatomiche in cera su manichini lignei, capelli realizzati in filo e abiti intessuti ricamati: quello che sarà il restauro di un’opera così complessa è pertanto un’operazione delicata, che presuppone competenze multidisciplinari. La diocesi di Anagni-Alatri, affiancando padre Efrain Mora Garcia e Padre Alberto Leal Celis, i due religiosi cui sono affidate le cure pastorali di Sgurgola e del vicino paese di Gorga, ha attivato quindi una collaborazione con l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo che, nell’ambito del Corso di laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei beni culturali, ha maturato una consolidata esperienza e costituito uno specifico gruppo di ricerca sulle opere in ceroplastica.Nell’appuntamento di sabato sono intervenuti le restauratrici Arianna Ceci per illustrare i metodi e i casi-studio di intervento sulla cera, Barbara Proietti e Barbara De Dominicis per il progetto di restauro dei tessuti, Claudia Pelosi e Luca Lanteri per le indagini diagnostiche e Paola Pogliani, storica dell’arte e vicedirettrice dei Laboratori di restauro dell’Università della Tuscia per la presentazione del progetto preliminare. Il restauro, con l’approvazione canonica del vescovo Ambrogio Spreafico e l’autorizzazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina, sarà condotto a Viterbo e restituirà alla comunità di Sgurgola una testimonianza preziosa di arte e devozione, primo passo verso il recupero del pregevole patrimonio ecclesiastico del borgo. Il sindaco Antonio Corsi ha portato i saluti dell’amministrazione di Sgurgola. Un vero e proprio evento per la comunità, che anche il parroco padre Efrain Mora Garcia ha voluto così sottolineare: «Attraverso l’arte, vogliamo anche trasmettere la bellezza di Dio. E qui a Sgurgola abbiamo un patrimonio da riprendere e valorizzare, anche per custodire al meglio quello che ci è statolasciato dai nostri avi. Fin da ora ringrazio la comunità tutta per l’affetto con cui sta contribuendo a questo restauro».
Inaugurati a Fumone i locali per l’attività pastorale e la canonica

Sono stati inaugurati, nel pomeriggio di mercoledì 11 luglio, la casa canonica e i locali per l’attività pastorale delle parrocchie di Fumone, in località Pozzi, presso la parrocchia San Pietro Celestino V e San Paolo VI. La struttura, costruita ex novo con i fondi Cei dell’8xMille, viene inaugurata ad un anno dalla cerimonia della posa della prima pietra. La celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo Monsignor Ambrogio Spreafico,con concelebranti il parroco don Roberto Martufi, il vicario generale della diocesi mons. Alberto Ponzi, mons. Claudio Pietrobono, don Antonio da Padova -sacerdote del Ruanda in servizio nella nostra Diocesi- e dal diacono Vincenzo Pesoli, ha visto la grande partecipazione della comunità di Fumone e proprio nell’omelia il Vescovo ha ricordato come questi nuovi locali possano diventare vivi proprio attraverso le persone, sottolineando l’importanza di fare le cose insieme, perché solo così si può costruire qualcosa di bello e crescere in un cammino di fede e comunione fraterna. Dopo la celebrazione eucaristica sono stati inaugurati, con la benedizione da parte del Vescovo Spreafico e il consueto taglio del nastro, i nuovi locali pastorali. I ringraziamenti del parroco vanno a tutti coloro che si sono impegnati nella realizzazione del centro, a partire dalla Ditta Paolo Costantini che ha consegnato i lavori nei tempi prestabiliti, l’Ufficio dei Beni culturali e l’edilizia di Culto della diocesi che ha portato avanti le pratiche del progetto, e tutti coloro che in ogni ruolo si sono messi a disposizione per la pulizia e la sistemazione dei locali. Don Roberto Martufi ha ricordato, poi, come questa struttura sia stata progettata e sognata come punto di incontro e ritrovo per le attività pastorali della comunità. Il sindaco di Fumone Matteo Campoli dal canto suo ha ringraziato il Parroco per le belle parole e l’impegno costante e il Vescovo per aver permesso la costruzione del complesso, facendo omaggio di una targa con il nome della struttura “Centro Pastorale San Paolo VI”. Il Vescovo e il Parroco hanno infine ricordato, prima della benedizione, l’importanza dei fondi Cei dell’8xMille alla Chiesa Cattolica italiana, perché è proprio grazie ad essi che si possono realizzare strutture come questa, ovvero un centro parrocchiale che servirà come luogo di aggregazione per le attività della parrocchia. Il pomeriggio si è concluso con un momento di agape fraterna. di Chiara Campoli
Alatri (ri)scopre i dipinti della Cappella di San Sisto

Domenica 21 aprile si è tenuto ad Alatri, nella Concattedrale di San Paolo, un evento di grande spessore culturale sulla biografia artistica della pittrice Maria Letizia Giuliani, autrice delle due opere che si trovano all’interno della Cappella di San Sisto e da pochi finora conosciuti. L’evento, voluto fortemente dal coro “In Laetitia Cantus“ in collaborazione con l’Associazione Gottifredo e il patrocinio della diocesi di Anagni-Alatri e del Comune di Alatri, ha riscosso molto successo nonostante il pomeriggio piovoso. Tutto si è illuminato grazie agli interventi musicali del coro “In Laetitia Cantus” diretto dal Maestro Elisabetta Scerrato e con la bellissima spiegazione del professor Mario Ritarossi. È stato Carlo Fantini a moderare l’evento, introducendo i brani musicali e i tre interventi di Ritarossi, il quale è partito dalla biografia della pittrice fino ad arrivare alla spiegazione dei due dipinti. Maria Letizia Giuliani proveniva da una famiglia borghese romana numerosa, aveva studiato all’Istituto Magistrale e l’amore e la passione per l’arte le è stata trasmessa dal nonno materno, Eugenio Cisterna, artista, pittore e decoratore di chiese. La Giuliani si è poi formata nella Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Roma, sviluppando una particolare attitudine nell’ideazione di cartoni per le vetrate d’arte e nella realizzazione di pitture murali. La famiglia Giuliani, infatti, avviò un’attività di artigianato artistico, la “Studio Vetrate d’Arte Giuliani”, destinata a diventare negli anni una delle più importanti della capitale. I due grandi dipinti, eseguiti nel 1932 per la Cappella di San Sisto ad Alatri, sono molto importanti e inediti perché il nonno Eugenio, a cui furono originariamente commissionate le opere, le affidò per intero alla nipote poco prima di morire. L’opera a sinistra raffigura l’ingresso nel 1132 delle reliquie del Santo all’interno della città di Alatri, accolte dal vescovo e da molti fedeli. Quella di destra racconta l’intervento miracoloso del Santo Patrono in occasione dell’assedio alla città di Alatri, compiuto da Federico II di Svevia nel 1243. Tra i presenti all’iniziativa anche il sindaco, Maurizio Cianfrocca, il quale ha sottolineato come nella città di Alatri ci sono ancora tanti tesori che devono essere portati alla luce, ma che soltanto con la collaborazione di tutti questo potrà realizzarsi. di Emanuela Sabellico
Alatri: alla scoperta dei quadri della Cappella di San Sisto

Appuntamento artistico di spessore domenica 21 aprile, con inizio alle 18, nella Concattedrale di Alatri con la manifestazione “Una giovane pittrice ad Alatri. Maria Letizia Giuliani e i quadri della Cappella di San Sisto”, organizzata da Musicarte, con il coro “In laetitia cantus”, l’Associazione Gottifredo, la parrocchia di San Paolo e il patrocinio del Comune di Alatri e quello non oneroso della diocesi di Anagni-Alatri.Il professor Mario Ritarossi presenterà i dipinti e traccerà un profilo artistico e biografico della Giuliani, con interventi musicali del coro “In Laetitia Cantus”, diretto dal Maestro Elisabetta Scerrato, e accompagnato al pianoforte dal Maestro Loretta Proietti. Seguirà una visita guidata alla Cappella di San Sisto dove, seminascosti dalla statua, si trovano per l’appunto i dipinti della Giuliani, artista romana morta nel 1985. Le opere in realtà vennero commissionate al nonno della Giuliani, Eugenio, ma questi poco prima di morire ne affidò la realizzazione alla nipote, già talentuosa quando, ancora giovanissima, a 24 anni, dipinse le due opere
Nominati i membri della Commissione Beni culturali e Edilizia di culto

Il vescovo Ambrogio Spreafico ha nominato, a far data dal 1° marzo e “ad triennium”, i membri della Commissione Beni culturali e Edilizia di culto nelle persone di: don Maurizio Mariani, dottoressa Federica Romiti, monsignor Claudio Pietrobono, don Marcello Coretti, ingegner Fernando Flori, dottor Antonio Agostini.
Dal “Cristo svelato” al Balbi di Trisulti: 10 anni di Associazione Gottifredo

La mostra sul “Cristo svelato”, una tela conservata ma un po’ dimenticata nella Concattedrale di Alatri, è stato il primo e chiaro esempio di collaborazione che l’Associazione Gottifredo – il sodalizio culturale presieduto da Tarcisio Tarquini che in questi giorni festeggia i primi 10 anni di attività – ha intrapreso anche con la diocesi di Anagni-Alatri e primo mattone di altre “incursioni” in ambiti religioso-ecclesiale, a testimonianza di un’apertura e di una visione culturale a 360°. Quella mostra resta un po’ una pietra miliare delle tante iniziative poi portate avanti dalla Gottifredo e, nei due mesi di esposizione nella chiesa degli Scolopi di Alatri, richiamò migliaia di appassionati d’arte, turisti e semplici curiosi, dopo che la perizia dello storico dell’arte Mario Ritarossi attribuì la paternità della “Pietà” a Girolamo Troppa, noto pittore del ‘600. Sempre da quella mostra originò pure la sperimentazione di “traduzione tattile” di opere d’arte, in collaborazione con il Liceo artistico di Frosinone e l’istituto di istruzione superiore di Alatri, così da consentire il pieno accesso alle opere anche agli ipovedenti. Una sperimentazione che si è fatta poi prassi, come avvenuto di recente anche per la mostra “Il corpo e l’idea. La testa anatomica di Filippo Balbi”, a Trisulti. E questo è un altro preclaro esempio di quanto realizzato in questo decennio dalla Gottifredo e il cui elenco sarebbe fin troppo lungo da riportare per intero. Rimanendo però alla mostra sull’opera principale di Balbi – pittore dell’800 di origine napoletana poi insediatosi tra Alatri e Trisulti e che ha lavorato anche per altre chiese del territorio – questa rassegna è stata capace di portare alla Certosa vicino Collepardo decine di migliaia di visitatori, dall’agosto all’ottobre del 2023, da tutta Italia e anche dall’estero, con una risonanza sui media, non solo di settore, che probabilmente è andata anche oltre le più rosee aspettative degli organizzatori. E così la Gottifredo (oggi composta da 36 soci, 3 dipendenti, una borsista, 4 giovani del servizio civile che presto saranno 8) festeggia i suoi primi 10 anni, per niente chiusa nel suo “fortino” del Coworking allestito a Palazzo Gottifredo, nel centro di Alatri, dove risuonano spesso le voci allegre di tanti giovani cinesi che proprio qui studiano italiano, ennesima iniziativa di una associazione già proiettata verso nuovi lidi culturali. E’ di questo 2024, ad esempio, la nascita della Gottifredo Edizioni, che in poche settimane vanta già 5 titoli al suo attivo. di Igor Traboni Nella foto: la mostra del “Cristo svelato”, nella chiesa degli Scolopi ad Alatri