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Il vescovo: «Questo è un nuovo inizio. E non sotterriamo i nostri talenti»

19 Dicembre 2023

Il vescovo: «Questo è un nuovo inizio. E non sotterriamo i nostri talenti»

Tutta l’urgenza e la necessità di segnare un nuovo inizio in questi tempi così difficili, rendendosi da cristiani protagonisti di un mondo più fraterno, anche e soprattutto non sotterrando quei talenti – fosse anche uno soltanto – che ci sono stati donati: questi i concetti che il vescovo Ambrogio Spreafico ha sviluppato nel corso dell’incontro con gli operatori pastorali di venerdì 1 dicembre a Fiuggi, presso il centro pastorale.

Spreafico è partito da Abramo, lasciandosi accompagnare per tutto il suo intervento da questa figura e dai vari passaggi che l’hanno caratterizzata, ad iniziare dall’esilio, quando Israele comprende «che il dono della terra, la promessa di Dio, è finita. Ma finisce – ha argomentato il vescovo – perché l’alleanza comportava una fedeltà che Israele non ha saputo mantenere. E allora “dov’è Dio?” diventa la domanda dell’esilio. Ma Dio, attraverso Abramo, vuole dirci che Dio c’è, mentre il popolo ha abbandonato Dio».

Dio che è amore e non ci lascia soli, «Dio che ha voluto che fossimo una fraternità di uomini e donne, a Sua immagine e somiglianza, mentre oggi siamo diventati il caos», ha ulteriormente sottolineato il vescovo davanti a un uditorio numeroso e attento, con rimandi a vari passaggi biblici, da Caino e Abele, dal diluvio fino a quella Torre di Babele «che segna il caos dell’umanità, dell’uomo che vuole essere come un impero: ognuno di noi si sente istintivamente un impero. Ma l’impero omologa tutti e se non rientri nella sudditanza, se non ti adegui, allora non conti nulla. L’omologazione distrugge le persone, mentre la fraternità è unità nella differenza».

Ed ecco quindi che il vescovo di Anagni-Alatri, in questo come in altri passaggi del suo intervento, ha posto l’accento su Dio che dice: «ricominciamo. E prende Abramo, un uomo che si fida di Dio per ricostruire la famiglia umana, a partire da quella situazione tragica che è l’esilio. E nei momenti difficili della storia Dio non lascia mai solo il suo popolo, ma ricomincia. La vita cristiana è proprio questa: sempre come un nuovo inizio», ha aggiunto Spreafico, contestualizzando il tutto anche all’interno di questo inizio del periodo di Avvento: «Cosa si dice l’Avvento? Che tempo di passaggio è? Agli occhi di tanta gente non dice nulla, ma è proprio in questi tempi così difficili che dobbiamo capire che Dio vuole ricominciare. Noi invece siamo un po’ abitudinari, facciamo anche delle cose bellissime come la partecipazione alle Messe, i Rosari, le processioni, ma anche in questi momenti bisogna ascoltare Dio che parla e non uscire dalla Messa come eravamo prima. Come ad Abramo, Dio ci chiede questo nuovo inizio, ci sollecita ad andare. Ma a noi spesso interessa solo la méta finale, perché l’istinto umano è quello dell’io, del mio, di tanti io che sono solo quelli che la pensano come me. E questo magari succede anche nei nostri ambienti, nelle parrocchie. Ma quel “vai” che Dio dice ad Abramo funziona solo se si capisce che dobbiamo costruire unità, in comunione con gli altri. Lasciamoci prendere per mano, come Dio fa con Abramo: “Verso la terra che io ti indicherò”, e non gli dice quale sarà la terra, ma Abramo ascolta e va, parte e si fida, è chiamato per portare benedizione».

E qui Spreafico, in maniera ancora più ferma, ha invitato tutti ad essere proprio così, «segno di questa presenza di Dio, in un mondo in cui prevale la paura dell’altro, il disorientamento, la violenza nei gesti e nelle parole. Invece noi abbiamo la presenza di Gesù, nell’Eucarestia, nella Parola, da cui riceviamo una tale forza che dovremmo comunicare agli altri con amore, benevolenza, entusiasmo, gioia: il mondo ha bisogno di questo, è Dio che cerca un nuovo inizio perché siamo davvero in un cambiamento d’epoca, come ci ricorda papa Francesco. E allora bisogna essere segno anche attraverso i nostri talenti, anche con un solo talento di quella parabola e che rappresentava ben 18 anni di lavoro. Non sotterriamolo quel talento. Dobbiamo capire la drammaticità del momento non per abbatterci, ma perché abbiamo la forza di Dio. Siamo una forza di bene: diciamolo con umiltà ma anche con la consapevolezza che abbiamo ricevuto tanto e ora è tempo di dare – si è avviato a concludere Spreafico – Viviamo questo tempo con impegno e generosità e aiutiamoci l’uno con l’altro».

di Igor Traboni

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