La “Madonna di Vico” è tornata a casa dopo il restauro

La “Madonna di Vico”, così come viene comunemente chiamata la statua appartenente al gruppo di quelle lignee medievali realizzate nelle botteghe di area laziale tra il XII secolo e i primi decenni di quello successivo, è tornata a Vico nel Lazio, di nuovo incastonata nella chiesa di San Martino, uno dei gioielli di questo paese che a sua volta è scrigno di arte, storia e fede e non a caso conosciuto come “la Carcassone del Lazio”. Nel pomeriggio di giovedì 8 maggio è stato infatti presentato il restauro della statua, reso possibile dai fondi dell’8xmille alla Chiesa Cattolica, in una breve ma suggestiva cerimonia a cura dell’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici e l’Edilizia di culto della diocesi di Anagni-Alatri e della Confraternita Orazione e Morte della parrocchia di San Michele. E’ intervenuto il vescovo Ambrogio Spreafico (che ha poi celebrato la Messa, peraltro in un clima di profonda commozione perché c’era appena stata la fumata bianca per l’elezione del nuovo pontefice) esprimendo tutto il suo vivo compiacimento per il restauro, così come per l’azione dei carabinieri del Nucleo artistico che per ben due volte hanno ritrovato la statua, dopo altrettanti furti. «Maria ci indica la strada – ha detto poi Spreafico cogliendo a pieno alcune delle evocazioni suggerite dalla statua – perché oggi invece ci si perde facilmente. Maria ci invita ad andare da Gesù, attraverso di Lei». Dal vescovo anche un plauso alla comunità di Vico, a cui ha anche assegnato un compito: «Coinvolgete di più i giovani, con il vostro esempio di solidarietà e generosità». Un breve saluto è stato poi portato da Federica Romiti, responsabile dell’Ufficio diocesano Beni culturali ed Edilizia di culto, che ha comunicato come il restauro della “Madonna di Vico” è stato poi inserito nel programma della giornata di sabato 10 maggio di un seminario tenutosi a Modena e dedicato alla presentazione delle iniziative speciali promosse per il Giubileo 2025. Un saluto ad ospiti e presenti anche da parte del parroco don Giggino Battisti, visibilmente – e per sua stessa ammissione – molto emozionato per l’evento. Sono quindi seguiti alcuni interventi “tecnici”, tanto brevi quanto incisivi e con il merito di non scadere nei soliti saluti stereotipati. Così Alessandro Betori, Soprintendente per i beni archeologici delle province di Frosinone e Latina, a sottolineare come l’arte si coniuga con quelle forme di pietà e devozione «molto vive in paesi come Vico nel Lazio, dove prima non ero mai stato e che ho trovato molto bello». Bellezza che rifulge anche in questa «opera eccelsa, anche nel gesto del Bambino che acclama verso la Vergine e quella umanità che Egli ha voluto incarnare». Betori non ha ppoi potuto fare a meno, così come gli altri ospiti, di sottolineare il fatto che per ora la statua è giocoforza ingabbiata dietro alcune griglie in ferro «simbolo della barbarie del nostro tempo», per quanto ingentilite dall’apposizione del simbolo mariano della rosa, per via dei furti di cui si è detto. Non solo un mero lavoro di restauro, ma «anche partecipazione e trasporto» verso questa opera, per molti versi simile alla Madonna di Costantinopoli conservata in Santa Maria Maggiore, ad Alatri, ha rimarcato Lorenzo Riccardi, funzionario storico dell’arte della Soprintendenza. Con fare affabulatorio, Riccardi ha ricordato che la statua venne restaurata già nel 1941 e che a pagarne le spese di trasporto verso Alatri e poi per Roma fu proprio la Confraternita. E ancora: mentre la statua di Vico andava verso Roma, il percorso inverso lo fece il camioncino di Nicola Cece, fratello del parroco di allora, che andava a riprendere la statua della Madonna di Costantinopoli anch’essa restaurata nella Città Eterna. Dal canto suo, la restauratrice Arianna Ercolani, facente parte di un gruppo di lavoro «con un insieme di responsabilità e competenze perché le opere continuino ad esserci nel tempo», ringraziando altresì la comunità di Vico per il calore dell’ospitalità (che peraltro abbiamo avuto modo di saggiare di persona con un piacevole banchetto allestito al termine della cerimonia) e raccontando di come un signore del posto, mentre portavano via la statua per il restauro, le si era raccomandato così: “Non la trattate solo come un pezzo di legno”; la Ercolani ha poi chiosato con l’ulteriore bellezza dello svelamento della statua di Maria proprio nel giorno della festa della mamma

Anagni festeggia la Madonna del Buon Consiglio e il Giubileo dei Caracciolini

Fine settimana di eventi per la parrocchia di San Giovanni de Duce di Anagni che, come da tradizione, festeggia la sua patrona: la Madonna del Buon Consiglio. Quest’anno i festeggiamenti assumono una connotazione particolare: sono inseriti nel Giubileo dei Caracciolini, ovvero 300 anni di presenza dei sacerdoti caracciolini presenti stabilmente nella parrocchia di San Giovanni ad Anagni. L’inizio dei festeggiamenti è fissato per giovedì 8 maggio alle 17, con il triduo in onore della Madonna del Buon Consiglio in chiesa, a cura di padre Raffaele Mandolesi, crm, triduo che durerà fino a sabato sempre allo stesso orario. Sempre l’8 maggio, alle 19, si svolgerà in chiesa l’oratorio dei bambini del catechismo, con una rappresentazione teatrale. Inoltre, tutti i giorni ci sarà la celebrazione eucaristica alle ore 18.00. Sabato 10 maggio dopo la celebrazione delle 18, si terrà la tradizionale processione per le vie della città, accompagnata dalla banda musicale dell’Associazione Musicale Anagnina diretta dal Maestro Roberto Mattioli. Domenica 11 maggio, la celebrazione si svolgerà in chiesa alle ore 10.30, e successivamente all’aperto, in piazza Dante, alle ore 18.30 , presieduta dal vescovo di Anagni-Alatri e Frosinone-Veroli-Ferentino monsignor Ambrogio Spreafico. Di pari passo il programma civile: venerdì 9 maggio spettacolo teatrale comico del TRIO SPA alle ore 21.00 in piazza Dante, sabato 10 maggio alla stessa ora serata danzante a cura della scuola “Arte del Movimento” di Eleonora Pirelli in collaborazione con Alain Sosa, ballerino di salsa proveniente da Cuba. Domenica 11 maggio alle ore 21.00, sempre in piazza Dante, spettacolo teatrale della compagnia “Acta est fabula”. Da giovedì sarà disponibile anche la pesca di beneficenza, con premi ed estrazioni anche per i più piccoli. Nelle serate degli spettacoli sarà, invece, disponibile uno stand gastronomico con primi, panini e bibite a cura della parrocchia.   Anche quest’anno la parrocchia di San Giovanni si mostra attiva nella sua missione pastorale, grazie al supporto del parroco padre Florent Kasai, crm.

Tecchiena Castello: 30 anni di chiesa e di una comunità autentica

Qualche tempo fa, mentre intervistavo un alto prelato e cercavo argomenti… alti, questi mi mise ko così: «Guardi, la vitalità della Chiesa è data dalle piccole parrocchie dei paesi, delle campagne, dove la gente aspetta la domenica come il giorno più bello della settimana, dove magari ci si mette ancora il vestito buono per andare a Messa e dopo ci si ferma sul sagrato per chiacchierare e salutarsi con un abbraccio. E’ lì che c’è una Fede semplice ma autentica». Parole che mi sono tornate in mente non appena ho saputo che la parrocchia di Tecchiena Castello si appresta a celebrare – ma anche a festeggiare nel migliore dei modi – i 30 anni di consacrazione della chiesa. Lo so, non si dovrebbe scendere troppo sul personale quando si scrive un articolo, ma stavolta faccio uno strappo alla regola, anche per cercare di raccontare qualcosa che conosco, dopo che le vicissitudini della vita – il Covid e la contemporanea malattia e poi la morte di mia moglie – mi hanno portato a frequentare da alcuni anni anche la chiesa di Tecchiena Castello. E sono rimasto subito piacevolmente sorpreso da una comunità accogliente: senza tanti fronzoli, senza chiederti chi sei o non sei, ma con un calore umano che, come diceva quel prelato, è il vivere la Fede nel concreto, con le “opere”. Anche quelle dell’amicizia, merce rara di questi tempi ma sempre più necessaria, come ama ripetere spesso il nostro vescovo Ambrogio. Scusate ancora, ma ho un altro flash personale: qualche domenica fa, a Messa mi si è seduto accanto un anziano che, ogni volta che il coro intonava i canti, batteva i piedi al ritmo della musica e cantava anche lui. In verità, non ha indovinato le parole di nessun canto, ma era contento, allegro, e al canto finale si è girato verso di me, ma rivolto ai cantori: «Ma che bravi, che bella la Messa così!». Ecco, in queste comunità c’è la cura del canto, come delle altre parti della liturgia. Come pure la contentezza e l’allegria (e un po’ di trepidazione) dei bambini che si vestono per fare da chierichetti. E capisci che le catechiste/educatrici hanno trasmesso loro questa gioia. Ed è quella gioia, talvolta espressa anche pubblicamente a parole, che ritrovi nel parroco don Giorgio che vedi davvero lieto di presiedere assemblee domenicali così… liete. Come pure è un servizio fatto con il sorriso, per dirne un’altra, anche quello apparentemente banale di passare il cestino della questua. O tagliare l’erba del piazzale. O preparare i Sepolcri in maniera sempre nuova e profonda. O accompagnando i bambini a trovare anziani e malati, portando loro una carezza e un panettone. E tante altre cose ancora, con la contentezza e l’allegria che esplodono nella settimana di festa patronale, in  estate. Con tutto il senso della comunità che sa di essere Chiesa anche in questo modo: c’è gente che prende le ferie, e le spende così, per rinchiudersi in un gabbiotto a friggere le patatine. E non te l’ha mica ordinato il dottore di star dietro alla griglia delle salsicce fino all’una di notte mentre gli altri ballano e si divertono. E non mi pare un caso – o se è così, è indovinatissimo – che sul manifesto del programma dei 30 anni compaia il versetto di Matteo “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Certo, queste scene di Tecchiena Castello si ripetono in altre comunità della nostra Chiesa locale e di tante altre diocesi, ma per questo credo sia bello – e giusto, e importante, e prezioso – provare a raccontarle per far sapere che ci sono. Magari il vestito buono della domenica oramai non si usa più, ma due chiacchiere e i saluti sul sagrato quelli sì (compresa per alcuni di noi la piacevole appendice di un buon caffè al bar!). A questo punto, fatte salve le mie inutili parole, resta la sostanza del programma delle celebrazioni: sabato 3 maggio, alle 18.30, concerto del Coro Ernico Città di Alatri, diretto dal Maestro Antonio D’Antò. Domenica 4 maggio, alle 18, celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Alberto Ponzi, vicario generale della diocesi, e concelebrata dal parroco don Giorgio Tagliaferri e dai sacerdoti che si sono succeduti nella cura pastorale della chiesa dedicata a Maria Santissima Regina: don Marino Pietrogiacomi (primo storico, amatissimo parroco), don Edoardo Pomponi, don Antonio Castagnacci, don Luca Fanfarillo, don Fabio Massimo Tagliaferri. Dopo la Messa, ci sarà la benedizione della Croce a ricordo di questo 30° anniversario e quindi un momento conviviale offerto a tutti i presenti. Igor Traboni

Riapre il santuario della Santissima Trinità, anche come chiesa giubilare

Giovedì 1° maggio riapre ai fedeli il santuario diocesano della Santissima Trinità di Vallepietra, dopo la lunga pausa invernale iniziata il 2 novembre 2024, necessaria -come ogni anno – perché accedere al sacro speco nei mesi più freddi è difficile e pericoloso a causa della strada spesso innevata e di frequente ghiacciata. Questa stagione di fede al santuario di Vallepietra, uno dei pochi in Italia e in tutta Europa dedicato alla Santissima Trinità, si caratterizza per un’importante novità: sarà infatti chiesa giubilare, nell’ambito del Giubileo 2025, così come fortemente voluto e reso noto nei mesi scorsi dal vescovo Ambrogio Spreafico. Lo stesso vescovo Spreafico, impossibilitato a partecipare alla celebrazione per la riapertura per altri impegni pastorali, ha comunque assicurato la sua presenza alla festa della Santissima Trinità, nel mese di giugno. Per quanto riguarda in particolare la giornata del primo maggio, il programma prevede la cerimonia di apertura del Giubileo al santuario alle 9.30, presieduta da monsignor Lorenzo Loppa, vescovo emerito di Anagni-Alatri: a seguire, alle 10.30, la solenne celebrazione eucaristica, concelebrata dal vescovo Loppa con il vicario diocesano generale, monsignor Alberto Ponzi, e da alcuni dei sacerdoti e religiosi che si alterneranno al santuario per tutti i mesi estivi per accogliere i pellegrini, celebrare le Messe e il sacramento della Riconciliazione. Alle 11.45 verrà poi celebrata un’altra Messa. Per tutto il mese di maggio sono poi previste Messe festive alle 9-10.30 e 12, con possibilità di confessarsi nelle stesse mattinate. Il santuario resterà aperto dalle 8 alle 16. A giugno, invece, il santuario resterà aperto ogni giorno fino alle 17 e verrà celebrata anche una Messa feriale, alle 10.30, mentre le Messe festive sono previste ogni ora, dalle 8 alle 12 e al pomeriggio alle 15.30. I confessori saranno a disposizione dei fedeli sia nei giorni feriali che alla domenica. Si raccomanda ai fedeli di seguire sempre le indicazioni per la sicurezza, con i percorsi ben tracciati e con l’area di sicurezza estesa anche alla zona delle attività commerciali oltre la grande chiesa all’aperto. Il rettore mons. Alberto Ponzi, durante la riunione con i capi Compagnie tenutasi il il 27 aprile scorso a Fiuggi, ha dato una serie di comunicazioni, dando dapprima la parola al vicepresidente dell’associazione di Ara Antica che ha presentato il progetto “Restare per Raccontare” condiviso con l’associazione don Salvatore Mercuri e l’Oasi Felice di Vallepietra: il progetto ha lo scopo di far riscoprire i segni del pellegrinaggio a piedi al Santuario. Quest’anno per motivi di sicurezza non sarà possibile dormire al Santuario né nei giorni normali e soprattutto nei giorni della festa della Santissima Trinità e di Sant’Anna. Dal 1° maggio sarà disponibile la navetta per i disabili e le persone in difficoltà e quest’anno il servizio verrà gestito dalla cooperativa del Comune di Vallepietra; si raccomanda di avere pazienza soprattutto nei giorni festivi, il sabato e la domenica in quanto ci può essere maggior afflusso di pellegrini su al santuario. Sono state comunicate le date dei raduni delle Compagnie del 2025: 11 maggio Forcella di Pescosolido; 6 luglio Vallecorsa; 24 agosto Trasacco; 6 settembre Paliano; 13 settembre Rocca Sinibalda.

Anagni: inaugurati il sagrato e il Crocifisso nella chiesa di San Filippo

Quella vissuta nella domenica delle Palme 2025 resterà una giornata a dir poco memorabile per la comunità della parrocchia San Filippo e Giacomo di Anagni, una bella realtà di Chiesa, con circa duemila abitanti, molto estesa nelle campagne cittadine, guidata da don Gianluigi Corriere. Domenica 13 aprile è stato infatti prima inaugurato il sagrato antistante e quindi, all’interno della chiesa, è stato “scoperto” il grande Crocifisso. Il sagrato ha una dedica particolare: ai giovani defunti della parrocchia e, in particolare, a Simona Sordi, morta un anno fa. Luca Ciocci, marito di Simona, ha voluto donare questa opera, sottolineando – dopo il taglio del nastro inaugurale – come «il sagrato è un’area molto importante di una chiesa, espressione di valori significativi tra cui quello dell’accoglienza. Il sagrato mette in comunicazione l’interno con l’esterno e congiunge il mondo al Cielo attraverso il portale, simbolo di Cristo. Allo stesso tempo rinvia alla mensa eucaristica, luogo di unità in cui diveniamo un solo corpo ecclesiale, una comunità.  È per questi motivi che ho voluto donare questa piccola opera alla mia comunità parrocchiale nella quale sono nato e cresciuto, affinché chi si presenta alla porta della nostra chiesa possa sentirsi ospite gradito e atteso così come avviene nelle nostre case». Luca Ciocci ha poi spiegato anche la scelta di adornare il tutto con delle querce sempreverdi, «simbolo di forza ed eternità, capaci di dare ombra per tutto l’anno ed esprimere bellezza con le loro chiome semplici e austere che una volta cresciute creeranno un sagrato maggiormente riconoscibile, riservato e silenzioso.  Le querce sono alberi sacri nella Bibbia: sotto le querce di Mamre Abramo fu visitato da Dio in forma di tre angeli, annuncio del mistero della Santissima Trinità. E’ quanto aveva a cuore la nostra Simona di dare accoglienza e ristoro ogni anno ai pellegrini di ritorno dal santuario della Santissima Trinità: queste sedute e queste piante con le loro chiome continueranno ad accogliere e ristorare parrocchiani, forestieri e pellegrini, come avrebbe voluto continuare a fare lei». Una volta all’interno della chiesa e sollevato il telo che lo ricopriva, il Crocifisso è apparso in tutta la sua bellezza, ma anche nei significati che Alessia Forconi, artista che lo ha realizzato, ha così illustrato: «Cristo non è rappresentato nel pieno del dolore ma in una posa che ci sorprende: il corpo è disteso, proteso verso l’alto, le braccia aperte in un gesto che evoca l’Ascensione più che la sofferenza. I segni della Passione sono presenti, ma non dominano: sono lì a ricordarci il sacrificio ma già trasfigurati nella luce della Resurrezione. All’interno di questa chiesa, segnata da linee verticali che si slanciano verso il cielo, il Crocifisso sembra quasi seguire e completarne il movimento: si inserisce armoniosamente nello spazio, quasi a volerlo abitare con la sua presenza viva, che accoglie e solleva lo sguardo e il cuore di chi entra». A suggellare un po’ tutta l’intensa mattinata, sono poi arrivate le parole di don Gianluigi, a ricordare innanzitutto «il percorso attraverso il quale abbiamo scelto questo Crocifisso: ci abbiamo messo un po’ di tempo ma perché abbiamo voluto fare un percorso ispirato il più possibile da Dio; abbiamo sentito tante voci, la comunità la diocesi, abbiamo cercato con dei momenti di preghiera quello che il Signore ci chiedeva, perché fosse un’opera che non la decidesse la maggioranza o solamente uno o alcuni, ma che quanto più possibile fosse il Signore a farci comprendere che tipo di Crocifisso dovessimo portare avanti. Una cosa è emersa chiara subito su tutti i fronti: un Crocifisso che richiamasse anche la Resurrezione». Anche il parroco ha poi dato una lettura di questa opera d’arte: «In generale, ogni volta che si guarda in Crocifisso non vanno guardate le sofferenze, ma devi dire: Signore, fino a questo punto mi hai amato? Quando guardi un Crocifisso, più delle sofferenze devi vedere l’amore e in quello della nostra chiesa ancora di più: il petto così sollevato non è uno spasmo di dolore, ma l’inizio della Resurrezione. Questo è un Crocifisso tra la Croce e la Resurrezione, ci ricorda che dentro ogni morte vissuta nell’amore c’è l’apertura alla vita e alla resurrezione, che è il più grande mistero cristiano: l’amore trasforma anche le croci, l’amore è più forte della morte», ha chiosato don Corriere, svelando che poi l’idea di un grande Crocifisso per la chiesa parrocchiale era venuta proprio a Simona e ringraziando quindi suo marito Luca «per la testimonianza di fede: le sofferenze o ti migliorano o ti peggiorano, ma quando vivi nella Fede, l’amore riesce pure a trasformare le sofferenze in punti di partenza di vita, a far sì che la morte non prenda il sopravvento, perché il messaggio del cristianesimo  è di speranza e di vita». di Igor Traboni

Padre Rosin e don Paciotta nel ricordo di tanti fedeli

Nel ricordo di due amati sacerdoti, che tanto hanno dato alla diocesi di Anagni-Alatri, sono state organizzate altrettante celebrazioni. Si tratta del gesuita padre Mario Rosin (nella foto) e del prete diocesano don Severino Paciotta. Padre Rosin, a lungo guida spirituale del seminario Leoniano di Anagni, formatore di tanti giovani, di Azione Cattolica e non solo, è stato ricordato nel centenario della nascita con la celebrazione di una Messa, domenica scorsa, nella chiesa di Sant’Angelo ad Anagni. Il giorno prima, sabato 15 marzo, gli amici di padre Rosin hanno organizzato una escursione sullo Scalambra, tra quelle montagne che il religioso tanto amava, con la celebrazione di una Messa in vetta. Padre Mario Rosin nacque a Piove di Sacco (Padova) il 16 marzo 1925, da una modesta famiglia, figlio unico di una madre divenuta ben presto vedova. Si trasferì a Roma nel Seminario dove affrontò gli studi classici e filosofici e nel 1945 entrò nella Compagnia di Gesù. Si laureò nel 1952. Il 9 luglio del 1955 venne ordinato sacerdote dal cardinal Micara nella chiesa del Gesù a Roma. Dopo un anno di ritiro spirituale a Fiesole , tornò ad Anagni. Qui insegnò filosofia e nel 1968 assunse il compito di direttore spirituale del Leoniano. La sua opera si concluse al mattino del 29 aprile del 1991, quando morì improvvisamente nell’atrio della cappella del seminario, mentre era a disposizione per le confessioni dei seminaristi. Tanti gli scritti che padre Rosin ha lasciato, comprese tante poesie di aneliti al Signore e all’Infinito, e questo pensiero, che di seguiti proponiamo proprio come una sorte di testamento spirituale del gesuita veneto: «Amare silenziosamente, nascostamente, senza mettere la firma personale di proprietà, quasi senza farsene accorgere, senza dirlo neppure a se stessi, lasciandosi cancellare dal tempo… Questo si che è morire! Di quella morte con Cristo che porta in gestazione la vita di molti». La comunità parrocchiale della contrada La Fiura di Alatri, invece, ricorda domenica 23 marzo don Severino Paciotta, a 20 anni dalla morte, con una Messa alle 11, nella chiesa di Santa Maria della Mercede, celebrata dal parroco don Alessandro Tannous. Proprio don Severino Paciotta il 17 agosto 1969 benedì e inaugurò la nuova chiesa de La Fiura, al posto del precedente piccolo edificio, chiesa che è stata poi ricostruita nei decenni successivi. La sua azione pastorale e la vicinanza ai fedeli è rimasta sempre nel cuore degli abitanti della popolosa contrada alatrense.

Un giorno di grazia: il pellegrinaggio giubilare delle parrocchie delle zone Mole/Castello/Tecchiena

Non era un remake di “Berretti verdi”, il film con il leggendario John Wayne, e neppure una reminiscenza scolastica della poesia di Luigi Mercantini “La spigolatrice di Sapri”, eppure trecento giovani (e meno giovani), e forti, fortissimi, e gioiosi, gioiosissimi pellegrini, con il caratteristico berretto verde come segno distintivo, hanno “invaso” nella giornata di sabato 15 marzo prima la Basilica di San Paolo fuori le mura e quindi il colonnato e poi la Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio giubilare interparrocchiale, organizzato dall’unità pastorale delle “parrocchie in comunione con Maria” (Laguccio, Mole Bisleti, Pignano, Sant’Emidio, Basciano), dalla parrocchia di Tecchiena e da quella di Tecchiena Castello, accompagnati dai parroci don Luca Fanfarillo e don Antonello Pacella e dal diacono Giovanni Straccamore, mentre don Giorgio Tagliaferri, impossibilitato a partecipare, ha comunque portato il suo saluto via telefono; preziosa anche l’opera dei vari laici – giovani e no – delle varie parrocchie per l’organizzazione e la logistica. Partiti intorno alle 8 dai piazzali delle rispettive chiese, preparandosi ulteriormente alla giornata con l’ausilio di un istruttivo pieghevole con info e notizie varie sul Giubileo e sull’indulgenza, i pellegrini hanno fatto dapprima tappa a San Paolo fuori le Mura. E qui è stata subito chiara l’impronta di grazia che poi tutta la giornata avrebbe avuto, così come di comunione e di cammino fraterno – uno dei significati di ogni pellegrinaggio – di una Chiesa universale. Per entrare in Basilica, infatti, si è fatta la fila insieme a tanti pellegrini dell’arcidiocesi di Milano, alla seconda giornata del loro pellegrinaggio giubilare a Roma. Ed è stato subito un piacevole e fraterno scambio di saluti, ben oltre gli scontati convenevoli, con l’innata simpatia e spontaneità ciociara che ha conquistato i lombardi, e di esperienze dettate dall’emozione e dalla grazia particolari di vivere un Giubileo e di attraversare, da lì a qualche minuto, la Porta Santa. Ed è stato anche piacevolmente bello vedere come, in “normalissima” fila insieme a tutti i fedeli, c’era anche monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, che tra l’altro poco prima avevamo notato aggirarsi sempre “normalmente” tra i bus in sosta per salutare questo o quel fedele. All’interno della Basilica, i pellegrini delle varie parrocchie della zona di Tecchiena si sono lasciati inebriare dalle bellezze artistiche della chiesa, con ogni singola opera che trasuda del Bello che deriva dall’Infinito. In molti si sono accostati al sacramento della Riconciliazione, approfittando anche del “dispiegamento” di sacerdoti e religiosi dell’arcidiocesi di Milano (circa 100 i confessori) disseminati in ogni angolo della Basilica, prima di concelebrare con monsignor Delpini, accolto peraltro con gioia da un po’ di… Ciociaria, ovvero dall’abate di San Paolo, dom Donato Ogliari, fino a due anni e mezzo fa abate di Montecassino. Dopo la visita, il tempo di un pranzo al sacco negli spazi esterni della Basilica, di un caffè e delle immancabili ciambelline al vino e poi tutti si nuovo sui torpedoni per raggiungere San Pietro, anche se con qualche problema di traffico per la concomitanza con lo sciamare dei tifosi irlandesi diretti all’Olimpico per la partita di rugby contro l’Italia e due manifestazioni politiche in piazza. Arrivati a San Pietro, in piazza e nelle vie adiacenti è stato possibile incrociare anche i pellegrini della parrocchia di Santa Maria Goretti di Frosinone, affidata ai sacerdoti di Nuovi Orizzonti, proprio mentre a poche decine di metri, nella libreria San Paolo di via della Conciliazione, don Davide Banzato, che di Nuovi Orizzonti è l’assistente spirituale, riceveva il “Premio Buone Notizie”, insieme a Lorena Bianchetti e Vincenzo Corrado. Superati con pazienza i necessari filtraggi delle forze dell’ordine, tutti dietro alla Croce per attraversare la Porta Santa della Basilica simbolo del centro della cristianità e sede della Cattedra di San Pietro e del Vescovo di Roma, papa Francesco, il cui pensiero ha accompagnato la preghiera di ogni pellegrino. In Basilica è stato possibile partecipare alla Messa delle 15, ancora con un altro tassello di comunione di Chiesa, per la concomitanza con il pellegrinaggio della diocesi campana di Ariano Irpino-Lacedonia, il cui vescovo monsignor Sergio Melillo ha presieduto la concelebrazione con molti sacerdoti della sua diocesi (significativamente anche il prete più anziano e quello più giovane) e i “nostri” don Antonello e don Luca. Anche il vescovo ha voluto ricordare, nell’omelia, il senso del pellegrinaggio, tanto più autentico in quanto erano partiti in piena notte dai loro paesi dell’Irpinia: un piccolo sacrificio, come le difficoltà della vita, da affrontare però con la fiaccola della Fede. Ma il presule campano ha voluto anche ribadire il significato pieno di quella “speranza”, che fa da filo conduttore al Giubileo 2025, e di come l’invito di questo anno particolare è quello alla riconciliazione e alla rinascita spirituale. Dopo la Messa, tutti di nuovo in fila anche per uscire, e solo a questo punto una pioggerellina si è fatta presente, dopo una giornata meteo comunque piacevole, tale però da impedire la riuscita della classica foto di gruppo sul sagrato della Basilica. Poco male, però, perché in tantissimi hanno poi inondato i social e i gruppi whatsapp di bellissime immagini e video di una giornata di grazia piena, autentica, vera. Da continuare a vivere ora ogni giorno, da trasmettere agli altri, anche ai “lontani” e, perché no?, da rivivere anche in altri futuri pellegrinaggi da organizzare, secondo la richiesta che è poi arrivata da tanti fedeli. Igor Traboni

Miracolo eucaristico di Alatri: le celebrazioni

Giovedì 13 marzo la comunità di Alatri e la diocesi tutta fanno memoria del miracolo dell’Ostia incarnata, uno dei pochi miracoli eucaristici riconosciuto come tale in tutta Italia. Nel manifesto trovate tutte le indicazioni per le celebrazioni nella Concattedrale di San Paolo (Civita).

Alatri: studenti alla scoperta del miracolo eucaristico

Martedì 11 marzo gli alunni di terza media della classe 3A dell’Istituto comprensivo Alatri 1, accompagnati dal professore di religione Gabriele Ritarossi e dalla professoressa Lucretia Mailat e accolti dal parroco don Walter Martiello, hanno visitato la Concattedrale di Alatri e il miracolo eucaristico alla vigilia dell’anniversario del prodigioso evento, avvenuto il 13 marzo 1228. Gli alunni, durante l’ora di religione in classe, avevano approfondito storicamente la genesi del miracolo eucaristico, insieme alla figura del beato Carlo Acutis, che in un suo libro si è occupato anche di quanto avvenuto ad Alatri. Inoltre, i ragazzi in classe avevano avuto modo di realizzare in cooperative learning un lavoro di produzione sul giubileo e sulla chiesa giubilare della Concattedrale di Alatri. Gli alunni sono rimasti colpiti dal vedere da vicino l’Ostia mutata in viva carne e non sono mancate delle domande anche attorno alla Basilica Concattedrale, che molti conoscevano appena. Durante la visita gli alunni hanno approfondito la bolla di Papa Gregorio del 13 marzo 1228 e la realizzazione del reliquiario. L’attività ha inoltre consentito ai ragazzi di approfondire meglio la storia e la cultura religiosa della città di Alatri. (nella foto, studenti e docenti sul sagrato della Concattedrale)

E’ morto padre Ignazio Rossi, ultimo priore di Trisulti

All’età di 89 anni è morto, mercoledì 5 marzo, padre Ignazio Rossi, cistercense, ultimo priore di Trisulti e ultimo monaco a lasciare la Certosa, dopo la contestata cessione del complesso, nel febbraio del 2018 da parte del ministero della Cultura, ad una associazione statunitense. Da ultimo, padre Rossi si era trasferito nell’abbazia di Valvisciolo, vicino Sermoneta, dove è morto e dove nella mattinata di giovedì 6 marzo si sono svolti i funerali, prima della benedizione della salma nel pomeriggio dello stesso giorno all’abbazia di Casamari, nel cui cimitero ora riposa. Grande il ricordo che tutta la comunità del paese di Collepardo serba per padre Rossi, figura gioviale e amichevole di quella Certosa di Trisulti di cui era stato nominato priore emerito e che continuava a portare nel cuore, anche una volta che suo malgrado era stato costretto a lasciarla. Segni tangibili della sua vocazione erano anche quelli di una spiritualità e una saggezza infinite, dispensati senza riserve nei suoi 61 anni di sacerdozio.

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