Veglia di preghiera per i missionari martiri

Venerdì 28 marzo il vescovo Ambrogio Spreafico presiederà l’annuale veglia di preghiera per la Giornata dei missionari martiri, promossa dalle diocesi di Anagni-Alatri e di Frosinone-Veroli-Ferentino. Questo momento di preghiera si terrà nel Santuario della Madonna della Neve a Frosinone, con inizio alle 20.45. La Giornata è giunta alla sua edizione numero e quest’anno ha come tema “Andate e invitate”, in riferimento al brano del Vangelo di Matteo che ha accompagnato tutto l’ultimo ottobre missionario. Nella parabola raccontata da Gesù, questo rappresenta un comando che il re dà ai suoi servi nel momento in cui gli invitati non si presentano al banchetto e quindi decide di invitare tutti, anche coloro che stanno ai crocicchi delle strade. In particolare, la sottolineatura dei due verbi “andate” e “invitate” ci ricorda che, sull’esempio dei missionari, come ha scritto papa Francesco nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale del 2024 «la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio. Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto». In questo giorni, fa sapere Missio, l’organismo pastorale della Cei che organizza la Giornata, «vogliamo ricordare in particolare tutte le missionarie e i missionari che hanno donato la propria vita nell’annuncio del Vangelo e nel servizio ai prossimi. In questa giornata di preghiera e di solidarietà, la loro testimonianza di vita vissuta alla luce della Parola incarnata nella quotidianità delle genti con cui l’hanno condivisa, ci richiama a vivere la nostra fede con autenticità. L’esempio dei tanti missionari, testimoni di una vita piena, ci incoraggia nel rinnovare il nostro impegno nell’aiuto ai più bisognosi, nella lotta alle ingiustizie e nel prendere posizione davanti a atti di prepotenza, ricordandoci che anche nelle situazioni umane più drammatiche può accendersi una luce di Speranza. Questo giorno in cui tutta la comunità ricorda i propri missionari caduti coincide con il giorno dell’uccisione di san Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, avvenuta nel 1980. Il suo impegno accanto al popolo salvadoregno in lotta contro un regime indifferente alle condizioni dei più deboli e dei lavoratori e la sua figura così vicina e attenta agli ultimi, lo resero un punto di riferimento».
Legalità e bene comune: tanti gli spunti dal confronto promosso da Azione Cattolica

Si è tenuto nel pomeriggio di lunedì 10 marzo, presso il Centro pastorale di Fiuggi, il convegno promosso dall’Azione Cattolica diocesana sul tema “Legalità e bene comune”, in cammino sulla strada tracciata dalla 50° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani svoltasi a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. La presidente dell’Azione Cattolica di Anagni-Alatri, Concetta Coppotelli, ha introdotto il convegno sottolineando il significato dell’iniziativa, ovvero un segno tangibile di quanto sia più importante avviare dei processi che possano portare con i giusti tempi ad un cambiamento, piuttosto che occupare spazi, un atteggiamento quest’ultimo dominante nell’agire politico contemporaneo. La politica non può essere relegata a una dimensione teorica e distante, ma deve essere vissuta come un impegno quotidiano per migliorare la società. La formazione politica non deve essere vista come un privilegio per pochi, ma come una necessità per tutti coloro che desiderano contribuire al bene comune, soprattutto per i giovani. La presidente di Ac ha quindi citato il beato Giuseppe Toniolo e il suo pensiero sulla democrazia, ricordando quanto sia necessario tornare ad abitare nuovi luoghi, dove fede e impegno pubblico possano dialogare senza contrapposizioni, dando forma concreta alla costruzione del bene comune. Ha voluto ringraziare i tanti partecipanti che gremivano la sala, il vescovo Ambrogio Spreafico, le autorità politiche e militari presenti e i relatori che hanno accolto l’invito: il vescovo di Verona Domenico Pompili e il dottor Roberto Maria Sparagna, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia. A moderare il convegno l’avvocato Daniele Bruno, della Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù, Ente strumentale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, il quale ha avviato il confronto ricordando i temi centrali affrontati a Trieste: lo stato attuale della democrazia e la partecipazione attiva dei cittadini colpita dal crescente fenomeno dell’astensionismo elettorale. Proprio a questo proposito ha spiegato come il Magistero della Chiesa non vuole esercitare un potere politico né eliminare la libertà d’opinione dei cattolici su questioni contingenti, ma istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, perché il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. Il vescovo Ambrogio Spreafico sul tema della partecipazione e del contributo dei cristiani alla vita politica, ha voluto ricordare come i cristiani rappresentano un “noi” nel trionfo attuale dell’”io” e come basterebbe recuperare pienamente questa consapevolezza per capovolgere la realtà del nostro tempo; da questo stesso principio deriva infatti il rispetto delle regole che è direttamente collegato a volere il bene dell’altro. «Noi siamo un noi – ha detto tra l’altro Spreafico – e il ritrovarci insieme è la prima risposta che possiamo dare al bisogno di partecipazione; se non lo fai, vuol dire che non ti interessa il bene dell’altro. E la partecipazione nasce da una cultura, da un modo di pensare. E’ necessario coltivare e far crescere la cultura del “noi”, anche nelle nostre comunità». Il magistrato Roberto Sparagna si è espresso sul tema della legalità, tema inflazionato, ma che riguarda tutti e non solo gli operatori di giustizia. Legalità vuol dire osservare la legislazione vigente. La parola “legale” viene da legge, qualcosa che lega ovvero vincola e l’aspetto positivo di questa accezione è che la legalità presuppone l’unione con gli altri, “dove c’è società umana lì troverai il diritto, la legalità”. Citando Aristotele ha ricordato come “l’uomo è un animale sociale che comunica con gli altri”, ma l’uomo di oggi ha perso la sua qualità di essere uomo sociale parlante. I concetti di società, legalità e uomo sono fortemente connessi. La legalità ha bisogno di regole a diverse scale sociali che, se non sono rispettate, comportano per i trasgressori una sorta di estromissione dalla comunità: dalla famiglia allo Stato, fino ad arrivare alle organizzazioni sovranazionali. Le leggi per essere giuste devono rispettare dei principi fondanti e questi valori li ritroviamo nella Costituzione italiana (uomo come fine e non come mezzo, diritti e doveri della persona, il diritto di voto per l’esistenza stessa della nostra comunità, il lavoro e la dignità che ne deriva, il principio di uguaglianza ecc.). La legge è paragonabile al vincolo di una fune che tiene unita tutta una comunità, ma occorre nominare chi la faccia rispettare e se qualcuno se ne approfitta il legame si scioglie e la fune viene tagliata. Sparagna ha poi raccontato la sua esperienza come magistrato nell’Operazione Minotauro, condotta contro la ‘ndrangheta in Piemonte, e come uno dei maggiori indagati abbia deciso di pentirsi e diventare un collaboratore di giustizia dopo averlo conosciuto. Un episodio fondamentale che attesta in modo indelebile l’importanza di rispettare la dignità delle persone con le quali abbiamo a che fare anche se hanno commesso dei reati gravi, perché la giustizia può ricucire il legame sociale reciso dalla trasgressione delle regole e raddrizzare le coscienze deviate. Ha poi testimoniato l’impatto nella sua vita della scelta di seguire la legalità ovvero essere costretto a vivere sotto scorta con tante limitazioni per la sua vita privata. Il vescovo di Verona Domenico Pompili ha parlato del rapporto tra giustizia e carità individuando nella figura di Gesù la differenza tra la giustizia terrena e la giustizia di Dio. La carità porta a compimento la giustizia e il Magistero della chiesa lo ricorda ai cattolici già nella Rerum Novarum di Leone XIII fino a Papa Francesco in Fratelli Tutti, sottolineando la connessione tra legalità e fratellanza. Dai tempi della Rivoluzione francese libertà, uguaglianza e fraternità sono state adoperate in modo non unitario e una ha finito di prevalere sull’altra generando ideologie estremiste e i totalitarismi. Ha ricordato come il Vangelo può trasformare la realtà e come oggi manchi nella società un pensiero critico che va assolutamente recuperato sull’esempio del cristianesimo sociale dell’800 a Verona, quando sacerdoti e religiosi istituirono scuole, luoghi di cura e banche di credito cooperativo attraverso la loro presenza nei gangli della società del loro tempo e della loro città. Ha criticato l’atteggiamento di chi identifica le vittime con i colpevoli, stigmatizzando la mentalità per cui “i poveri se la sono
50° di ordinazione sacerdotale del vescovo Ambrogio

Dodici aprile 1975: Ambrogio Spreafico viene ordinato presbitero a Roma. Le diocesi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, in preghiera e in segno di ringraziamento al Signore, si stringono attorno al loro Vescovo nel 50° di ordinazione sacerdotale. Per l’occasione, domenica 6 aprile il vescovo Ambrogio presiederà la celebrazione eucaristica nell’abbazia di Casamari, con inizio alle ore 16.
Mercoledì delle Ceneri: l’omelia del vescovo Ambrogio

Mercoledì delle Ceneri, 5 marzo 2025, Cattedrale di Anagni Sorelle e fratelli,l’inizio del tempo di Quaresima con il rito delle Ceneri ci sorprende sempre, perché sembra unacontraddizione in un mondo dove si ama la forza, dove si cercano uomini e donne forti cherispondano alle incertezze e alle paure che rendono difficile la vita. Siamo nel tempo della forza,che si impone, che ti abitua a pensare che la vita è vincere, sfruttare, sottomettere ed eliminare glialtri. Non si tratta solo delle guerre, ma anche di un sentire comune e di un modo di vivere, cherendono difficile una convivenza fraterna e amica. “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai”sono parole singolari, che sembrano un po’ fuori dal mondo. In realtà sono parole che ci aiutano acapire chi siamo e a non averne paura. Siamo uomini e donne fragili, deboli. Basta poco perrenderci incerti, paurosi, preoccupati, ansiosi.Per questo il Signore vorrebbe dirci: non avere paura della tua fragilità. La forza vera, quella chefa vivere e crescere, che rende umani e felici, viene dal mio amore, dalla mia parola, dall’esserefratelli e sorelle, amici. Solo l’amore sconfigge il male e vince persino il nemico. Le ceneri chericeverai sul tuo capo ti ricordano chi sei e insieme la protezione di Dio sulla tua vita. Ma oggi cidice anche, come abbiamo ascoltato dal profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore…ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grandeamore”. Il tempo che iniziamo è un invito alla fiducia e alla speranza. Possiamo trovare forza nelladebolezza nel Signore misericordioso e di grande amore. La sua Parola ci guiderà in questo tempotra le incertezze del tempo e la violenza del mondo per diventare donne e uomini che diffondono ilprofumo dell’amore di Dio con mitezza e umiltà, prendendoci cura gli uni degli altri, soprattutto deipoveri e delle persone più deboli di noi, come ad esempio gli anziani e i malati.Vogliamo essere in questo tempo come quel popolo di cui parla il profeta: “Radunate il popolo,indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti, esca lo sposodalla sua stanza e la sposa dal suo talamo”. Abbiamo bisogno di essere popolo, insieme, piccoli egrandi, giovani e anziani, per custodirci nella nostra fragilità. Quanto conta per un uomo e unadonna sapere di non essere solo, di essere in un popolo, una comunità, avere qualcuno a cui puoirivolgerti, che ti può ascoltare e aiutare. In questo senso siamo protetti e abbiamo la nostra forza e lasaggezza che ci viene da Dio.Per questo il Signore nel Vangelo ci offre le armi necessarie per vivere come suo popolo econdividere la nostra vita senza isolarci e pensare di far da soli, come ci fa credere il mondo conl’inganno delle sue parole e delle sue illusioni. Elemosina, preghiera e digiuno sono le armi che ci daranno forza e ci renderanno capaci di aiutarci e aiutare gli altri, persino al di là di coloro cheincontriamo ogni giorno. Infatti, l’elemosina ci apre alla condivisione e alla gratuità, la preghieratravalica i confini e raggiunge tutti, soprattutto chi soffre per la guerra e l’ingiustizia, il digiuno ciricorda di saper rinunciare a qualcosa di nostro per far spazio al Signore e agli altri. Non siamo soliin questo esercito disarmato di miti e di umili. Siamo nella Chiesa di Cristo, accompagnati dainostri fratelli e sorelle. Siate segno di unità della famiglia umana. Siate segno di amore e dicondivisione, germe di speranza per tutti senza mai escludere nessuno. Nella coscienza dellafragilità della condizione umana, ricordiamo oggi in particolare papa Francesco, perché siasostenuto dall’amore di Dio e possa tornare presto a guidarci con le sue parole di speranza e di pace.Sorelle e fratelli, che in questo tempo possiamo essere anche noi un popolo grande, che saavvicinare tutti alla mensa della Parola di Dio e del Pane di vita eterna, piccoli e grandi. Abbiamobisogno di riscoprire nella liturgia della Domenica il valore e la forza di essere insieme, di gustare lagioia e la bellezza di essere cristiani, amici, sorelle e fratelli.Amen
Tempo di Quaresima: il vescovo Ambrogio incontra gli operatori pastorali

Domenica 9 marzo 2025 l’incontro del vescovo Ambrogio per l’inizio della Quaresima, con un invito a partecipare rivolto a tutti gli operatori pastorali, ai catechisti, agli educatori, ai volontari della Caritas, ai ministri straordinari della Comunione, agli insegnanti di religione, agli animatori liturgici, ai giovani…L’incontro si terrà presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria del Carmine, in via Cavariccio, a Tecchiena (ampia possibilità di parcheggio nella zona retrostante la chiesa), con inizio alle ore 16.
Il vescovo tra i pazienti dell’ospedale di Alatri: «L’amore è la medicina della vita»

In occasione della Giornata del malato, mercoledì 12 febbraio il vescovo Ambrogio Spreafico ha presieduto la Messa nella cappella dell’ospedale di Alatri, concelebrata dal cappellano ospedaliero, don Alessandro Tannous, e dal diacono Giovanni Straccamore, alla presenza di numerosi pazienti, dei loro familiari, di medici, paramedici e amministrativi del nosocomio, di alcuni malati seguiti dall’Unitalsi, con la presidente di sezione Paola Pietrobono, e di alcuni ospiti della cooperativa “Ia ia oh” di Fiuggi, con il responsabile Piergiorgio Ballini, e con il servizio all’altare delle suore ospedaliere della Misericordia. Nel corso dell’omelia, monsignor Spreafico si è subito riallacciato alla Madonna di Lourdes, la cui statua è presente nella cappella dell’ospedale, per ricordare quel “pentitevi” che disse a Bernadette: «Ma noi siamo in un mondo in cui non si pente più nessuno, ognuno invece urla per avere ragione sull’altro, e ci fosse una volta che chiede scusa, mai uno che dice “mi dispiace, ho sbagliato”, in un mondo in cui tutti si credono giusti. Però quel “pentitevi” non è una punizione, ma è un modo di vivere di uomini e donne che con saggezza sanno che sono peccatori come tutti, perché ognuno di noi uomo è fragile e talvolta non segue quello che il Signore ci dice e che ci aiuta a vivere, ma segue piuttosto se stesso. Ma quando uno si crede chissà chi, allora la vita non funziona». E qui il vescovo di Anagni-Alatri si è ricollegato al Giubileo, ricordandone anche le origini anagnine con la Bolla del primo di questi eventi emanata da papa Bonifacio VIII nel 1300: «Il Giubileo è un grande dono, una grazia, perché anzitutto è perdono. E quando una persona lo riceve, anzitutto deve avere la coscienza che ne ha bisogno, quel riconoscere che senza il Signore, senza gli altri, non viviamo bene insieme. Ma oggi c’è troppa prepotenza e poi si litiga e ci lamentiamo sempre degli altri. Il problema resta il cuore, il modo in cui uno vede gli altri: questo oggi ci impedisce di essere amici». Non a caso, ha rimarcato Spreafico, la Messa inizia con la richiesta di perdono «e i peccatori, se riconoscono di essere tali, possono cambiare e contribuire a costruire un mondo migliore, più umano, meno guerrigliero. Anche noi possiamo fare molto, e ce lo spiega Maria, giovane donna che fece l’unica cosa giusta da fare: ascoltò Dio che le parlava». Il vescovo si è quindi rifatto al brano del Vangelo di Giovanni annunciato poco prima, sulle nozze di Cana: «Quando finisce il vino, Maria si rivolge a Gesù e sa che esaudirà la preghiera, e allora dice ai servi: qualunque cosa vi dice fatela. E allora noi chi siamo? Siamo i servi, dobbiamo ascoltare quello che ci dice Gesù, perché se tu lo ascolti avviene il miracolo, quello che hai devi portarlo davanti a Gesù, come quegli invitati portarono le anfore piene di acqua. Questo vuol dire che ognuno di noi comunque ha qualcosa, magari solo un’anfora piena di acqua, ma se tu le cose che hai le condividi, quelle si trasformano, ed ecco il miracolo. Condividere, anche se sembra poco: anche se è poco, una parola a una persona che ha bisogno, un sorriso a uno che ha sempre la faccia triste, una carezza a un anziano che sta male, una visita a un bisognoso, un gesto di solidarietà verso una povera famiglia o chi vive per strada, guardare con simpatia uno straniero o un immigrato senza giudicarlo. E’ qui che avviene il miracolo. Noi abbiamo bisogno di rendere la vita di tutti bella, dobbiamo essere buoni, gentili, prenderci cura degli altri, aiutare chi soffre. Siamo chiamati a dare quel poco che ognuno di noi ha agli altri e questo renderà la vita di ognuno più umana». Monsignor Spreafico ha quindi concluso ricordando che «la medicina della vita, oltre a quella che cura i malanni, è anzitutto la condivisione dell’amore: una medicina che guarisce l’anima e il cuore, perché tutti possano vivere come fratelli e sorelle». Al termine, dopo un pensiero di ulteriore vicinanza e affetto ai malati e ai loro parenti e a quanti lavorano in ospedale, è stata impartita l’unzione degli infermi. Igor Traboni
Festa dell’Apparizione: pellegrinaggio a piedi alla Santissima, guidato dal vescovo Ambrogio

In occasione della Festa della Apparizione della Trinità, domenica 16 febbraio torna il tradizionale pellegrinaggio a piedi al santuario della Santissima Trinità di Vallepietra, nell’unico giorno della pausa invernale in cui il sacro speco sarà aperto (la riapertura ufficiale ai fedeli ci sarà invece il 1° maggio). Come lo scorso anno, sarà il vescovo Ambrogio Spreafico a guidare il pellegrinaggio a piedi. Il ritrovo è previsto per le 7 in piazza Italia, al centro di Vallepietra proprio davanti alla chiesa parrocchiale, con la benedizione e l’inizio del pellegrinaggio; alle 10.30 la celebrazione eucaristica al santuario, presieduta da monsignor Spreafico. Nel pomeriggio, il programma delle celebrazioni proseguirà nella chiesa parrocchiale di Vallepietra, con la recita del Rosario alle 16 e alle 16.30 la Messa, presieduta dal rettore del santuario, vicario generale della diocesi e parroco di Vallepietra, monsignor Alberto Ponzi. Seguirà la processione per le strade del paese con il quadro della Trinità. (nella foto, un momento del pellegrinaggio 2024, sempre con la guida del vescovo Ambrogio Spreafico, qui impegnato nell’ascesa)
Celebrazione di San Biagio a Fiuggi, l’omelia del vescovo Spreafico

San Biagio (Fiuggi, 3 febbraio 2025) Sorelle e fratelli, le feste dei santi ci offrono sempre la possibilità di rinnovare la nostra fede e la nostra vita e anche di capire il tempo in cui siamo, sebbene la loro vita sia a volte molto lontana da noi. Come sapete infatti, San Biagio era nato e vissuto a Sebaste in Armenia, terra che ha mantenuto nei secoli la fede cristiana, nonostante il suo territorio sia stato più volte devastato fino al genocidio degli anni 1915-1916, quando furono sterminati più di un milione di armeni dall’Impero Ottomano. Una storia di violenza e di dolore, di cui lo stesso San Biagio fu parte, subendo il martirio nel 313. Questa storia ci ricorda il dolore di un popolo e la violenza del mondo, che si ripete in ogni epoca. Anche oggi, sorelle e fratelli, siamo davanti a un mondo violento, un mondo in guerra, dove la prepotenza e il potere arrogante umiliano e distruggono, fanno crescere l’odio e le inimicizie. Come discepoli di Gesù, mite e umile di cuore, che ci invita a imitarlo, non dobbiamo mai schierarci con la violenza, che oggi si annida nei cuori, si esprime nelle parole e corre sui social, dove persino si gioca e si gode della violenza. Quanto è triste e scioccante vedere esaltata e imitata la violenza, ripresa e postata, come se distruggere o vincere un altro, magari solo nel gioco on line, possa rendere felice qualcuno. Cari amici, stiamo diventando troppo allineati con questo mondo in guerra, come se fosse normale.Allora ci chiediamo: è possibile essere felici in un altro modo? O per esserlo si deve sottomettere un altro con la prepotenza e la forza o si deve essere padroni di un pezzo di mondo? Qual è la forza dei cristiani? Abbiamo ascoltato nella Lettera di Paolo Apostolo ai Romani: “In tutte queste cose (Paolo sta parlando delle tribolazioni e sofferenze della vita, angoscia, persecuzione, fame, pericolo, morte…) noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati…. (insomma nessun potere mondano e celeste) potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo, nostro Signore”. Ecco la nostra forza, che fa vivere e rende felici: l’amore di Dio in Gesù, la cui Parola è luce e guida delle nostre giornate, di quanto pensiamo e diciamo, delle scelte e delle attese e speranze di ognuno. Per questo siamo qui. Per questo veneriamo i santi. Non solo per ripetere tradizioni anche belle e significative, bensì per farle vivere oggi nella nostra vita, nelle nostre comunità e nei luoghi in cui viviamo.Certo, la via proposta da Gesù sembra difficile, impossibile. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”. Vediamo. Primo: andare dietro a Gesù. Già questo è un problema, perché di solito si va dietro a se stessi, si segue se stessi, si vuole salvare se stessi. Soprattutto nei tempi difficili si pensa: ma che m’importa di quello e di quell’altro, l’importante che sto bene io. Devo pensare a me stesso, e poi, se posso, penserò anche a qualcun altro! Credo che lo pensano in molti. Allora che vuol dire Gesù? Una cosa molto semplice: se tu pensi a salvare solo te stesso, non riuscirai mai. Infatti la storia è piena di gente triste e sconfitta perché ha fatto e fa solo il proprio interesse. Al contrario, se tu ti occupi di salvare, cioè di aiutare a vivere un altro, salvi anche te stesso, perché noi siamo fatti per crescere insieme fratelli e sorelle, non nemici che si eliminano o si ignorano. Allora stai attento quando ti dicono: pensa a te stesso e non ti preoccupare degli altri! E’ un tranello. Che vuol dire allora – seconda cosa – salvarsi perdendo la propria vita par causa di Gesù? Se tu lo ascolti, lo segui, impari a capire che l’amore vero è anche perdere, cioè lasciare qualcosa di sé, accettare di prendere un po’ le distanze da sé. Infatti, se vuoi bene a una persona, la devi lasciare entrare nella tua vita, facendole spazio, dandole un posto nel tuo cuore, nel tuo tempo, nella tua vita, altrimenti sei solo ingombrante e sarai padrone e non amico. Fai spazio al Signore in te e all’altro e ti salverai da quell’egoismo che rende tristi, insoddisfatti, prepotenti, sempre a chiedere, mai a dare con gratuità.Ecco i santi, cari amici. Avevano capito che l’amore di Dio li rendeva liberi, felici, e che ognuno poteva accogliere questo amore e imitarlo amando gli altri, prendendosi cura di qualcuno, facendo spazio nella propria vita alla parola di Dio e agli altri, a cominciare dai poveri, dai sofferenti, da chi ha più bisogno di amore. Pensiamo ai tanti anziani negli istituti anche qui a Fiuggi. Avete mai pensato che li si può andare a trovare, ad esempio? San Biagio è patrono della gola. Vorrei chiedergli nella preghiera che guarisca la nostra gola, da cui passa il suono delle parole, da un linguaggio volgare, violento, offensivo, duro, urlato, irrispettoso, nemico. Aiutaci san Biagio a purificare il nostro vocabolario, a vivere imparando a dare amore, a diffondere bontà, gentilezza, benevolenza, affabilità, con le nostre parole e i nostri gesti. ———– Simone Lisi, Priore della venerabile confraternita del Santissimo Sacramento ed Immacolata Concezione della chiesa di San Biagio, ha poi inviato una lettera al Vescovo, in cui si dice tra l’altro che «la Sua guida è per noi una costante fonte di ispirazione e di conforto. Grazie per la Sua vicinanza e il Suo impegno a favore della nostra comunità».
Presentazione del Signore: l’omelia del vescovo Ambrogio per la Giornata della vita consacrata

Sorelle e fratelli, cari consacrati e consacrate, ci ritroviamo in questa festa accompagnati dalla lucedel Signore, con cui siamo entrati in questa chiesa. Queste luci ci fanno riscoprire la luce delSignore, come disse Simeone accogliendo Gesù: “I mie occhi hanno visto la tua salvezza, preparatada te davanti a tutti i popolo: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Abbiamobisogno di luce. Il mondo ha bisogno di luce. Le guerre, la violenza, l’odio, oscurano la luce, nonfanno vedere che se stessi e nell’oscurità gli altri appaiono spesso come nemici che minacciano latua esistenza, quindi possibilmente da eliminare. Perciò si cresce nella paura dell’incontro,dell’amicizia, di un dialogo pacifico. Si vive nella solitudine, scelta o imposta, come quella di tantianziani soli a casa o in istituto, di adulti che si ritirano in disparte, o anche di quei giovani molto suisocial e troppo poco con gli altri. Il buio crea tristezza, distanza, non fa vedere il bene, non favedere l’altro come parte del tuo vivere.È possibile vivere nella luce? Il Vangelo ci indica una risposta: imparare ad essere donne e uominidell’attesa, perché l’attesa è speranza, fa guardare al futuro, libera dalla prigionia del presente,dell’oggi. Pellegrini di speranza è l’invito del Giubileo. Nei tempi difficili ognuno si deve chiederecosa significa essere donne e uomini di speranza. Noi siamo abitudinari, ripetiamo consuetudini,pratiche religiose, con generosità e sacrifici portiamo avanti opere che caratterizzano il carisma diognuno. Non basta, sorelle e fratelli. La Parola di Dio, che è “lampada per i nostri passi, luce per ilnostro cammino”, e che è divenuta uno di noi in Gesù, ci chiede di cambiare, ci chiede unrinnovamento, un nuovo inizio. Non basta ripetere se stessi, neppure la lunga e bella storia di uncarisma. La Parola di Dio chiede di ripensarci nella storia di questo tempo, nel buio che circonda esoffoca la vita di tanti uomini e donne. Non ci sono risposte prefabbricate, neppure modelli ugualiper tutti. Ma ognuno, ogni comunità, ogni Congregazione, piccola o grande che sia, si deve porrecon umiltà davanti alla luce di Dio in Gesù e chiedersi: ma io, noi, facciamo ancora luce? Siamouna via che avvicina al Signore gli altri? Le nostre opere sono segno di quella presenza luminosa diDio nel buio del mondo?Simeone e Anna non erano speciali. Erano due anziani, seppero sperare e aspettare non in modopassivo, non pensando che toccava agli altri cambiare qualcosa di quel mondo pieno di ingiustizie edi violenza come il nostro. Anzitutto pregavano. La preghiera, il tempo della preghiera è il tempo diDio in noi e nella storia. È la via per vedere, è la luce per capire e vivere. La preghiera tiene vival’attesa, fa vivere la speranza come qualcosa che aiuta a costruire il futuro, a riempirlo dellapresenza di Dio, a scoprine la presenza nelle donne e negli uomini che incontriamo ogni giorno. Manoi pensiamo mai che in ognuno, in ogni uomo e ogni donna, è impressa l’immagine e la somiglianza di Dio? E quindi, quando li incontriamo, siamo chiamati a fare emergere quellapresenza perché solo così ciascuno potrà scoprire il bene in sé e negli altri, e quindi iniziare a fare ilbene. Anna, dice il Vangelo, che, “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio eparlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”. Quando noi parliamo congli altri, sappiamo far trasparire nelle nostre parole e nei gesti la luce del bambino di Betlemme,l’atteso delle genti? Oppure ripetiamo noi stessi, magari con un fare lamentoso, pieno di giudizi e discarsa speranza? Eppure, nel cuore di tutti c’è sempre l’attesa di una luce, di una buona notizia inuna società che sa solo diffondere cattive notizie, che condivide la violenza come fosse normale?Sorelle e fratelli, il Signore ha bisogno di noi, di voi, di una rinnovata passione per la missioneche vi ha affidato all’inizio della vostra consacrazione e che oggi rinnovate. Accogliamo questoinvito come un nuovo inizio. Non possiamo solo ripetere noi stessi. Il mondo è troppo buio e ilSignore nostra luce si affida a noi perché illuminiamo il cammino degli altri, dai piccoli aglianziani, dai poveri ai ricchi, dai credenti a chi dice di non credere. Nessuno è solo. Siamo pellegrinidi speranza insieme. Il nostro essere pellegrini si fa insieme, insieme alle nostre comunità, ma anchealle donne e agli uomini di questa terra, così piena di bellezze ma anche di tante sofferenze esolitudini, a volte umiliata, inquinata non solo nell’aria e nelle acque, ma nel cuore di chi la abita,rendendo buia la vita di tanti. La paura non si vince con la durezza e l’arroganza. La paura puòliberare energie di bene solo con la pazienza dell’amore, che è incontro, ascolto, amicizia,condivisione. Siate dunque tutti profeti di speranza!
Giornata vita consacrata: celebrazione a Tecchiena e professione di una suora ad Anagni

Il vescovo Ambrogio Spreafico presiederà domenica 2 febbraio a Tecchiena (chiesa Madonna del Carmine, alle 15) la celebrazione per la XXIX Giornata mondiale della vita consacrata, organizzata a livello interdiocesano dalle Usmi di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino, in occasione della festa della Presentazione del Signore. Sempre nel pomeriggio di domenica 2 febbraio, ma alle ore 17, monsignor Spreafico celebrerà Messa nella chiesa del monastero di Santa Chiara, ad Anagni, per la professione temporanea di suor Maria Chiara Mirella Martinez Castaneda tra le sorelle povere di Santa Chiara, la cui comunità anagnina sta conoscendo una fioritura di vocazioni.