Il pellegrino è l’uomo che sogna e nel sognare desidera; si incammina alla ricerca di ciò che nel sogno ha desiderato e, quando lo trova, torna pieno di gioia alla sua dimora svuotato di ogni peso e ricaricato delle esperienze vissute strada facendo. Quale sia il desiderio che abbia spinto il gruppo di Fumone, sette camminatori in tutto, a mettersi in viaggio, partendo da Gubbio alla volta di Assisi sul cammino di San Francesco, questo nessuno lo sa; i desideri, i sogni, la méta che ciascuno aveva stampata davanti sono un mistero ed è giusto che restino tali ma, la cosa che ha accumunato tutti nel cammino, circa 60 km, è stata la compagnia. Il pellegrino in realtà viaggia solo: ha il suo bagaglio, ha il suo passo; ha il suo “sogno” ma lungo il percorso non è mai solo, trova sempre qualcuno con cui condividere la strada tanto da far diventare il percorso unico e ricco; siano le persone con cui si parte o siano i volti più o meno simpatici che la strada mette di fronte. Ed è nella compagnia che questo cammino trova il suo racconto. La gioia dei primi passi, il 9 agosto (il 10 su strada), la fatica del cammino, le difficoltà che esso presenta, le deviazioni che lasciano punti di domanda, i volti incontrati e la libertà che dà l’arrivo, il 12 agosto (il 13 con il ritorno a casa), sono l’amalgama che ha fatto sì che il pellegrinaggio diventasse tale e non si trasformasse in una semplice camminata. Sette in tutto a camminare ma in realtà 10 a pellegrinare perché nel cammino si fanno compagni di strada anche coloro che si fanno pellegrini nell’appoggiare e sostenere chi deve trovare ristoro dalla fatica del cammino. L’alba che salutava i primi passi del pellegrinare, il sole che “spaccava le pietre” lungo la strada, l’ombra degli alberi, il silenzio dei sentieri, quella fontana improvvisa che placava la sete e ristorava dal caldo e dalla fatica, la montagna che si inerpicava e improvvisamente scendeva a picco per alzarsi di nuovo in una sorta di continuo altalenare, quella fatica che ha fatto emergere le fragilità e le debolezze di chi l’ha provata, le risate fatte insieme, la preghiera semplice e gustosa che si custodiva e meditava nell’animo nel silenzio del pellegrinare, hanno fatto della strada un percorso significativo e proficuo. Tutto ha rafforzato l’incontro intimo e profondo tra se stessi e Dio e ha fatto da sfondo a tutto il cammino e ha reso i pellegrini un po’ più forti e un po’ più vicini, creando quei vincoli umani e cristiani che solo un buon pellegrino sa riconoscere. Il pellegrino una volta arrivato alla meta realizza il suo “sogno” e riparte per un nuovo cammino che fa diventare ogni giorno una tappa da affrontare con le forze e le bellezze acquisite durante il percorso non facendo mai finire quel “sogno” che ha di fronte.

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