Sabato 28 gennaio ad Anagni per la Marcia della Pace eravamo davvero in tanti, bambini, giovani, adulti, sacerdoti, parrocchie, scuole, società sportive, società civile, proprio tanti.
“Allenati alla pace”. Il titolo scelto per il Mese della Pace di questo 2023 (come accade ogni anno) non è soltanto uno slogan, ma una consapevolezza vissuta da un lato e un preciso impegno dall’altro, che ragazzi, giovani e adulti di AC intendono assumersi nel proprio percorso di laici impegnati dentro le comunità delle quali sono parte. Essere allenati alla pace significa vivere pienamente, da protagonisti, la vita delle proprie comunità, provando ad essere instancabili costruttori di ponti, tessitori di alleanze generative, capaci di rendere fecondo quello stile associativo che ci insegna a fare della fraternità e della sinodalità le cifre distintive del nostro essere cristiani nel mondo. Allenarsi alla pace significa continuare su questa strada, consapevoli del fatto che la realtà intorno a noi pone domande sempre nuove e le persone che la abitano hanno bisogni e desideri che devono essere ogni giorno accolti e fatti propri rinunciando alla strategia per puntare sulla tattica. Non affannarsi a programmare ogni cosa rischiando di perdere di vista le persone che siamo chiamati ad incontrare, provando invece ad impegnarci per imparare a incontrarle e accoglierle sempre di più e sempre meglio ogni giorno, lì dove viviamo. Tutti noi, in qualsiasi ruolo, abbiamo il dovere di essere uomini di pace. (Papa Francesco nell’Introduzione al libro “Un’enciclica sulla pace in Ucraina” )
Ci siamo radunati a Porta Cerere con il saluto della Presidente diocesana e dell’Assistente generale; anche il Sindaco di Anagni presente alla marcia ci ha rivolto un breve saluto.
La marcia è partita, nonostante il freddo, tra musica, canti e tanto rumore, il primo momento ha visto i partecipanti formare quattro grandi gruppi, individuati da quattro colori diversi, per condividere un brainstorming e riflettere sulle parole di pace e di guerra che in questo periodo risuonano maggiormente nelle nostre giornate.
Il secondo momento in Piazza Cavour è stato animato da una società sportiva di Anagni incentrato su un percorso attrezzato da percorrere sempre dai partecipanti dei quattro gruppi, al termine del percorso si estraevano le lettere che consentivano di scrivere lo slogan della marcia “Allenati alla pace”. Sembrerà strano ma anche alla pace bisogna allenarsi.
Il terzo momento si è svolto in Piazza Innocenzo III e riguardava i Campioni di Pace, personaggi sportivi che nella loro vita si sono distinti sia come sportivi che come operatori di pace, agli educatori il compito di far scoprire ai bambini e ragazzi i gesti di pace che hanno compiuto. Il quarto e ultimo momento si è tenuto nella cattedrale di Anagni dove si è svolta una breve veglia di preghiera e si è ascoltato il messaggio del nostro Vescovo Mons.Ambrogio Spreafico, (disponibile sul sito www.diocesianagnialatri.it) e qui abbiamo pregato per la fine di tutte le guerre sparse per il globo, molte ci sono perfino sconosciute, che purtroppo rappresentano una sconfitta per l’umanità intera, in particolare abbiamo ricordato la guerra in Ucraina, in Mozambico ecc.
“Cosa, dunque, ci è chiesto di fare?”. Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune. Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace. (Dal messaggio di Papa Francesco 56ima giornata mondiale per la pace)”.
E allora, sentiamo ancora più necessario e urgente “scendere in campo” e mettere “in gioco” tutto noi stessi senza risparmio perché la pace è possibile con l’incessante impegno di donne e uomini di buona volontà che se ne prendono cura nel quotidiano. Solo in questo modo “Allenati alla pace” non resterà uno slogan che definisce un momento circoscritto del nostro cammino, ma, come ci ricorda papa Francesco, un dovere di tutti qualsiasi sia il ruolo che ci è affidato. La pace, infatti, non può essere costruita dal gioco del singolo, ma necessita degli sforzi di tutti perché possa essere vissuta e realizzata. Ogni allenamento richiede costanza e dedizione e per essere squadra è necessario allenarsi all’accoglienza e al rispetto dell’altro, mettendo in gioco le proprie qualità e fragilità allo stesso tempo. Nessuno può restare ai margini del campo da gioco, nessuno può restare indifferente alla sofferenza dell’altro, nessuno è legittimato a voltare lo sguardo dall’altra parte, al contrario ciascuno è titolare in questa partita nella quale è in gioco la sorte dell’umanità perché con la guerra siamo tutti sconfitti. Spesso sono i più piccoli, i più giovani e i più fragili a pagare il prezzo più alto di questa sconfitta e per questo abbiamo deciso di sostenere il progetto Csi per il mondo volto a promuovere esperienze di volontariato sportivo internazionale nelle periferie del pianeta. “Allenati alla pace” vuole essere un piccolo ma concreto aiuto da parte di tutte le associazioni territoriali alla realizzazione di percorsi educativi dove allenatori, bambini e ragazzi potranno stringere relazioni con i fratelli, aprirsi a se stessi e agli altri, essere protagonisti di esperienze aggregative con le quali curare e rimarginare le ferite delle loro esistenze, sperimentare l’accoglienza e l’inclusione giocando la partita più importante: educare la vita attraverso lo sport, uno sport davvero per tutti. (La Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana)”
L’avversario individuato come colui che è fuori dal mio mondo, dalla mia squadra, diventa compagno di squadra, prossimo, amico. La cultura che alza i muri, che separa e rassicura non è la cultura della cura e dell’accoglienza. La spinta di un mondo sempre più globalizzato ma paradossalmente più diviso e diseguale, obbliga a immaginare percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia. (FT, 225).
A cura della presidenza diocesana dell’Azione Cattolica