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Ecumenismo e “Dottrina della Giustificazione”: se ne è parlato ad Anagni

19 Dicembre 2023

Ecumenismo e “Dottrina della Giustificazione”: se ne è parlato ad Anagni

Il nostro sogno è che l’ecumenismo diventi sempre più ‘di popolo’  in un cammino della verità nella carità…in vista di una comunione sempre più vera puntando a ciò che lo Spirito Santo vuole” ha affermato sr. Gabriella Grossi, direttrice dell’Ufficio diocesano per i dialoghi di Anagni-Alatri, all’incontro del 10 marzo scorso presso l’Istituto teologico Leoniano, presenti alcuni sacerdoti, studenti, laici impegnati o interessati a questo dialogo, e un ministro della Chiesa neo-apostolica di Roma, oltre a diverse persone collegate via internet anche da altre regioni d’Italia.

Ci si augura che la dimensione ecumenica possa entrare nella pastorale ordinaria delle parrocchie, nella catechesi, nell’agire concreto dei rapporti da costruire con quanti appartengono ad altre Chiese. Ma come arrivare a questo? Una via è senz’altro quella di una formazione alla mentalità ecumenica, che penetri mente, cuore, e braccia (a dirla con Papa Francesco).  Conoscere le Chiese per poterle stimare, e amare, e conoscere anche i documenti elaborati a livello teologico per specchiarsi in essi.

Yves Congar, grande ecumenista dei tempi del Concilio, parlava di ‘recezione’ come realtà ecclesiologica, quando un documento diventa vita vissuta, cioè la comunità si riconosce in esso, lo accoglie, comincia a viverlo e diventa parte della sua esistenza.

L’incontro ad Anagni ha avuto valenza ecumenica in particolare perché condotto insieme da don Pasquale Bua, direttore dello steso Istituto teologico, e Heike Vesper, della Chiesa luterana a Roma, impegnata in campo ecumenico presso il Centro Uno del Movimento dei focolari.

Il focus era dedicato alla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, firmato ad Augsburg nel 1999 fra Chiesa cattolica romana e Federazione Luterana Mondiale.

Ricca di spunti la presentazione del documento da parte di don Bua, che ha aperto gli occhi sul suo significato e portata storica. Esso, dopo quasi 500 anni, ha ratificato il consenso di fondo delle due Chiese su verità fondamentali della realtà della Salvezza. Senza negare che esistano alcune differenze ma non considerandole tali da intaccare e compromettere l’unità di fondo in ciò che crediamo. È scritto nella Dichiarazione:

l’elaborazione luterana e l’elaborazione cattolica della fede nella giustificazione sono, nelle loro differenze, aperte l’una all’altra e tali da non invalidare di nuovo il consenso raggiunto su verità fondamentali. (D.C.n.5.40). Con ciò, le condanne dottrinali del XVI secolo, nella misura in cui esse si riferiscono all’insegnamento della giustificazione, appaiono sotto una nuova luce: l’insegnamento delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione non cade sotto le condanne del Concilio di Trento. Le condanne delle Confessioni luterane non colpiscono l’insegnamento della Chiesa cattolica romana così come esso è presentato in questa Dichiarazione. (n.5.41).

Dunque non si parla più di condanne reciproche ma di unità in una “legittima pluralità”, un principio che già i Padri della Chiesa accettavano (la Chiesa dei primi secoli si realizzava nella comunione delle Chiese locali, ciascuna con la sua legittima autonomia). Si apre un nuovo modello di Chiesa, ma anche di ecclesiologia – ha continuato don Bua – in cui tutte le parzialità confluiscono mantenendo la loro originalità.

Tutto ciò richiede un cambiamento paradigmatico nel modo di pensare e di agire. Non più il modello del ‘ritorno’ come si pensava in ambito cattolico fino al Concilio, né l’idea che ci si debba convertire alla confessione altrui. Il modello è quello della comunione, cioè l’unità nella pluralità.

Ma qual è il punto focale della Dichiarazione?

Essa risolve una delle criticità più controverse della riforma, offre cioè una ‘comprensione condivisa, un consenso sulle verità fondamentali della giustificazione. Le elaborazioni tra loro diverse sui singoli aspetti sono compatibili con tale consenso”.

In sintesi estrema, è nostra fede comune credere che la salvezza viene da Dio Trinità: “Insieme crediamo che la giustificazione è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della giustificazione. Pertanto, la giustificazione significa che Cristo stesso è la nostra giustizia, alla quale partecipiamo, secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. […] Insieme confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia” siamo redenti. Questo è quello che i cattolici accolgono.

E le ‘opere’, l’oggetto più controverso 500 anni fa?  la grazia che raggiunge l’uomo senza suo merito in modo preminente, lo trasforma dal di dentro e lo rende capace di farsi libero cooperatore di Dio, dandogli la forza di operare (cfr.n.15 e segg. della Dichiarazione). Questo viene condiviso anche dalla Chiesa luterana. Qui il protagonista è la Misericordia di Dio, la Buona Notizia che come cristiani – e peccatori – possiamo accogliere con piena fiducia e abbandono: senza di essa non possiamo fare nulla.

Non è stato frutto di un compromesso politico ma, per entrambe le Chiese, un ritorno alla sorgente, cioè alla Scrittura, ad ascoltare – in modo più profondo, sincero e incondizionato, libero da pregiudizi – ciò che essa ci dice, per superare le letture e interpretazioni parziali (se la Scrittura è divisiva è segno che non stiamo ancora comprendendo). Nell’accordo trovato nessuna delle due parti ha rinunciato a qualcosa. Il cammino ecumenico non è un cammino al ribasso, ma piuttosto un consenso in cui ciascuno ha trovato qualcos’altro lungo la strada, dunque esce non impoverito ma arricchito, non ci perde ma ci guadagna.

Heike Vesper ha ricordato la festa che fu celebrata quel giorno ad Augsburg – dove anche lei era presente – prima in una chiesa cattolica e poi tutti nella chiesa luterana di S. Anna, chiese che non potevano contenere la folla. Il frutto del lungo lavoro teologico sul documento era stato favorito anche dal basso da una corrente di riconciliazione degli animi, di richieste di perdono per il male arrecato gli uni agli altri e per le colpe commesse davanti a Dio, espresse da alcune realtà di base dell’una e l’altra parte sciogliendo nodi legati da secoli. Una tessitura di rapporti che aveva contribuito alla partecipazione di popolo.

Con schiettezza H. Vesper ha spiegato come in Germania il cammino post-dichiarazione non sia facile,  per le speranze suscitate ma con la forte esigenza di superare anche ciò che resta da risolvere, come l’ospitalità eucaristica, la diversa visione ecclesiologica… in una Germania, dove la presenza di cattolici e luterani è più o meno pari, gli ostacoli nella vita quotidiana sono molto evidenti e sofferti (matrimoni misti, sfida nell’educazione religiosa dei figli, modo di partecipazione alle cerimonie liturgiche…), insieme alla forte secolarizzazione che richiederebbe una testimonianza comune. Il passato non si può cancellare, ma si può superare in un percorso di riconciliazione e approfondimento sui vari temi di carattere pastorale. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il riconoscimento reciproco dell’unico battesimo ci richiamano alla guarigione delle ferite e della memoria in una conversione quotidiana con la grazia di Dio.

Un cammino quindi in salita, ma che va avanti, nonostante tutto. Dopo il 1999 infatti è successo qualcosa di imprevedibile, che entrambi i relatori hanno illustrato e che Lutero non avrebbe mai immaginato che potesse accadere, dati i tempi difficili in cui era vissuto.

Il consenso si è progressivamente allargato si può dire in modo contagioso: associazioni, aggregazioni di altre confessioni cristiane si sono avvicinate. E si sono aggiunte altre tre firme: la Federazione Metodista Mondiale (2005), la Comunione Anglicana (2016) e la Comunione mondiale delle Chiese riformate (2017), ome risulta dal testo aggiornato della Dichiarazione congiunta del 2021.

Nel 2013 fu firmato un altro documento comune: “Dal conflitto alla comunione”, con cinque affermazioni: continuare a rafforzare ciò che si ha in comune, lasciarsi continuamente trasformare dall’incontro con l’altro e dalla reciproca testimonianza di fede; impegnarsi a ricercare l’unità visibile, a elaborare e sviluppare insieme passi concreti; riscoprire congiuntamente la potenza del Vangelo di Gesù Cristo per il nostro tempo; rendere insieme testimonianza della misericordia di Dio nell’annuncio del Vangelo e nel servizio al mondo.

Tutto ciò presuppone fiducia nell’altro; lasciarsi trasformare dall’incontro; ascolto e accoglienza che arricchisce; vivere le parole del Vangelo e incoraggiarci a vicenda; portare Dio nel mondo con la nostra vita spirituale, gioire e soffrire con l’altro. Una riconciliazione che può essere esempio per gli altri, e testimoniare la misericordia di Dio. Da estendere a chi ci sta accanto, a chi è nel bisogno, i soli, gli abbandonati.

Non dimentichiamo poi lo storico 31 ottobre 2016 in preparazione della celebrazione dei 500 anni della Riforma, ossia la commemorazione congiunta a Lund in Svezia in presenza di Papa Francesco e del presidente della Federazione Luterana Mondiale, vescovo Younan di Giordania e Terrasanta. Occasione in cui nacque anche un accordo di collaborazione e scambio tra Caritas internazionale e il servizio sociale della Fed. Lut. Mondiale. Fu preso anche un impegno per una comune responsabilità pastorale nei confronti del mondo, una crescita ulteriore di comunione radicata nel Battesimo, per un cambiamento dei cuori e delle menti.

Poi, nel marzo 2019, la Dichiarazione della Consultazione di Notre Dame, avvenuta presso l’università di Notre Dame nell’Indiana (USA) dove rappresentanti delle cinque Comunioni mondiali si sono incontrati nella convinzione che “lo Spirito Santo abbia voluto riunirci, dopo che abbiamo affermato il nostro accordo sulla dottrina della giustificazione nella Dichiarazione Congiunta”, ”a testimonianza della vita evangelica comune che può cambiare ognuno di noi e tutto il mondo.”

E noi cristiani a che punto siamo? delle dichiarazioni i cattolici cosa sanno? I nostri fedeli, le nostre parrocchie ne hanno idea? Ché un documento non basta scriverlo, bisogna viverlo, ha concluso don Bua.

Papa Francesco nella Gaudete et Exultate mette in guardia da alcuni pericoli di oggi, lasciando intendere come il tema della giustificazione non sia ancora recepito dalla base ecclesiale. Quante applicazioni pastorali si potrebbero rivisitare! l’abitudine a contare sulle nostre belle iniziative, senza riconoscere il nostro limite, con uno sforzo di volontà magari titanico, senza lasciare spazio al mistero della grazia. Mentre la Sua amicizia ci supera infinitamente, tutto è dono della grazia, della sua iniziativa d’amore. E questo ci invita a vivere con gioiosa gratitudine per tale dono.

Sono seguite domande e risposte stimolanti, come quella sull’importanza della formazione anche nei seminari, non solo a livello dottrinale, ma esperienziale. Come la sinodalità si impara vivendola, così l’ecumenismo.

Grazia Passa

(nella foto, l’intervento di don Pasquale Bua)

 

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