MORTE, IMPROVVISA … MA NON ETERNA!!!

Domenica 13 giugno, in un giorno come tanti altri, due fratelli, Daniel e David di 10 e 5 anni, improvvisamente sono stati uccisi, mentre giocavano, da un uomo di nome Andrea, nella cittadina di Ardea in provincia di Roma. Insieme ai due bambini è rimasto ucciso Salvatore, un anziano che ha tentato di difenderli. Successivamente, Andrea si è barricato in casa per poi suicidarsi. I disturbi mentali dai quali era affetto, aggravati dalla disoccupazione e dalla solitudine, hanno portato Andrea a uccidere le tre persone innocenti che si è trovato davanti al momento.
Si sente spesso parlare di avvenimenti di questo genere, che, sia per la giovane età delle vittime, sia per le circostanze in cui si verificano, colpiscono molto la sensibilità di ognuno. Ed ognuno reagisce in modo personale.
Generalmente tutti noi proviamo stupore, rabbia, tristezza, ansia, pensando che queste cose orribili, purtroppo, accadono davvero.
La morte ci inquieta sempre e ci fa riflettere. Davanti ad essa ci sentiamo scoraggiati, accomunati da un grande dolore, spesso anche se, come in questo caso, chi ci ha lasciato non è un nostro caro. La rabbia è tanta soprattutto quando a morire sono i bimbi e i giovani: tutto viene percepito come profondamente ingiusto.
Ci viene spontaneo pensare a come reagiranno i familiari e gli amici, a come riusciranno ad andare avanti, e a come noi reagiremmo se fossimo al loro posto. Ancor più, se muore una persona amata, spesso nasce in noi un susseguirsi di emozioni diverse e, nella mente, i pensieri più disparati: sappiamo che la nostra vita sarà molto differente rispetto a prima. Sembra impossibile accettare che non potremo più dare un abbraccio, una carezza a chi era stato così importante per noi.
Diverso è lo stato d’animo di chi vede andar via una persona cara che soffre da tempo a causa di una malattia. La morte in questo caso, forse, viene vista più come la fine delle sofferenze, come una liberazione.
Ci conforta vedere che persino Gesù davanti alla morte prova tristezza. Nel vangelo di Giovanni vediamo, infatti Gesù scoppiare in pianto per la dipartita del suo amico Lazzaro. Se tutti gli uomini si sconvolgono di fronte alla morte anche Gesù lo fa, manifestando proprio con il pianto tutta la sua umanità.
In molti casi, la morte cambia il nostro rapporto con Dio, con la religione e con la fede. Soprattutto le morti improvvise o che colpiscono persone molto giovani. Ci sono da una parte persone che perdono la fede perché pensano che il Signore poteva impedire che la tragedia accadesse; c’è, invece, chi comincia ad avere più fiducia in Dio perché è sicuro che la persona deceduta continua a vivere in un posto migliore.
Noi cristiani crediamo alla promessa di Gesù che dopo la morte vivremo in il Paradiso con Lui. Infatti, sempre nel Vangelo di Giovanni, Gesù spiega che coloro che hanno fede avranno la vita eterna; precisamente a Marta, che lo rimprovera per la morte di suo fratello Lazzaro, dice: “Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”.
Questo concetto di eternità è difficilissimo da comprendere e da immaginare, poiché va oltre le convenzioni temporali stabilite dagli uomini: ore, giorni, mesi, anni.
A noi non resta che prepararci ad essa vivendo in comunione con Gesù, l’unico che risponde totalmente al nostro desiderio d’ infinito e di felicità.
Ci è di esempio il giovanissimo Carlo Acutis, proclamato beato il 10 ottobre del 2020. Egli ha vissuto una vita normale: gli piaceva andare a scuola, passare del tempo con gli amici, guardare film, cartoni animati, giocare, prendersi cura degli animali e approfondire l’informatica. Insomma, era un ragazzo come ne esistono tanti al mondo, ma lui aveva qualcosa in più: nei suoi 15 anni di vita, ha avuto la fortuna di incontrare Gesù.
E grazie a Lui, Carlo è riuscito a dare uno scopo alla sua breve esistenza: essere un testimone del Risorto. Amava l’Eucaristia, di cui si nutriva giornalmente, e la definiva: “La mia autostrada per il Cielo”.
Spesso noi consideriamo la morte qualcosa di molto lontano, in particolare, noi giovani finiamo quasi per dimenticarla e vivere come se non ci fosse. Carlo, invece, a detta del padre, aveva sempre in mente che prima o poi sarebbe dovuto morire.
Quando era ancora in perfetta salute, all’incirca due mesi prima della sua morte, avvenuta a causa di una leucemia fulminante, un giorno improvvisamente disse che sarebbe morto presto, che sarebbe morto giovane.
Sapeva che la morte per lui non sarebbe stata la fine, ma una nuova partenza. Sentiva dentro di sé che sarebbe stato più vicino a Dio, a Gesù. La comunione che aveva vissuto sulla terra, la sua autostrada per il Cielo, sarebbe diventata eterna e perfetta. In ospedale, stupendo medici e genitori, disse: “Muoio sereno, perché so di aver fatto la volontà di Dio”.
Con queste poche e semplici parole, questo ragazzo, così giovane, così bello, dentro e fuori, ci dà un ultimo insegnamento e sembra che ci dica: “Carissimi, ricordatevi che per essere felici non è tanto importante il “quanto” si vive, ma il “come” si vive!
Seguiamo il suo esempio vivendo una vita piena di senso con generosità, portando frutti buoni ed essere così impegnati e assorti nel fare il Bene, da dimenticare lo scorrere del tempo. “Attimi eterni” da vivere ogni giorno e poter dire alla fine, come il giovane Carlo: “Muoio sereno perché ho fatto la volontà di Dio”.

Reporter: Agnese Ricci, Emma Stefani, Matteo Mariotti, Rosanna Leo.

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